Di fatto, in questo straordinario documento, i Reali riconoscono ufficialmente alla nostra città, una certa autonomia:
“In nome di Dio eterno, Berengario e Adalberto re per propizia e clemenza divina….
Confermiamo e rafforziamo a tutti i nostri fedeli abitanti nella città di Genova tutte le loro cose e le loro proprietà avute sia per contratto sia per donazione e tutte le cose che possiedono secondo la loro consuetudine, che a qualunque titolo o acquistarono con obbligazione o che a loro pervennero dalla parte di padre e madre; tutte le cose nella città e fuori totalmente confermiamo e rafforziamo più pienamente, assieme alle terre, vigne, prati, pascoli, boschi, campi seminati, rive, petraie, peschiere, monti, valli, pianure, acque, corsi d’acque, servi e serve d’ambo i sessi, e tutte le cose che possono dirsi e chiamarsi che detengono secondo la loro consuetudine.
Pertanto ordiniamo che nessun Duca, Marchese, Conte, Visconte o Sculdascio, decano, o qualsivoglia piccola o grande persona del nostro regno osi penetrare investendosi di potere nelle loro case o prenda dimora o tenti di compiere offesa o molestia, ma sia consentito a quelli di vivere pacificamente e quietamente…
Se qualcuno dunque avrà tentato di rompere o violare la norma di questa nostra conferma per qualsiasi intento, sappia che dovrà versare mille libbre d’ ottimo oro, la metà alla nostra camera e la metà ai predetti uomini e ai loro eredi o proeredi.
Affinché ciò sia più veramente creduto e più diligentemente osservato da parte di tutti, dandovi vigore con le nostre proprie mani, abbiamo ordinato che sia impresso con il sigillo del nostro anello.
Le firme dei serenissimi re Berengario e Adalberto.
Il cancelliere Uberto ha sottoscritto per ordine dei re.
Dato il xv giorno delle calende d’agosto, nell’anno 958 dell’Incarnazione del Signore, ottavo di regno dei re Berengario e Adalberto, nella prima indizione.
Redatto in Pavia felicemente nel nome del Signore.”
(Cit. passi scelti e tratti dal Diploma stesso il cui originale è conservato presso l’archivio di Stato).
Prima ancora che sorgessero i Comuni “gli abitanti di Genova” vengono riconosciuti giuridicamente come tali, addirittura senza l’intervento del Vescovo (che sarà invece determinante nell’istituzione della Compagna).
I Re si riservano gli atti giudiziari ma riconoscono il diritto consuetudinario genovese.
I Genovesi si consideravano sudditi del “regnum in terra” ma assolutamente liberi in quello del mare, per il quale non hanno bisogno di riconoscimento o permesso alcuno.
Su queste basi otterranno poi, con diplomatica perizia, ulteriori e più ampie autonomie dai successivi Sovrani… fino al “superbo” e leggendario “Abbiamo già dato” pronunziato in faccia dell’ imperatore Federico Barbarossa…
ma questa è un’altra storia.