Via di Soziglia ha il compito di raccordare l’omonima piazza con la vicina area dei Macelli che, vista l’abbondante necessità di acqua, vennero per questa ragione qui collocati nel 1152.
Da qui l’origine del nome Soziglia ovvero Suzeia o Suxilia che tradotto dal latino medievale significa “isola dei maiali”.
Per dare sfogo alle attività dei Macelli a fine “500, in seguito ad una ristrutturazione urbanistica, nacque poi la piazza.
Al centro della stessa vi era un imponente barchile, impreziosito da una sirena, realizzato da Taddeo Carlone.
Dopo lunghe vicissitudini la sirena, ritenuta ingombrante, venne sostituita nel 1726 dalle statue della Fuga da Troia, opera di Francesco Baratta e la fontana trasferita nel 1870 nella sua sede attuale in Piazza Bandiera.
In questa piazza dove le palazzate colorate si arrampicano le une sulle altre alla ricerca di un posto al sole, non servono spiegazioni, bisogna solo ascoltare i suoni mediterranei delle parlate ed ammirare i vivaci colori che i besagnini dipingono sui loro banchi, mischiati a quelli argentei pennellati dai pescivendoli.
Infine occorre abbandonarsi, “In quell’aria carica di sale, gonfia di odori “ cantava Faber, agli invitanti aromi provenienti delle botteghe e respirare… Genova.
Genova febbraio 2016.
In Copertina: Piazza dei Macelli di Soziglia. Foto di Stefano Eloggi.
Via degli Orefici è un caruggio che, seguendo l’andamento del sottostante rio che scende da Soziglia, si arrampica fino a Campetto.
Tutta la contrada, come testimoniato dai vicini toponimi (Scudai, Indoratori e Campus Fabrorum), era sede già da prima del 1200 delle attività legate alla lavorazione dei metalli.
In questo contesto spicca proprio il Caroggio dei Fraveghi, come era chiamata nel Medioevo, la strada dei fabbri e degli orafi, ovvero degli artigiani specializzati nella lavorazione di oro e argento.
In Via degli Orefici meritano menzione al civ. n.7 il Palazzo di Gio. Batta Spinola con il suo strepitoso portale attribuito a G. Della Porta decorato con le Fatiche di Ercole; al civ. n.8 la Madonna degli Orefici il famoso dipinto della Vergine, commissionato dalla Corporazione degli Orefici al maestro Pellegro Piola, fratello del più celebre Dimenico; al civ. 47r sopra una storica armeria il quattrocentesco sovrapporta con L’Adorazione dei Magi, nota ai genovesi come “Il Presepe”, eseguito da Elia e Giovanni Gagini.
In Copertina: Via degli Orefici. Foto di Giovanni Cogorno.
Spesso ho parlato delle edicole votive perché costituiscono, per lo meno nella loro spontanea e sincera testimonianza devozionale, una caratteristica peculiare dei nostri caruggi.
Senza considerare quelle fuori le mura, lungo ponti o creuze, dentro chiostri, oratori o palazzi privati, se ne contano ben 849.
Ve ne sono d’ogni forma e foggia: a tempio, bassorilievo, medaglione e dipinto.
Ad esempio molto grande e conosciuta è quella settecentesca, commissionata dalla Corporazione dei Beccai, sita all’incrocio fra la via e piazzetta dei Macelli di Soziglia.
L’edicola, fatto inusuale è posta non in alto come al solito, ma quasi all’altezza dei passanti.
Presenta un grande tabernacolo in stucco che custodisce al suo interno la settecentesca statua marmorea di “Madonna di Città” la quale, seduta, porta il Bambinello in braccio con due curiose teste di cherubini che spuntano dai drappeggi.
Alla base un cherubino alato sorregge la mensola , ai lati due grandi angeli in soffici vesti, reggono il timpano curvo con la raggiera e lo Spirito Santo.
Ai piedi l’epigrafe recita:
“Laniorum Ars Huius / Modi Deipare Simula / Crum Posvit Anno / Dni MDCCXXIV (1724)”.
In latino “Laniorum” è il genitivo plurale da “Lanis” (macellaio) e significa “dei macellai” da non confondersi con “Lanariorum” che deriva da “Lanarius” e significa “dei lanaiuoli”.
Prima ancora dell’erezione delle mura del Barbarossa (1155) la zona di Soziglia era stata adibita alla macellazione delle carni. L’origine del nome significherebbe infatti “sus” maiale e “”ilium” isola, divenuto poi “eia” quartiere, Suzeia o Suxilia. L’isola prima e il quartiere dei maiali poi. Tale sito venne scelto perché, sia la lavorazione delle carni che l’operato dei fabbri delvicino “Campus fabrorum” in Campetto, necessitavano di parecchia acqua fornita dal sottostante Rio Bachernia.
Al centro della piazza di Soziglia si trovava un barchile del 1578 abbellito con una sinuosa sirena, realizzato da Taddeo Carlone. Troppo ingombrante, a detta degli abitanti del luogo, venne trasferito in Piazza Lavagna e la sirena ricoverata in un magazzino in attesa di essere ristrutturata poiché, causa le sassate deimonelli del quartiere, si presentava mutila in più parti. La fontana, priva del suo ornamento, nel 1844 venne destinata in Piazza Fossatello. Intanto, nel 1726 lo scultore carrarese Francesco Baratta aveva ricevuto l’incarico di realizzare per la piazza, rimasta sguarnita, una statua con soggetto “la Fuga di Enea da Troia con il padre Anchise e il figlio Ascanio”. Il monumento nel 1870, in occasione dell’ inaugurazione del nuovo mercato della frutta vicino alla Nunziata, venne definitivamente trasferito in Piazza Bandiera, dove resiste tuttora assediato dalle automobili.
Nella piazza s’incontrano locali storici la cui fama si diffuse in tutte le principali corti europee:
Al civ. n.74r la Confetteria di Pietro Romanengo. Non v’era ricevimento infatti in cui non si degustassero, fra le tante celebri preparazioni, le gocce di rosolio e lo sciroppo di viole. Sul portale campeggia una guantiera colma di frutta candita con ai lati due putti. Al centro, fra le due vetrine, una cornucopia con fiori e fruttasormontata da un elmo di Mercurio. L’azienda venne fondata nel 1780 in Via della Maddalena e si trasferì qui, nella nuova bottega di Soziglia, nel 1814. Preziosi e particolari gli arredi originali di quel periodo, specchiere e legni intarsiati, pavimenti in marmi policromi, lampadari e soffitti affrescati.
Al civ. n. 98r la Pasticceria Klainguti fondata nel 1828 da quattro fratelli svizzeri che erano giunti a Genova provenienti dalle valli intorno a St. Moritz, con l’intenzione d’imbarcarsi in cerca di fortuna oltreoceano. Ma l’America la trovarono a Genova dove esercitarono con profitto e passione la loro arte. La caffetteria è arredata fra il barocco e il liberty e, a testimonianza della propria storia, conserva orgogliosa un biglietto autografo di Giuseppe Verdi che decanta le virtù dei pasticcini “Falstaff” così battezzati dai proprietari in onore del famoso compositore.
Al civ. n. 10 ci s’imbatte nell’edicola della “Mater Salutis” un medaglione del 1854 posto a ricordo dell’epidemia di colera che colpì in quell’anno la città ma che risparmiò miracolosamente gli abitanti del palazzo su cui è affissa. Scolpita dal Cevasco si tratta dell’ultima edicola sicuramente datata innalzata nel centro storico.
“Il Signore e gli Abitatori di Questa Casa / Cui Parve Grazia dell’Augusta Vergine Salutifera / Il Non Aver Compianto Persona/ Tocca Tra Queste Pareti dall’Indica Lue / Con Dispendio Comune il 31 Dic. 1854 / Qui Ne Allogarono La Cara Effige / Condotta da Gio. Batta Cevasco Valente Scultore / Perché Duri Memoria di Tanto Beneficio”.
Al civ. n. 116r sul palazzo che un tempo fungeva da dogana la grande edicola barocca di “San Giovanni Battista”. Sul timpano spezzato il Padre Eterno benedice i passanti con la mano destramentre con la sinistra regge un mappamondo. San Giovanni è invece raffigurato nell’atto di preghiera con ai piedi l’agnello di Dio. Quando nel palazzo si sviluppò un indomabile incendio vennero portate qui dalla cattedrale le ceneri del santo e le fiamme d’incanto si spensero. Ritenuta pertanto miracolosa questagrande edicolaa tempietto è divenuta nei secoli oggetto di grande devozione. Alla sua base l’epigrafe: “Nostra Tutela Salve”.
All’angolo con Vico del Fieno la secentesca Madonna della Misericordia, un’ altra edicola a tabernacolo classico, curvo spezzato con trigramma di Cristo, la cui mensola è sorretta da tre angeli.
Proseguendo verso la Via e la Piazza dei Macelli di Soziglia, il “Fossatus Susiliae” sopra il rio sottostante si succedono botteghe alimentari di ogni genere in particolare rivendite di stoccafisso e baccalà, besagnini, drogherie, pescherie e, ovviamene, macellerie. Già prima del X sec. infatti, qui era il cuore di uno dei tre mercati di carne cittadini. Gli altri due si trovavano nel quartiere del Molo e in porto.
A proposito di macellerie, all’angolo con Vico dei Corrieri, si incontra la rivendita di carni più patriottica d’Italia con un sontuoso bancone marmoreo intagliato con le figure dei personaggi protagonisti del Risorgimento. Da Garibaldi a Bixio, da Mazzini a D’Azeglio, (alcuni dicono Mameli, altri Cavour e La Marmora). In un angolo si notano la figura intera di Mercurio Dio del commercio e il volto di una giovane donna incoronata a rappresentare l’Italia.
All’incrocio con Vico Lavagna colpisce una particolare rappresentazione della Madonna Assunta. In questo settecentesco dipintosu ardesia la Vergine è raffigurata in volo sorretta da un gruppo di angeli. Poco più avanti, al primo piano, si possono notare le “mampae” le finestre con pannelli mobili riflettenti, espediente tipicamente genovese utilizzato per ottimizzare l’illuminazione degli interni.
Dal civ. n. 15r fino al 25r sono ancora visibili sei archi tamponati, sede originaria dei mattatoi. All’incrocio fra via e piazzetta l’edicola della Corporazione dei Beccai recentemente restaurata. Un grande tabernacolo in stucco custodisce la settecentesca marmorea “Madonna di Città” che seduta, porta il Bambinello in braccio con due curiose teste di cherubini che spuntano dai drappeggi. Alla base un cherubino alato sorregge la mensola , ai lati due grandi angeli in soffici vesti, reggono il timpano curvo con la raggiera e lo spirito Santo. Ai piedi l’epigrafe: “Laniorum Ars Huius / Modi Deipare Simula / Crum Posvit Anno / Dni MDCCXXIV (1724)”.
In questa piazza dove le palazzate colorate si arrampicano le une sulle altre alla ricerca di un posto al sole, non servono spiegazioni, bisogna solo ascoltare i suoni mediterranei delle parlate ed ammirare i vivaci colori che i besagnini dipingono sui loro banchi, mischiati a quelli argentei pennellati dai pescivendoli. Infine occorre abbandonarsi, “In quell’aria carica di sale, gonfia di odori “ cantava Faber, agli invitanti aromi provenienti delle botteghe e respirare… Genova.