Vico primo dello Scalo si trova tra via Gramsci e via Prè. Il toponimo richiama l’antichissima vocazione marinara del borgo originario lungo la ripa dove ancora oggi restano tracce dei sostegni in ferro utilizzati per sistemare i remi.
La piazzetta, il vico primo e il vico secondo dello scalo certificano infatti la presenza in loco fin dal 1162, realizzato per volere dei consoli, di uno scalo navale.
In quel periodo infatti tutta la zona, per via della vicinanza con il quartiere del Molo Vecchio, fu coinvolta in una profonda opera di trasformazione ed espansione portuale. Risalgono a quel tempo, oltre ai nuovi attracchi, la Darsena e l’Arsenale.
In Copertina: Vico primo dello Scalo. Foto di Stefano Eloggi.
La trasmissione di ieri “Eden un pianeta da salvare” condotta da Licia Colò sulla Sette ha avuto come protagonista in prima serata Genova.
Nel complesso la narrazione non mi è dispiaciuta e l’ho trovata, in linea con il target ecologico del pubblico a cui si rivolge, senza infamia e senza lode.
Forse proprio per via di questo aspetto “green” si è dato ampio risalto alla pista ciclabile ed al trasporto pubblico, temi che in città non riscuotono proprio un consenso bulgaro.
Da Boccadasse con i suoi inconfondibili scorci e relativi racconti legati ai cantautori si è passati poi alle affascinanti atmosfere del centro storico con il suo inestricabile dedalo di caruggi e la magia delle sue botteghe storiche rappresentate, queste ultime, dalla confetteria più antica d’Europa, quella dei Romanengo.
Pazienza se non si è scollinato Capo Santa Chiara per mostrare un altrettanto meraviglioso e incorotto borgo marittimo come quello di Vernazzola.
Un plauso alla buona creanza di aver interpellato, per spiegare ai foresti la meraviglia dei Rolli, il Prof. Giacomo Montanari che ne è l’appassionato curatore.
Il viaggio è poi proseguito alla Spianata di Castelletto da dove, in pieno centro città, è possibile ammirare uno dei panorami più suggestivi della Superba.
Finalmente si è spiegato ai foresti che, come cantavano Fossati e De Andre’:
“Chi guarda Genova sappia che Genova si vede solo dal mare”
E che l’altra chiave di lettura è quella della verticalità. Pazienza se una volta preso l’ascensore di Castelletto non si è ricordato che, proprio con quell’ascensore, Giorgio Caproni avrebbe voluto andarci in Paradiso.
Quel paradiso, ovvero quell’Eden, che Licia Colò rincorre nei suoi programmi, noi genovesi lo viviamo tutti giorni, privilegiati testimoni della sua incommensurabile bellezza.
La tappa all’Acquario è stata invece abbastanza scontata ma visto appunto il taglio naturalista del racconto, è comprensibile.
Perdonata comunque per aver ribadito l’inconfutabile, documenti alla mano, genovesità dell’esploratore.
Giustificata invece, per via dell’importanza del museo stesso, la sosta al Gàlata, (non Galàta come erroneamente pronunciato) con tutto quel che riguarda la storia della navigazione e relativa testimonianza sull’emigrazione del Direttore Pierangelo Campodonico.
Dell’Antico Porto che poi in realtà è il Porto Antico si è raccontato del Bigo, dipinto solo come un ascensore panoramico senza spiegare cosa rappresenti (sistema di gru per la movimentazione delle merci sulle navi) e del sommergibile Nazario Sauro.
Pazienza se non si è parlato della Biosfera, dei Magazzini del Cotone, di quelli del Sale e dell’Abbondanza, della Città dei Bambini, del vascello pirata Neptune, della pista di ghiaccio in Piazza delle Feste.
Almeno la cinquecentesca porta alessiana del Molo Vecchio però due parole le avrebbe meritate.
Accenno che invece, per fortuna, è stato destinato alla banca più antica del mondo, quella del Banco di San Giorgio.
Interessante invece la bucolica escursione a Pegli nei giardini, di quello che è stato votato come il più bel parco d’Italia, di Villa Pallavicini.
Apprezzabile infine la scenografica chiosa sulle alture da uno dei sedici forti (Forte Begato) che fanno da corona alla città e alla secentesca cinta muraria delle Mura Nuove.
Insomma tutto sommato un gradevole spot pubblicitario che invita il turista a visitare la nostra città con l’augurio di comprendere perché noi genovesi la si ritenga la più fascinosa di tutte.
D’altra parte molti viaggiatori hanno professato la loro predilezione per Genova come ad esempio Cechov che nella sua commedia “Il Gabbiano” ci ha regalato questo inequivocabile dialogo:
Medvedenko: Posso chiedervi, dottore, quale città straniera vi è piaciuta di più?
– Dorn: Per le strade di Genova cammina una folla meravigliosa. Quando si esce, di sera, dall’albergo, tutta la strada è colma di gente. Poi te ne vai a zonzo, senza una meta, di qua e di là, a zig-zag, tra quella folla; vivi della sua vita, ti confondi a lei nell’anima; e cominci a credere che possa esistere una sola anima universale …
Genova è la città più bella del mondo”.
In Copertina: La conduttrice di “Eden” Licia Colò con sullo sfondo le imponenti torri di Porta Soprana.
La strada è piena di chiari di luna / e le tue mani vele per il mare / in questa notte che ne vale la pena / l’ansimare delle ciminiere / Genova era una ragazza bruna / collezionista di stupore e noia / Genova apriva le sue labbra scure / al soffio caldo della macaia / e adesso se ti penso io muoio un pò / se penso a te che non ti arrendi / ragazza silenziosa dagli occhi duri / amica che mi perdi / adesso abbiamo fatto tardi / adesso forse è troppo tardi / Voci di un cielo freddo già lontano / le vele sanno di un addio taciuto / con una mano ti spiego la strada / con l’altra poi ti chiedo aiuto / Genova adesso ha chiuso in un bicchiere / le voci stanche le voci straniere / Genova hai chiuso tra le gelosie / le tue ultime fantasie / E adesso se ti penso io muoio un pò / se penso a te un pò mi arrendo / alle voci disfatte dei quartieri indolenti / alle ragazze dai lunghi fianchi / e a te che un po’ mi manchi / ed è la vita intera che grida dentro / o forse il fumo di Caricamento / c’erano bocche per bere tutto / per poi sputare tutto al cielo / erano notti alla deriva / notti di Genova che non ricordo e non ci credo / Genova rossa, rosa ventilata / di gerani ti facevi strada / Genova di arenaria e pietra / anima naufragata / Ti vedrò affondare in un mare nero / proprio dove va a finire l’occidente / ti vedrò rinascere incolore / e chiederai ancora amore / senza sapere quello che dai / perché è la vita intera che grida dentro / o forse il fumo di Caricamento / c’erano bocche per bere tutto / per poi sputare tutto al cielo / erano notti alla deriva / notti di Genova che regala / donne di madreperla / con la ruggine sulla voce / e ognuna porta in spalla la sua croce / tra le stelle a cielo aperto / mentre dentro ci passa il tempo / proprio adesso che ti respiro / adesso che mi sorprendi così / che se ti penso muoio un po’ / che se ti penso muoio un po’ / che se ti penso muoio un po’.
Cit.testo del brano Notti di Genova di Cristiano De Andre’.
In copertina: il Porto Antico di notte. Foto di Beatrice Bereggi.
No, non ci troviamo sui canali di Venezia ma in darsena, nel cuore antico del porto medievale della Superba.
Qui un tempo sorgeva la darsena vera e propria costruita dopo il 1284 con i proventi della vittoriosa battaglia della Meloria contro Pisa.
La darsena originaria (dall’arabo dār-ṣinā῾a “casa dell’ industria”, quindi “fabbrica” in genovese) era divisa in tre specchi d’acqua complementari: darsena delle barche, olio e vino destinata alle imbarcazioni di piccolo cabotaggio; darsena delle galere ricovero delle grandi navi mercantili e da guerra; arsenale spazio di costruzione e armamento delle galee da guerra.
Nel 1312 a sua protezione venne progettato un imponente sistema di fortificazioni che prevedeva l’erezione di mura maestose. Due poderosi torrioni ne delimitavano l’accesso.
Per tutto il Medioevo il porto manterrà questo assetto polifunzionale e solo con la caduta della gloriosa Repubblica marinara nel 1797 la darsena verrà completamente militarizzata.
Nella seconda metà del 800 poi, durante il Regno Sardo, con il suo interramento si rinuncerà definitivamente alla vocazione militare dell’arsenale. Al suo posto verrà costruito un nuovo grande bacino di carenaggio maggiormente idoneo alla ricezione dei nuovi colossali bastimenti trans oceanici.
Alla fine dello stesso secolo il porto diviene proprietà comunale e assume la conformazione, con i suoi silos e magazzini, di emporio commerciale denominato Portofranco.
L’omonimo quartiere riveste oggi, grazie all’Acquario, al museo Galata e alla rivitalizzazione del Porto Antico, grande interesse e importanza in ambito turistico.
Non va tuttavia dimenticata, in virtù della presenza in loco della facoltà di Economia e Commercio, anche una significativa impronta di stampo culturale e universitario.
Un panoramico appartamento sui canali di Ponte Morosini era stato scelto negli anni ’90 da Fabrizio De Andre’ come “buen ritiro” e nido sul mare natio.
La Grande Bellezza…
In copertina: canali in Darsena. Foto di Leti Gagge.
“S’è fatto tardi. È già buio. Ne approfitterò per godermi ancora una volta – anche se sa un po’ troppo di cartolina illustrata – l’imparagonabile spettacolo della Genova notturna. Dalle bianche lune delle navi […] o dalle gialle fiamme della zona industriale, è tutto un rincorrersi e un salire di lunghe file di luci: linee oblique, linee orizzontali, linee verticali, tutte da dar l’impressione d’una vetrina di gioielliere in pieno scintillamento. O, se vogliamo un’immagine meno logora, di un firmamento rovesciatosi sulla terra e sul mare.”
“Era già l’ora che volge il disio ai navicanti e ‘ntenerisce il core
lo dì c’ han detto ai dolci amici addio; e che lo novo peregrin d’amore
punge, se ode squilla di lontano
che paia il giorno pianger che si more;” Purgatorio, VIII, 1-6.
Dove oggi sorge l’area recuperata del Porto Antico un tempo pulsava il cuore laborioso della città:
“Del mare avevo un’idea approssimativa, non però della vita in un porto. Vagoni ferroviari, minacciose gru a vapore, carichi di merce e uomini lungo argini di solida muratura, funi da scavalcare. Sfuggire ai barcaioli: «Giro del porto, panorama della città!», «Le navi da guerra americane!», «I fari!», «Il mare!». Sedersi sui grossi cavi di ferro. Clima insolito. Piroscafi da Liverpool, Marsiglia, Brema, la Spagna, la Grecia, l’America. Rispetto per la grandezza del globo terrestre. Centinaia di vapori accanto a innumerevoli vaporetti, velieri, rimorchiatori. E gli uomini, poi? le figure più strane, col fez. Qui, sugli argini, emigranti, italiani del Sud, accoccolati al sole (come lumache), gesticolare da scimmie, madri con lattanti al petto, i bambini più grandicelli che giocano e si bisticciano. Un vivandiere si fa largo con un recipiente fumante di «frutti di mare». Colpisce l’odore d’olio e di fumo. Donde proviene? Poi gli scaricatori di carbone, belle figure robuste, il torso nudo, agili e veloci, col carico in groppa (in testa un fazzoletto, a riparo dei capelli), sulla lunga passerella su al magazzino, per la pesatura. Poi, liberi, per un’altra passerella giù al piroscafo, dov’è pronta un’altra cesta piena. Così in incessante giro, uomini abbronzati dal sole, neri di carbone, rudi, sprezzanti. Lì un pescatore. L’acqua schifosa non può contenere nulla di buono. Non pesca nulla, e neppure gli altri. Gli arnesi: una corda, con un sasso attaccato, una zampa di gallina, un mollusco.
Sugli argini case e magazzini. Un mondo a sé. Noi semplici oziosi. Eppure fatichiamo, almeno con le gambe”. Cit. Paul Klee.
La gru di Calata Mandraccio trasformata a monumento di quel tempo eroico funge da sentinella della memoria quando la Compagnia dei Caravana faticava sulle banchine dei vecchi moli.
“Ammirerai il molo opposto al mare e il porto, opera dell’uomo, di inestimabile valore e di molto lavoro, che invano colpiscono le quotidiane tempeste“. Francesco Petrarca.
All’alba o al tramonto anche la parte più moderna del Porto Antico esercita il suo fascino e persino il mare non può far altro che fermarsi a guardare.
“Naturalmente non esiste la città perfetta ma nel mio immaginario… la città perfetta è Genova.
Lo capisco che è una risposta di parte ma Genova è una città straordinaria. É una città di pietra ma al tempo stesso una città di mare … É una città che cambia continuamente … le navi che vengono e che vanno, è come se cambiasse ogni cinque minuti, ogni mezz’ora.
É una città straordinaria”. A pronunziare questa appassionata dichiarazione d’amore è Renzo Piano che così prosegue:
“É una città silenziosa, attenta, introversa, un po’ selvatica però allo stesso tempo straordinariamente potente … Il Centro Storico, che è di pietra, è il luogo della certezza, della protezione ; il mare è il luogo dell’avventura…”
“Si dice che i Genovesi siano tirchi, in realtà io credo profondamente che siano parsimoniosi ed è una qualità straordinaria che si è un po’ dimenticata … qui non si spreca niente funziona perfettamente sempre… funziona a tavola, funziona nel lavoro, funziona nei rapporti tra le persone…
A Genova la prima cosa che ti viene in mente è andartene, andartene per scoprire il mondo” – continua Piano – “Dice Calvino che ci sono due tipi di Genovesi: quelli che restano attaccati agli scogli come le patelle e quelli che invece partono e vanno a girare per il mondo”.
É vero, ha ragione l’architetto “andarsene per scoprire il mondo” come in passato hanno fatto i suoi figli più illustri e mi riferisco a Guglielmo Embriaco, Benedetto Zaccaria, Cristoforo Colombo,Andrea D’Oria, Giuseppe Mazzini, Garibaldi, tanto per citare i primi che mi vengono in mente. E che dire poi di Fabrizio De Andrè che proprio a Ponte Morosini nel Porto Antico, un nido di gabbiano per il ritorno se lo era preparato? In realtà tutti avevano una seconda cosa in mente e soprattutto in fondo al cuore, cioè quella di ritornare un giorno fra le braccia della propria madre, Genova, e poterle dire: “Hai visto mamma come sono stato bravo?”.
Anche Renzo Piano non si è sottratto a questo sentimento intimamente genovese del “a pösâ e össe dove’hò mæ madonnâa” e dopo aver girato il mondo, aperto studi in tutti i continenti e aver mostrato per oltre mezzo secolo il proprio talento ovunque, da tempo è ormai tornato al suo nido di Vesima nel ponente cittadino.
Dopo aver restituito a Genova nel 1992 il suo naturale accesso al mare realizzando l’Expo con tutte le sue relative attrazioni è tornato per regalare alla sua città natale una nuova visione del suo porto e del suo “water front”.
“A Genova non manca niente per essere europea. Nel ‘600, il siglo de oro, è stata una capitale mondiale e non ha mai perso quelle caratteristiche che l’hanno resa unica. […] Spero che chi non c’è mai stato capisca la sua bellezza, troppo spesso nascosta e silenziosa”, a quel tempo rammentava l’architetto che continua:
“Genova, è una delle città più belle del mondo. Prima del ’92 il porto era separato dalla città, ma da allora Genova ha potuto ritrovare il suo contatto con il mare e ristabilire un rapporto con l’acqua”.
L’architetto Renzo Piano nei mesi scorsi ha rinnovato il suo sogno regalando il progetto che cambierà il volto di oltre 2 km di lungomare cittadino, da Porta del Molo (per tutti erroneamente Porta Siberia) alla Foce, un dossier di 17 fogli vergato “Renzo Piano Building Workshop s.r.l”.
Il nuovo progetto prevede alcune varianti rispetto al vecchio “Blueprint” respinto dalle precedenti giunte. Ora spetta alle istituzioni e alle amministrazioni locali che finalmente sembrano aver apprezzato, trovare i fondi per realizzare l’opera, che permetterà di proseguire la passeggiata di corso Italia, a piedi o in bicicletta, fino a Porta Siberia al Porto Antico.
L’idea è quella di «riportare l’acqua dove già c’era», ha spiegato Renzo Piano tenendo conto di alcuni punti fermi, come la riqualificazione del palasport e la convivenza, in giusta proporzione, fra cantieri navali ed edifici residenziali.
Certo le città di mare godono di un indubbio fascino che le favorisce rispetto alle altre, fra queste, Barcellona e Lisbona risultano essere fra le più gettonate. E pensare che, senza nulla toglier alla loro turistica bellezza, la città catalana e la capitale lusitana sono solo delle fotocopie, per altro sbiadite, della nostra Superba. Come sentenziava Cechov ne “Il Gabbiano” Genova è la città più bella del mondo. Genova sa bene di esserlo e non se ne preoccupa, i Genovesi invece che non lo avevano capito, forse ora stanno iniziando a cambiare idea.
“Ha una distesa di cupole, di monti calvi,di mare,
di fiumi, di neri fogliami, di tetti rosa.
E quella Lanterna così alta ed elegante,
e meandri popolosi, labirinti affollati,
le cui viuzze salgono, scendono, si intersecano improvvisamente,
sbucano sulla veduta del porto.
Genova, una città piena di sorprese.
Di porte scolpite in marmo, ardesia, casse, formaggi, scale,
biancheria al posto del cielo, cancellate,
bizzarro dialetto dal suono nasale e irritante,
dalle abbreviazioni strane, vocaboli arabi o turchi.
Mentre Firenze si contempla
e Roma si sogna
e Venezia si lascia vedere.
Genova si fa e rifà”.
Lasciamo dunque al nostro illustre concittadino la possibilità di rinverdire gli ispirati versi di Paul Valery: “Genova si fa e si rifà”. ”Piano piano Genova Renzo Piano si rifà”.