La Lanterna ha due volti. Uno per noi che la vediamo ogni giorno: un volto serio grave buio, e quindi il simbolo, il monumento, la lunga anima di una città e di un popolo.
Il momento in cui il tempo si ferma per incontrarli tutti, per riviverli assieme o almeno fieramente ricordarli.
Uno per quelli che vivono ed hanno vissuto sul mare.
E allora è la casa, la patria, una mano tesa, un fazzoletto agitato, il primo segno della tua famiglia che aspetta. Una luce nella notte, che nasce dal mare e ti grida: vieni, corri; qui c’è la tua casa, qui c’è la tua famiglia, qui c’è il tuo focolare con un caldo ceppo che brucia incensando la gioia dei secoli.
La sua forza è questa, non voler restare solo un simbolo, anche se la parola simbolo per lei si arricchisce di poesia, né essere un logo, un’icona, non è più neanche un monumento, è la lunga anima di un popolo nel quale i genovesi si riconoscono. Una somma di immagine e di sentimento.
Vito Elio Petrucci. (Genova 27 aprile 1923 – Genova, 17 maggio 2002) è stato un poeta, giornalista e commediografo italiano.
In Copertina: La Lanterna all’imbrunire. Foto di Marco Dorigo.
Alle spalle di via del Campo, in quello che un tempo è stato il cuore del secentesco ghetto ebraico, si trovano vico e piazzetta dei Fregoso.
La zona, abbastanza abbandonata e degradata, è ricca di testimonianze del passato: edicole votive, portalini in pietra, archetti e vecchi portoni, sono visibili un pò dappertutto.
Il toponimo del sito trae origine dal nome della nobile famiglia polceverasca.
Costoro, chiamati anche Campofregoso, provenienti da Piacenza agli albori del 200 infatti si stabilirono nella valle lungo il torrente Polcevera (“il fiume che porta le trote”) da loro indicata come “Fregosia”.
Fu un casato molto potente che si suddivise in diversi rami e che diede origine ad un plurisecolare strategico dualismo, legato alle alleanze con Francia e Spagna, con gli Adorno.
I Fregoso raggiunsero il loro apogeo infatti con Domenico Campofregoso che nel 1378 si auto proclamò Doge dopo aver destituito dalla carica il rivale Gabriele Adorno.
Non pago il pugnace Tommaso tolse ai Fieschi il feudo di Roccatagliata e assicurò l’isola di Malta ai Genovesi.
Il fratello Piero non fu da meno poiché anch’egli, nominato poi Doge nel 1393, riprese Cipro agli infedeli restituendola, in cambio della signoria su Famagosta, al legittimo re.
Anche Giacomo, Tommaso, Spinetta, Giano, Ludovico, Pietro, Battista nei decenni successivi ottennero il dogato.
Paolo a metà ‘400 e Federico un secolo dopo furono cardinali e influenti arcivescovi di Genova.
L’esponente più famoso fu senza dubbio Ottaviano che fu Doge dal 1513 al 1515 e poi, per conto della Francia di Francesco I, governatore fino al 1522 quando la città passò, con il famoso Sacco, in mano spagnola. Morì in carcere ad Ischia, probabilmente avvelenato.
A lui si devono i lavori di ampliamento portuali, la costruzione del campanile di San Lorenzo e l’abbattimento della fortezza della Briglia presso la Lanterna.
Fu una figura di grande rilievo nel suo tempo al punto che Baldassarre Castiglione nl suo “Il Cortigiano” lo celebra come modello illuminato per i governanti dell’epoca e persino il Guiccciardini nella sua “Storia d’Italia” ne tesse le lodi:
“principe certamente di eccellentissima virtù, e per la giustizia sua e per altre parti notabili, amato tanto in quella Città, quanto può essere amato un principe nelle terre piene di fazioni, e nella quale non era del tutto spenta nella mente degli uomini, la memoria dell’antica libertà”
Caduti in disgrazia ai Fregoso fu impedito di formare un loro proprio albergo autonomo e nel 1528 furono ascritti in quello dei De Fornaro.
Continuarono a far fruttare il loro valore in armi in qualità di capitani e ammiragli prestando servizio per i veneziani, Papa Giulio II e Francia.
Per questo un ramo dei Fregoso fu fregiato della contea di Verona, un ramo si trasferì a Parigi mentre a Genova si estinsero già nel XIX secolo.
In Copertina: Scorcio di Piazza Fregoso con sullo sfondo via del Campo. Foto di Giovanni Cogorno.
“Tra le città d’Italia Genova mi è parsa in gran parte la più illustre per taluni aspetti e la più bella, a meno che non mi inganni e non mi tragga in errore l’affetto per l’antico progenitore Opizzino Adorno, che trasse origine da qui. Non mi ricordo di aver visto nessuna città, eccetto Damasco, più piacevole dall’aspetto esteriore: se uno si ferma presso la torre di Capodifaro, considererà la visione della città che gli si offre molto piacevole e mirabile”.
AnselmoAdorno, (1424 – 1483), mercante, politico e diplomatico olandese di origine genovese.
In Copertina: La Lanterna riflessa in una pozzanghera. Foto di Lino Cannizzaro.
Ho appena seguito la parte della puntata dedicata a Genova da parte di Alberto Angela. Pur comprendendo gli spazi e i tempi televisivi ridotti che imponevano scelte risicate, sono rimasto deluso.
A parte il discorso sui Celti e sull’origine del toponimo Ianua, ormai confutati da tempo e le imprecisioni sui Rolli e su Dragut, non mi è piaciuto l’aver tralasciato i caruggi, le chiese, i forti, le mura, insomma l’anima vera della città raccontando solo in modo riduttivo l’epopea del D’Oria.
Troppo spazio dedicato alla Lanterna raccontando il niente.
Oggi non c’è stato un solo genovese che non abbia rivolto lo sguardo ai quattro punti cardinali per capire da dove provenisse quella specie di fumo che impediva la visibilità. Forse un incendio?
Niente puzza di bruciato quindi tale ipotesi non reggeva.
Poi dopo qualche momento di smarrimento si è capito trattarsi della caligo, ovvero quel raro fenomeno marinaro che, dall’incontro sotto costa di aria calda con la superficie fredda dell’acqua, produce nebbia. La foschia ha così dal mare lentamente ammantato la città fino a far scomparire – come per magia – persino la Lanterna.
Intanto senza il faro come riferimento le sirene delle spaesate navi urlano, segnalando la posizione, tutta la loro preoccupazione.
Vi è poi una suggestiva credenza popolare, tramandata di generazione in generazione, che sostiene la caligo essere una sorta di mantello magico che avvolge e accompagna leanime dei marinaiverso la loro pace. Gli spiriti risalirebbero dunque dal mare per venire a prendere le anime rimaste, in una specie di limbo, incastrate tra la vita terrena e quella ultraterrena.
“La nebbia arriva su zampine di gatto. S’accuccia e guarda la città e il porto sulle silenziose anche e poi se ne va via”.
Cit. Carl Sandburg. Poeta americano (1878-1967).
La Grande Bellezza…
In copertina: caligo a Genova. Foto di Gianni Cepollina 24 febbraio 2021.
“Il viaggio per mare è stato un avvenimento. Come andava gradatamente sparendo lontano, la grande Genova notturna, disseminata di luci, assorbita dal chiaro di luna, così come un sogno trapassa in un altro! […] Come un sogno Genova si sprofonda nel mare. Sono morto per questo mondo, dileguato con l’ultima luce? Oh, fosse così! Sarebbe possibile?”.
“Preferisco Genova a tutte le città in cui ho abitato. È che mi ci sento sperduto e a casa mia – fanciullo e straniero. Essa ha una distesa di cupole, monti calvi, mare, fumi, neri fogliami, tetti rosa, e quella Lanterna, così alta ed elegante”.
Cit. Paul Valery scrittore francese (1871 – 1945).
Quando Tenco posava sotto la Lanterna, sguardo triste e assorto, abito scuro in stile esistenzialista alla Jean Paul Sartre.
Nel 1967 di ritorno dal suo funerale De André compose questa straordinaria poesia per raccomandare l’amico al Signore.
Lascia che sia fiorito Signore, il suo sentiero quando a te la sua anima e al mondo la sua pelle dovrà riconsegnare quando verrà al tuo cielo là dove in pieno giorno risplendono le stelle.
Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte ai suicidi dirà baciandoli alla fronte venite in Paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio.
Fate che giunga a Voi con le sue ossa stanche seguito da migliaia di quelle facce bianche fate che a voi ritorni fra i morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio.
Signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai Santi Dio, fra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte.
Dio di misericordia il tuo bel Paradiso lo hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso per quelli che han vissuto con la coscienza pura l’inferno esiste solo per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno mai ti potrà indicare gli errori di noi tutti che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce che ormai canta nel vento Dio di misericordia vedrai, sarai contento.
“Da Voltri a Genova si vedono sempre case, tutto annuncia una grande città. Presto il porto appare e si vede la bella città seduta ai piedi delle montagne. Il faro della Lanterna, come un minareto, dà all’insieme qualche cosa di orientale e si pensa a Costantinopoli”.
“Affaticato dal camminare, mi siedo su una panchina, testimone ammirato del modo con cui quel fiero dominatore, ch’è stato per millenni l’eroe del giorno e lo sarà fino all’ultimo giorno, del modo con cui il sole nel suo tramonto di fuoco investe delle sue figurazioni l’intero paesaggio, mentre il mio occhio portandosi al di là del muro che circonda il giardino, contempla quell’eterno simbolo dell’eternità: l’orizzonte infinito”.