Quando Recco, la Ricina di romana memoria, non aveva, in quanto a bellezza, nulla da invidiare alla vicina Camogli… quando si poteva mangiare il pesce appena pescato dai gozzi, sopra una rudimentale palafitta sul mare… quando l’antico borgo marinaro non era ancora stato devastato dai bombardamenti alleati avvenuti durante la seconda guerra mondiale. Tra il 10 novembre 1943 e il 28 giugno del ’44 Recco, infatti, venne praticamente rasa al suolo da 27 incursioni aeree volte, in particolare, a distruggere il ponte della ferrovia, passaggio strategico per i rifornimenti alle forze nemiche della Wehrmacht.
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Bomba su bomba…
Fin dai tempi remoti innumerevoli sono state le volte in cui Genova è stata distrutta, umiliata, offesa:
penso ai Cartaginesi guidati da Magone che nel 205 a.C. la rasero al suolo, ai Saraceni nel 935 d.C. che ne violarono il litorale, per non parlare di francesi, spagnoli, austriaci, inglesi e Savoia.
Il terribile sacco di Genova ad opera degli spagnoli nel 1522 ma senza dubbio alcuno l’aggressione ordita nel 1684 da Luigi XIV re Sole entra di diritto fra le più terribili. Non da meno fu l’assedio austro inglese del 1800 ricordato per l’eroica e strenua resistenza portata avanti dalla città comandata dal generale nizzardo Massena.
Che dire poi del vergognoso eccidio del 1849 perpetrato dai bersaglieri del generale La Marmora per conto dei Savoia?
In tempi più recenti durante la seconda guerra mondiale i bombardamenti degli alleati provocarono circa 9000 vittime civili oltre a danni incalcolabili agli impianti industriali e al patrimonio artistico della città.
Genova come recita l’antico motto “flangar non flectar” mi spezzerò ma non mi piegherò che si può anche leggere al contrario “Flectar non flangar” mi piegherò ma non mi spezzerò, si è sempre orgogliosamente rialzata.
Le prime avvisaglie si ebbero il 11 e 13 giugno 1940, cioè nei giorni immediatamente successivi all’entrata in guerra dell’Italia quando Inghilterra e Francia iniziarono i primi attacchi aerei. Ma il 14 giugno di quell’anno fu la data che rimase impressa nella memoria dei genovesi poiché i Francesi intentarono addirittura un’azione navale contro Savona e Genova. L’operazione ebbe esito di poco conto ma scalfì non poco l’umore della popolazione e il morale dell’esercito, proiettati subito nello scontro, senza neanche aver avuto il tempo di realizzare la gravità della situazione.
Nel periodo compreso fra il 1941 e il 1945 gli storici hanno calcolato che i bombardamenti distrussero o danneggiarono gravemente 16000 edifici in tutta l’area comunale.
La Superba dovette subire ben 86 incursioni aeree volte non solo a colpire le industrie e il porto ma anche il centro abitato con l’intenzione di terrorizzare la popolazione.
Il 9 febbraio 1941 le navi inglesi provenienti da Gibilterra attuarono “l’operazione Grog” entrando, di sorpresa, senza incontrare alcuna resistenza nel golfo di Genova seminando morte e distruzione. Dalle 8:15, così raccontano le cronache del tempo, fino alle 9:45 i britannici scaricarono sulla Superba 273 proiettili di grosso e 782 di piccolo calibro. Circa 300 tonnellate di bombe provocarono 141 morti, 227 feriti e 2500 senzatetto, oltre 250 gli edifici distrutti, quattro navi ancorate in porto affondate e le acciaierie dell’Ansaldo danneggiate gravemente. In quest’occasione venne colpita anche la Cattedrale dove però l’ordigno non esplose. Via XX settembre, la civica biblioteca Berio, il centro storico e le colline, le zone maggiormente colpite.
Legata sempre ai bombardamenti è la tragedia che si verificò nella galleria delle Grazie presso Porta Soprana dove, la notte fra il 23 e il 24 ottobre 1942, 354 genovesi morirono calpestati dalla ressa di persone che, terrorizzate, cercavano di entrare nel rifugio.
L’anno seguente l’8 agosto 1943 è il teatro Carlo Felice ad essere distrutto in compagnia delle chiese di S. Stefano, Consolazione e S. Siro. Ben 169 le tonnellate sganciate su Genova, 100 morti e circa 13000 senza dimora. In quel nefasto autunno la città subì altri 6 bombardamenti causa di 1250 case abbattute.
Fu in questo periodo che la riviera di Levante perse uno dei suoi borghi più affascinanti; per via della posizione strategica del suo ponte ferroviario Recco, in seguito a 27 incursioni aeree fra 10 novembre del ’43 e l’agosto del’44, venne rasa al suolo.
In quell’anno anche Genova venne oltraggiata da 51 devastanti blitz culminati con il crollo, il 10 ottobre del ’44, della galleria di S. Benigno, causato da un fulmine che fece brillare delle cariche esplosive le quali, a loro volta, innescarono lo scoppio di un treno carico di munizioni, ricoverato nella galleria. Sotto i detriti del promontorio perirono 2000 persone.
Nel 1945 a gennaio i bombardamenti furono undici, a febbraio quattro e in marzo tre. Se ne contarono ancora sette anche in aprile quando, finalmente, Genova suonò la diana dell’insurrezione restituendo la libertà ai suoi cittadini.
Storia della focaccia recchelina…
La storia della focaccia al formaggio affonda le proprie radici in tempi molto lontani: addirittura, secondo alcuni, nel giorno della Pentecoste dell’anno 1189 era già presente nel banchetto imbandito presso l’abbazia di Capodimonte (San Fruttuoso) per celebrare, dopo il solenne Te Deum in chiesa, i crociati in partenza per la terza crociata in Terrasanta.
L’elenco delle cibarie infatti, oltre a pagnotte di farro e grano farcite di miele, fichi secchi e zibibbo, pesce in carpione, agliata e olive, descrive appunto una singolare focaccia di semola con giuncata rappresa.
Secondo altri invece la sua origine sarebbe relativamente più recente e risalirebbe al periodo a cavallo fra ‘500 e ‘600 quando tutta la riviera di levante, e la zona di Recco in particolare, erano oggetto delle frequenti incursioni estive dei pirati musulmani. Gli uomini rimanevano a presidiare il litorale mentre donne, anziani e bambini si recavano nell’entroterra carichi del sale,della farina e dell’olio necessari per sopravvivere. Non potendo infatti curarsi degli orti né dedicarsi alla pesca per provvedere al loro sostentamento, i nostri avi preferivano mettere al sicuro i propri cari per poter meglio occuparsi della difesa delle coste e del territorio.
Fu così che le donne barattarono olio e sale, che avevano in abbondanza, con il formaggio dei pastori (all’inizio di pecora poi cagliata vaccina, la prescinseua) delle valli limitrofe, impastarono il composto di olio e sale con l’acqua dei torrenti, aggiunsero le formaggette e le cossero su lastre di ardesia creando in questo modo la gustosa focaccia. Per molti anni venne preparata solo per celebrare il 2 novembre, la ricorrenza dei defunti.
Con il tempo alla formaggetta ligure e alla prescinseua è stata sostituita la crescenza lombarda, per il resto ricetta e preparazione sono rimaste sostanzialmente inalterate. Che sia per merito del cenobio di San Fruttuoso e dei crociati o delle donne dei marinai della Repubblica una cosa certa è che fu la cuoca Manuelina, a fine ‘800, a riprendere il piatto dalle antiche origini per riproporlo agli avventori della sua trattoria di Recco. Ben presto la sua fama si sparse anche negli ambienti della Genova bene e divenne, insieme alle trofie, un classico della cucina recchelina.
Il locale che ancora oggi ne porta il nome sforna un’ottima focaccia al formaggio; ma se volete una serata alternativa portatevi della Bianchetta fresca, fermatevi al forno Moltedo sotto il ponte ferroviario, acquistata la focaccia, proseguite verso la Ruta. Dopo pochi chilometri sulla destra troverete un piccolo spiazzo dotato di un paio di panchine, affacciato sul golfo Paradiso. Assisterete ad un tramonto senza eguali gustando un cibo straordinario e avrete la piacevole sensazione di essere in pace con il mondo.