Sul portone principale di accesso di Palazzo Ducale si trovano i batacchi più fotografati della città. Si tratta di due battiporta i cui originali furono trafugati nel 1980 e sostituiti con fedeli copie. Il Palazzo della Signora del mare non poteva avere rappresentati che due tritoni.
Il portone che funge oggi da ingresso alla trattoria della Mandragola n Piazza San Cosimo n. 2r è sormontato da un portale di San Giorgio e il drago. Il cinquecentesco sovrapporta in pietra nera di Promontorio è purtroppo ormai completamente abraso. Dall’incuria e dal trascorrere del tempo si è salvata solo la piccola cornice in marmo decorata con motivi floreali.
La paternità del cinquecentesco portale di Palazzo Cattaneo in Piazza Grillo 1 è incerta. Per alcuni sarebbe opera di Antonio della Porta, per altri di Gian Pietro Gagini. Di sicuro si tratta di un capolavoro dalla struttura piuttosto complessa: le paraste sono prive di basamento e partono direttamente da terra interrotte a tre quarti da dei semi capitelli quasi a voler rappresentare la partenza di un secondo portale sovrapposto.
Nella parte di sinistra il motivo a candelabra impreziosito da uccelli esotici è sovrastato da un cesto di frutta e fiori metafora dell’Amor Dei. In cima al semi capitello campeggiano antiche armi (romane). Nella parte di destra predominano invece i decori floreali completati da uno splendido pellicano ad ali spiegate, simbolo dell’Amor proximi. Sopra ancora armi, stavolta moderne (lombarde).
Sull’architrave a sinistra un uomo cavalca un liocorno mentre a destra una donna è in groppa ad un leone. Al centro lo stemma abraso del casato . Sempre a sinistra i decori floreali hanno alla base due delfini (che simboleggiano la salvezza, la pace, la fortuna) cavalcati da aquilotti. A destra invece campeggiano due mostri marini con la testa a forma di fiore che vengono imboccati da pennuti ad ali spiegate.
L’imponente fastigio sovrastante con i due angioletti che reggono il trigramma di Cristo e il coronato monogramma di maria è stato aggiunto nel ‘600.
Sullo sfondo s’intravvede lo spazio, oggi murato e adattato a ripostiglio, dove nel 1622 Bartolomeo Bianco, così riportano gli inventari, aveva inserito un ninfeo con volta a conchiglia e mascherone sul fastigio.
Il toponimo di Vico del Papa non è riferito al Pontefice ma trae origine dal nome di un’antica taverna presente in loco nei secoli passati.
Nel caruggio, all’angolo con Vico dietro il Coro delle Vigne, si trova la settecentesca edicola della Madonna con Bambino e San Giovannino.
All’interno del tempietto con semi colonne classiche si dipana la scena con i protagonisti scolpiti in posizione sporgente: la Vergine in piedi mostra il Bambinello che impartisce la benedizione ai presenti e regge con la mano sinistra un piccolo globo. San Giovannino è raffigurato, come da copione, inginocchiato in preghiera. Il tabernacolo è costruito su tre spettacolari teste di cherubini. Sopra, al centro del timpano, il Padre Eterno regge anch’egli in mano la terra. La composizione è arricchita da teste di angeli che reggono il cartiglio centrale sul quale poggia la trabeazione rifinita da un’ultima testa di angelo che raccorda il timpano spezzato.
All’angolo fra Vico Vegetti e Salita Mascherona gli evidenti resti, inglobati nel palazzo, di una possente torre, un tempo postazione degli alabardieri, sulla quale campeggia la Madonna Immacolata. Si tratta di un’ottocentesca edicola piuttosto trascurata con un’anonima statuetta della Vergine ricoverata in un malconcio tabernacolo di stucco. Il palazzo ospitava il Convento di Santa Maria la Nuova con relativo ricovero per nobili fanciulle e nel ‘800 venne trasformato in caserma.
Il toponimo della Mascherona trae origine da un’arcaica forma dialettale che indicava la zona sottostante il Castello degradante verso la chiavica, il rivo che scorreva a valle in corrispondenza dell’attuale Via dei Giustiniani.
Vico Vegetti deve invece il nome dell’omonima famiglia che diede i natali al Vescovo Andrea.
A pochi passi Piazza e Via San Bernardo fulcro della movida notturna genovese questo luogo costituisce uno degli snodi più caratteristici dei caruggi genovesi.
In Piazza Soziglia al civ. n. 116r si staglia l’edificio che per lungo tempo ha svolto la funzione di Palazzo della Dogana in sostituzione del poco distante Palazzo San Giorgio.
A sua protezione è stata posta la settecentesca edicola di San Giovanni Battista: sul timpano spezzato il Padre Eterno con la mano destra benedice i passanti, con la sinistra regge un mappamondo. Nella nicchia la statua rappresenta il santo in preghiera con ai piedi il classico agnello.
Questa edicola è ritenuta miracolosa perché commissionata come voto in ringraziamento di uno scampato incendio che si era sviluppato all’interno del palazzo. Non riuscendo a domarlo i genovesi disperati portarono dalla vicina Cattedrale le ceneri del santo protettore e subito le fiamme si placarono.
Purtroppo il cinquecentesco portale del civ. n. 2 di Via Fossatello risulta in pessimo stato di conservazione. L’opera attribuita ai maestri Donato Benti e Benedetto da Rovezzano presenta infatti gli inesorabili segni del tempo.
Al centro del trave si osserva un ovale con il trigramma di Cristo e il monogramma di Maria successivamente apposti per coprire uno stemma abraso.
La presenza sul capitello di destra di una piccola aquila lascia presumere che la dimora appartenesse al patrimonio immobiliare dei D’Oria o comunque di una famiglia ad essi legata. A sinistra invece una figura femminile stringe in mano delle fronde.
Sopra i capitelli spunta una piccola testa di cherubino alato. Alla base dei pilastri dei grifoni posti in posizione speculare con al centro una pisside e, in mezzo, due piccoli cartigli muti dei quali quello di sinistra disegna due profili umani in forma floreale.
Il portale è riccamente scolpito: oltre all’aquila e ai grifoni compaiono altri numerosi animali quali delfini, vari tipi di uccelli, pesci e mostri marini e ancora cornucopie con campanelle, testine e cherubini alati.
Al civ. n 3 di Piazza Fossatello si trova la Madonna col Bambino conservata all’interno di un tradizionale tabernacolo in marmo con timpano curvo spezzato e lesene con mezze figure di angeli.
La settecentesca immagine originale invece è andata perduta ed è stato sostituita da una più recente (di fine ‘900) riproduzione del celebre pittore e incisore genovese Ugo Lombardo.
In Via Fossatello all’angolo con Vico S. Pancrazio fa bella mostra di sé una secentesca Madonna col Bambino. Si tratta di uno splendido dipinto ad olio su ardesia di anonimo autore noto come la Madonna del cardellino. Quello visibile nell’edicola è una copia poiché il prezioso originale è custodito presso il Museo di S. Agostino.
Il quadro incorniciato fra due colonne marmoree in singolare pietra verde della Val Polcevera è sovrastato da un sontuoso baldacchino di ardesia che protegge lo stucco con i cherubini e il Padre Eterno Benedicente.
In Via Garibaldi n. 1 accanto al portone di Palazzo Agostino Pallavicino si trova il sontuoso tabernacolo della Madonna di Loreto risalente al 1725. L’edicola interamente ricavata dal marmo è protetta da un’imponente grata di ferro battuto che ne impedisce la vista.
Oltre al baldacchino con i soffici panneggi si possono ammirare comunque gli angioletti che poggiano sui riccioli ai lati del piccolo ovale, avvolto da una raggiera con teste di cherubini, che conteneva il Volto di Gesù.
Alla base del tabernacolo il cartiglio recita: ” Miseris / Svccvre Maria / MDCCXXIV.