Alla fine di Via Balbi direzione Principe, sul civ n. 146r. è affisso un bassorilievo marmoreo dalla curiosa forma ottagonale.
L’edicola tardo secentesca è nota con il nome di Madonna del Rosario perché la Vergine, al centro della scena, tiene in braccio il bambino e in mano – appunto- il rosario.
All’inizio di Via Balbi, proprio sul retro del lato sinistro della chiesa dell’Annunziata, si trova una minuscola piazzetta con l’accesso al Convento Francescano.
L’imponente portone dell’edificio è sovrastato sul timpano spezzato da un’elegante edicola rettangolare.
La scena raffigurata è quella classica con la Vergine inginocchiata che riceve dell’arcangelo Gabriele la buona novella.
Sul trave del portale un cherubino alato con sotto un rilievo con due braccia incrociate.
Quando in via Strada Grande del Guastato, voluta dalla famiglia Balbi, in mezzo alla carreggiata convivevano tram a rotaie, carrozze e carretti di merci varie. Sul marciapiede invece passaggiavano eleganti signori in tuba.
La morfologia del centro storico genovese si era sempre dipanata in epoca medioevale intorno al concetto di “piazza castello” attorno al quale la famiglia egemone costituiva la propria consorteria con fondaci, magazzini, attività mercantili e artigianali, chiesa e dimora gentilizia (vedi ad esempio i Doria in Piazza S. Matteo, gli Embriaco nell’omonima piazza, i Cattaneo Della Volta in San Giorgio).
Gli spazi consolidati nei millenni non bastavano più a contenere gli slanci di grandezza dei nobili genovesi che, a metà del ‘500 in pieno Rinascimento, cominciarono a concepire la loro rivoluzione viaria e immobiliare, un percorso che si sarebbe snodato per oltre due secoli.
Fra il 1551 e il 1558 si procedette allo sbancamento della collina sottostante il Castelletto e alla demolizione del vicino postribolo in S. Francesco per permettere l’edificazione dei primi palazzi in Strada Maggiore o Nuova (poi Via Aurea, oggi Via Garibaldi), una via monumentalevoluta, su progetto di Bernardino Cantone, per offrire residenze di prestigio alle principali famiglie patrizie.
La strada aveva come unico accesso il varco da Piazza Fontane Marose poiché l’odierna Piazza della Meridiana era occupata dai terreni di Palazzo Durazzo. Come ancor oggi possiamo intuire tutti i palazzi lato monte ed alcuni verso valle, erano impreziositi da meravigliosi giardini pensili, una piccola Babilonia, che si arrampicavano fino sotto al Castelletto.
I terreni per l’edificazione delle dimore furono una vera e propria operazione di speculazione edilizia promossa dal Comune che, bisognoso di palanche, aveva diviso in lotti la proprietà per venderli all’asta.
Nel 1622 il pittore fiammingo Rubens rimase particolarmente affascinato dalle sfarzose dimore di Strada Nuova a tal punto da pubblicare un volume “I Palazzi di Genova” a loro dedicato in cui le indicavaai compatrioti come modello architettonico da imitare.
Nel frattempo l’espansione residenziale era continuata a ponente con l’apertura di Strada Grande del Guastato su disegno di Bartolomeo Bianco (Via Balbi) iniziata fra il 1602 e il 1613, completata nel 1655, i cui appalti vennero affidati appunto alla ricca famiglia dei Balbi che vi fece costruire , fra gli altri, il futuro Palazzo Reale. Proseguita con la realizzazione di Strada Nuovissima (Via Cairoli) nel 1786 il progetto si concluse con iprolungati lavori terminati sul finire del ‘700 a causa degli imponenti sbancamenti resisi necessari per consentire il livellamento e quindi il collegamento fra le due arterie costruite in tempi diversi.
Genova era ora attraversata da una nuova direttrice che collegava il ponente cittadinoal centro fino a Piazza Fontane Marose e poi, attraverso Salita S. Caterina, si dirigeva verso la valle del Bisagno e la collina di Albaro.
Il cerchio si chiuderà solo nel 1832 quando l’architetto Carlo Barabino traccerà strada Carlo Felice (Via XXV aprile) che unirà il percorso a Piazza De Ferrari collegandolo al nuovo centro cittadino e alle Vie Giulia e Consolazione (Via XX settembre).
Genova muta il suo baricentro ma non il suo fascino.