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Diario di un Capitano spagnolo…
“Il 15 di Maggio del 1547, allorquando stavamo bordeggiando la Corsica ed eravamo ormai in vista delle Bocche (di Bonifacio), fummo assaliti da alcune imbarcazioni corsare, probabilmente al soldo della Francia… non avemmo nemmeno il tempo di organizzarci che ci furono addosso ed eravamo ormai preparati al peggio quando voci gridarono: “Presto scappiamo mettiamoci in salvo arrivano i Genovesi… guardai l’orizzonte e vidi apparire dieci galee rosse fuoco, in assetto da guerra sventolanti la Croce di S.Giorgio.
Se la qual cosa con gli occhi non l’avessi veduta, giammai l’avrei creduta… con movimento lesto e coordinato accerchiarono i vascelli ed iniziarono gran strage dei fuorilegge.
Giunti al porto di Bonifacio ricevemmo ogni soccorso ed assistemmo di persona al rientro delle galee con al seguito i vascelli pirata ed i loro equipaggi.
…ora capisco perché i Genovesi sono i Signori del Mare e non esiste alcuna marineria turca, veneziana, francese o aragonese che possa lontanamente esser loro paragonata.
Capitano Guillermo Mendoza.
Carattere genovese…
Chi meglio degli “illustri foresti” che nel tempo hanno avuto modo di conoscere la nostra pragmatica rudezza, può descrivere queste peculiarità?
“I tiranni sono levati al potere a voce di popolo e per la sua volontà,
ma senza alcuna giustificazione legale.
Infatti di solito avviene che quando un gruppo politico prevale sull’altro,
allora quelli che ne fanno parte, inorgogliti dal successo, si mettono a gridare – Viva il tale, Viva il tale, muoia il tal altro.
E quindi eleggono uno tra essi e uccidono, se non riesce a fuggire, chi prima comandava.”
Così scriveva, a proposito del nostro concetto di governo, nei suoi resoconti il Maresciallo di Francia e Governatore di Genova Jean Le Meingre.
Questi, meglio noto come Boucicault fu, fra l’altro, promotore del Banco di S.Giorgio
nella sua moderna veste bancaria.
L’antichissima cerimonia del Confeugo…
Consiste in un corteo che partiva dalla zona di Porta Romana (Borgo Incrociati) dove l’ Abate del Popolo uscente lasciava a quello entrante la carica e i problemi simboleggiati da nastri bianco rossi (i colori di S. Giorgio) con i quali si adornava un grosso ceppo di alloro (il Confeugo).
Il Confeugo veniva poi acceso e spento con una brocca di zucchero, vino e confetti.
La fumata che ne conseguiva, a seconda che fosse dritta o storta, veniva interpretata positivamente o meno in relazione ai problemi da risolvere (i nastrini rossi).
La popolazione si contendeva i resti perché, si diceva, avessero proprietà magiche e portassero fortuna.
Questo, spesso causava risse e disordine pubblico, quindi venne stabilito di bruciare più ceppi per distribuirlo equamente a tutti.
La cerimonia natalizia genovese venne abolita dai francesi nel ‘500 e da Napoleone nell’ 800… ma sempre ripristinata.
Oggi il Sindaco e il Priore della Compagna rappresentano Doge e Abate.
Oltre al valore culturale e storico il Confeugo simboleggia l’unione della città in tutte le sue componenti:
Il Doge, il governo borghese o aristocratico e mercantile (a seconda dei contesti) l’Abate, il Popolo artigiano, contadino e operaio, infine l’Arcivescovo, silenzioso e onnipresente, il potere ecclesiastico.
“Emmo za daeto!”…
Questi infatti, pretendeva omaggi e tributi per convalidare quanto già concesso dai suoi predecessori, l’autonomia della Repubblica, per altro
Queste le parole che pronunciò Oberto: “Bene hanno fatto gli altri ad accettare le tue imposizioni.
I Genovesi, con tutto il rispetto dovuto, non si sentono legati da obblighi così fatti e possono darne ragione.
Da tempi remoti gli imperatori romani concessero agli abitanti di Genova il privilegio di essere liberi da ogni contribuzione e che verso l’Impero avessero il solo obbligo della fedeltà e della difesa dei mari dai Barbari, altre pretese non possono essere imposte loro in nessun modo.
I Genovesi da Roma a Barcellona hanno adempiuto ai loro doveri ricacciando i Barbari dal litorale in modo che tutti possano dormire tranquilli e dedicarsi al fico e alla vigna.
Per questo motivo per nessuna ragione può esser loro richiesto ciò a cui non sono tenuti.
Inoltre, a differenza delle altre popolazioni italiche che devono il loro benessere dalla terra, i Genovesi traggono la loro ricchezza dal mare e dai traffici commerciali, attività sulle quali l’Impero non ha alcuna giurisdizione”.
Storia della Settima…
Gran parte della flotta fu infatti commissionata alla Repubblica la quale, dal canto suo, ne trasse cospicuo guadagno.
Parteciparono, oltre ai francesi e ai genovesi anche fiamminghi e pisani.
A capo della spedizione Re Luigi IX, il Santo, accompagnato dai fratelli Roberto d’Artois e Alfonso di Poitiers.
I Cristiani, liberata Cipro, occuparono agevolmente Damietta, porto strategico sul delta del Nilo e proseguirono verso gli ultimi avamposti latini in Siria.
Nella battaglia di Almansourah (1250 d.C.) i Crociati trionfarono ma, il Sultano Mamelucco Baybars, ebbe una geniale trovata
Squarciò le dighe del Nilo, la cui inondazione rese fangoso e impraticabile il campo di battaglia.
Così i Cristiani, esausti, ritornarono a Damietta ma, durante la ritirata, i Saraceni catturarono re Luigi che promisero di liberare solo in cambio di un forte riscatto e della restituzione della città.
Si racconta che un contingente di Infedeli avesse scortato il re e il suo seguito fino al fiume dove, ad attenderli, erano attraccate alcune galee genovesi pronte a salpare, come pattuito, alla volta di Cipro.
A bordo non videro che pochi marinai intenti nelle loro manovre.
Lo scarso numero di questi fece balenare nelle menti dei Saraceni l’idea di impadronirsi delle galee e di ricondurre i prigionieri a Damietta.
Invece non appena il re mise piede sulla passerella, si udì un fischio ben ritmato e, improvvisamente dalle murate delle galee comparve uno stuolo di Balestrieri in assetto da guerra con gli archi tesi.
Ai Saraceni non rimase altro che rinunciare all’impresa e alle cattive intenzioni.
La storia di tutte le storie…
Storia di liti… di mercanti…
Scoppia una lite con furti e omicidi…
Il Podestà genovese chiede così al Basileus greco giustizia e soddisfazione.
Nella piazza principale vengono radunati i colpevoli in attesa di essere giudicati.
I genovesi attendono l’esecuzione e invece assistono ad una scena, per loro, surreale… ai condannati viene rasata la barba (grande punizione nel mondo ortodosso).
Il Podestà genovese, sentendosi schernito, promette ai concittadini vendetta così dopo qualche tempo scatena ad arte una rissa in piena Galata.
Ora è il turno dei Greci a pretendere giustizia quindi i colpevoli vengono a loro volta disposti sul palco dell’impiccagione.
Di fronte a sacerdoti, notabili, nobili e autorità d’ogni genere il Podestà ordina che siano calate loro le braghe e, fra l’incredulità dei presenti, dispone che siano rasati i peli del sedere dato che i genovesi la barba la portano non sul viso, ma sulle chiappe.
Storia di una battaglia… la battaglia…
… di una piazzetta speciale… e di 9000 massacan.
Storia di Corsari… genovesi…
I primi vengono condannati a morte, i marinai dei secondi, al taglio della mano.
Dato che in città non c’è famiglia che non abbia un parente fra i condannati, scoppia una vera e propria sommossa.
Nemmeno l’intervento dell’Arcivescovo riesce a far tornare il Podestà (che ricordo, per statuto, era foresto) sui propri passi.
Così dinnanzi alla prigione si radunano le donne che affrontano impavide, a sassate, i militi della Guardia.
Il Podestà stesso, si lancia a cavallo in mezzo alla folla ma, lo stallone scivola e questi si rompe una gamba.
Il Podestà rifiuta le cure dei medici genovesi preferendogli quelle dei milanesi, suoi concittadini.
Morirà dopo tre giorni…
Nel frattempo viene eseguita la sentenza ma i primi due Capitani, appesi alla forca, non muoiono così, nel nome di Dio e di S. Giovanni, il Podestà moribondo comandò che fossero lasciati liberi e con loro tutti gli altri Corsari!
In Copertina: il vascello Neptune ricostruzione cinematografica utilizzata nel 1986 per il film “Pirati” con Walter Matthau di Roman Polánski