Sul prospetto principale di Palazzo Marc’Antonio Giustiniani che si affaccia sull’omonima piazza domina uno spettacolare leone di San Marco.
Sul lato destro della facciata si staglia infatti il bassorilievo con il simbolo di Venezia prezioso e significativo bottino di guerra conquistato dai genovesi nel 1380 a Trieste dopo la battaglia di Chioggia.
Protagonista della scena è la Madonna con in braccio il Bambinello che regge il globo terracqueo. Ai piedi della Vergine San Giovannino aggrappato alle sue vesti guarda verso l’alto.
La settecentesca edicola presenta un mirabile tabernacolo in marmi policromi caratterizzato da lesene di ordine ionico con fregi e panneggi che fanno da cornice ad una poco profonda nicchia impreziosita da un cherubino alato.
Sull’imponente trabeazione si regge la raggiera dello Spirito Santo in un fastigio di riccioli e volute. In cima due teste di cherubini alati.
Ai lati si scorgono due grandi teste alate fra i fogliami che reggono due grosse lampade in ferro.
Protagonista della scena è la Madonna con in braccio il Bambinello che regge il globo terracqueo. Ai piedi della Vergine San Giovannino aggrappato alle sue vesti guarda verso l’alto.
Santa Caterina invece è in ginocchio offre con la mano destra il proprio cuore alla sacra coppia.
Sulla mensa recita il cartiglio:
“Regina Coelorum Restaurat. Anno 1790. 24. 7bris.
Alla base del tabernacolo sono posti due dipinti in ardesia rivolti verso i rispettivi caruggi…
Nel bel mezzo di Piazza Bandiera in zona della Nunziata, accerchiato dalle automobili, si trova il barchile di Enea.
Il monumento, in origine un semplice barchile con fontana abbellito da una sinuosa sirena, fu realizzato nel 1578 da Taddeo Carlone.
La sua primitiva collocazione era al centro di Piazza Soziglia nel cuore macelli.
Da qui, in seguito alle proteste degli abitanti che lo ritenevano troppo ingombrante, venne trasferito in Piazza Lavagna.
Purtroppo nel frattempo la sirena era stata danneggiata dalle sassate dei monelli del quartiere che la utilizzavano come bersaglio e quindi, poiché mutila in più parti, ricoverata in un magazzino in attesa di essere restaurata.
Ma non finisce qui perché nel 1844 la fontana venne nuovamente spostata, priva della sirena, in Piazza del Fossatello.
Intanto – facciamo un piccolo passo indietro – nel 1726 venne incaricato il celebre scultore carrarese Francesco Baratta di realizzare la splendida composizione intitolata la “Fuga di Enea da Troia”.
L’artista nella sua scultura celebra uno dei momenti più alti della cultura occidentale rappresentando la commovente scena in cui Enea, che ha perso tutto, è costretto ad abbandonare la città con quanto di più prezioso gli è rimasto, ovvero il figlio Ascanio aggrappato alle braccia e il vecchio padre Anchise caricato sulle spalle.
Le mani dei protagonisti convergono sul palladio, simulacro della dea Pallade Atena che, secondo la tradizione, Enea avrebbe portato a Roma.
Le peregrinazioni della fontana di Enea e famiglia terminarono nel 1870 quando il gruppo marmoreo venne spostato definitivamente nella locazione odierna in Piazza Bandiera dove in precedenza si era insediato il nuovo mercato di frutta e verdura.
Protetta da una grata a larghe maglie all’angolo fra piazza e vico dei Garibaldi si staglia l’edicola della Madonna della Misericordia.
Realizzata in stucco a cavallo tra XVII e XVIII sec. presenta ai lati grandi volute che incorniciano la nicchia ovale in cui è custodita la statua della Vergine.
Un cherubino alato sorregge la mensola da cui si affaccia – sospeso nel vuoto con originale artifizio – il Beato Botta inginocchiato davanti alla Madonna.
Passando sotto l’ormai millenaria Porta di S. Fede o deiVacca o Sottana che dir si voglia alzando lo sguardo si notano sulle colonne di recupero dei curiosi volatili appollaiati sui capitelli.
Non si tratta di rapaci qualunque bensì di aquile simbolo araldico del casato dei sovrani del Sacro Romano Impero degli Hohenstaufen.
Costoro, a partire da metà del 1100 fino a metà del secolo successivo, prima con Federico Barbarossa poi con suo nipote Federico II, tentarono invano di conquistare la Superba.
A eterno memento le aquile sono poste in segno di sottomissione a reggere la Porta della città.
In Via Garibaldi al civ 8 e 10 l’edificio Spinola è diviso in due corpi speculari.
Identici risultano anche i due maestosi cinquecenteschi portali in pietra di Finale con fornice arcuato, timpano spezzato e spettacolari stemmi araldici del casato.