Torre dei Leccavela

Al civ. n. 3 di Piazza Sauli si trova il cinquecentesco Palazzo Antonio Sauli. La lussuosa dimora patrizia fu edificata sul corpo di due precedenti proprietà della famiglia dei Leccavela, un casato dai gloriosi trascorsi marinari.

A testimonianza delle pertinenze dei primitivi titolari rimangono inglobati nella più recente struttura due piani ed il terrazzo dell’antica torre medievale.

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In copertina: Torre dei Leccavela. Foto di Laura Malfatto

Salita della Tosse

Nel quartiere di San Vincenzo si dipana una creuza tanto dimenticata quanto caratteristica denoninata Salita della Tosse.

In epoca romana costituiva un tratto della via Aemilia Scauri sulla quale transitò, alla volta della Tuscia (la VII Regio amministrativa che sotto Augusto comprendeva Gallia cisalpina, Toscana, Umbria, Lazio e mar Tirreno), Cesare con le sue legioni. Per questo motivo venne identificata come Montà (salita) della Tuscia.

Nel periodo imperiale sotto Augusto la VII Regio

Il toponimo della tosse compare solo nell’ottocento con la letterale traduzione dal genovese (Tuscia significa Tosse) in italiano dei topografi piemontesi.

Altri storici, in merito all’intitolazione della salita, rimandano invece alla presenza nel medioevo di un’edicola votiva della Madonna, chiamata della Tosse appunto, alla quale i genitori si affidavano per i bambini affetti da malattie respiratorie.

Nel 1975 nel caruggio ebbe sede l’omonimo Teatro della Tosse trasferitosi poi in S. Agostino nel 1986.

L’ultima palazzina sulla sinistra fu invece la dimora e il laboratorio del grande scultore genovese, celebre per i suoi monumenti funebri, Santo Varni.

Salita della Tosse | scandivano ragazze rosse. | Ragazze che in ciabatte | e senza calze […] | andavano, percorse | da un brivido, sulla salita | che anch’io facevo, solo, | già al canto d’un usignolo. || Genova di tutta la vita | nasceva in quella salita. 

Cit. Giorgio Caproni (1912-1990) poeta.

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In copertina: Salita della Tosse foto di @iperdrepi.

Vico della Scienza

Non si ha certa cognizione dell’origine del toponimo di Vico della Scienza. Si suppone però che qui avesse sede la corporazione della scienza che includeva sia medici e speziali, che filosofi, letterati e matematici.

Al civ. n. 11 si trova un antichissimo sovrapporta in pietra nera di promontorio con due scudi abrasi e il trigramma di Cristo IHS, introdotto a Genova da San Bernardino, in caratteri gotici.

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In copertina: Vico della Scienza. Foto di Giovanni Cogorno.

Piazza Cavour

In Piazza Cavour gli arredi in legno stile vecchia osteria della trattoria Cavour 21 sono collocati su un tratto di strada notevolmente rialzato rispetto al livello della piazza stessa.

Si tratta di quel che rimane dell’antico tracciato della ripa coltelleria, ovvero la naturale continuazione di Sottoripa, demolito nel 1865 per la costruzione di Via Turati.

Ripa coltelleria – si chiama così – perchè qui fin dal 1262 avevano sede le botteghe della corporazione dei coltellieri. Le attività e i commerci di tali artigiani raggiunsero tra sei e settecento il periodo di maggior splendore.

Proprio come in Sottoripa infatti gli edifici, caratterizzati da logge e coperti dai portici, presentano ancora brani originali dell’acquedotto medievale.

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In copertina: Piazza Cavour. Foto di Leti Gagge.

Vico del Fieno

Ubi fenum ponderatur, ovvero dove veniva pesato il fieno.

Nasce così, in una contrada che, fin dal XII secolo ricca di scuderie, necessitava di continuo foraggio per gli animali, il toponimo di Vico del Fieno.

In epoca successiva il caruggio veniva popolarmente identificato come il caröggio di camalli.

Si tratta di un caruggio poco noto ma onusto di significative testimonianze del passato: portali, portalini, edicole votive, medaglioni e archetti sono presenti un po’ ovunque.

In particolare al civ. n. 9r, edificio del XVII appartenuto alla nobile famiglia De Fornari e demolito dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, nel 1751 venne istituita l’Accademia Ligustica di Belle Arti.

Del palazzo originario resta visibile, affacciata su vico della Neve, la loggia.

In primo piano nella foto al civ 18 si trova, nei suggestivi locali liberty di un ex bordello, il ristorante I Cuochi uno dei più rinomati del centro storico.

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In copertina: Vico del Fieno. Foto di Maria De Mattia.

Fantasie…

In quella che un tempo era la popolosa Via della Madre di Dio odierni giardini Baltimora, all’altezza dello svincolo sopraelevata e Corso Quadrio, si staglia un enorme edificio a specchi.

Nell’ammirare il verde paesaggio riflesso nelle sue finestre me lo sono immaginato come un gigantesco televisore a cristalli.

Allora ho fantasticato su come sarebbe stato bello premere un pulsante dell’ipotetico telecomando e d’incanto veder riapparire sullo schermo il grigio ardesia dei millenari quartieri demoliti.

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In copertina: Foto di Leti Gagge.

Via delle Grazie

In via delle Grazie al congiungimento con via delle Camelie si passa sotto un archivolto in pietra che un tempo era parte di una loggia.

Ne sono inconfutabile testimonianza, seppur in pessimo stato di conservazione, due colonne in conci bicromi con capitelli cubici intarsiati a grappoli d’uva e cordonati.

Era questa l’antica via – detta appunto delle Grazie – che, svoltando sotto l’archivolto, conduceva al santuario delle Grazie meta dei pellegrinaggi dei marinai che vi chiedevano protezione.

All’angolo si notano ancora i resti di un’edicola in pietra contenente un dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie oggi ormai illeggibile.

A fianco dell’archivolto spicca l’insegna della Bottega del Conte un locale assai particolare, oggi quasi un caffè museo, che ospitava in passato una bottega di alimentari.

All’ingresso del piano strada c’è una vasca in marmo dove veniva conservato lo stoccafisso. Scendendo i due piani sotterranei attraverso ambienti i pietra e laterizio si accede infine alle cantine e alle antiche cisterne.

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In copertina: Via delle Grazie. Foto di Francesco Auteri.

Piazzetta dei Maruffo

Dietro la chiesa di San Giorgio la piazzetta dei Maruffo rivendica il suo spazio lottando per un briciolo di sole.

I Maruffo o Maruffi erano originari dello spezzino e avevano importanti possedimenti a Sestri Levante.

Dopo il 1100 si trasferirono nel ponente genovese (Voltri, Rivarolo, Coronata) e si distinsero nelle guerre contro Pisa Venezia.

In virtù del prestigio conquistato, acquisirono proprietà anche nel centro storico. Ne sono ulteriore testimonianza il palazzo nobiliare in Canneto e, soprattutto, la poderosa torre eretta nel XIII sec. Persino l’Archivolto Baliano che comunica con Piazza Matteotti, un tempo era chiamato dei Maruffi.

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In copertina: Piazzetta dei Maruffo. Foto di Stefano Eloggi.

Piazzetta di San Giovanni il Vecchio

Sul lato sinistro della cattedrale si apre proprio davanti all’omonimo portale la minuscola quanto graziosa piazzetta di San Giovanni il Vecchio.

L’entrata in chiesa da questo lato è chiusa da una modesta cancellata che impedisce di godere appieno dei curiosi fregi che adornano l’ingresso.

Secondo la tradizione cristiana la parte sinistra dell’edificio rappresentava la componente oscurata del creato. Si spiegherebbero così le creature mostruose che lo decorano.

Sulla porta di accesso al Battistero invece si può ammirare, quasi dimenticato dai pedoni assorti nel loro vorticoso andirivieni in via San Lorenzo, il cinquecentesco rilievo con il Battesimo di Gesù.

Il prezioso manufatto è attribuito al magistrale scalpello di Niccolò da Corte.

In copertina: Piazzetta di San Giovanni il Vecchio. Foto di Giovanni Caciagli.

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