No l’antica, dal 1882, Barberia Giacalone in Vico Caprettari. Dal 1992 di proprietà del Fai presenta ancora gli arredi originali della Belle époque del 1922 in art déco.
Negli anni 90′ quando, come cliente, la frequentavo spesso, mio padre donò al barbiere di quel tempo un giradischi e un grammofono d’antan. Chissà se ci sono ancora.
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Truogoli in Salita della Coccagna
Vico Indoratori sotto la pioggia
Il selciato balugina dei riflessi di uno scroscio di pioggia ormai lontano e “Seduto in quel caffè io non pensavo a te”…
Nell’antico caruggio sede delle attività artigiane degli indoratori legate alla Corporazione degli Scutai la Movida può aspettare. Al civ. n.2 noto come palazzo Fieschi o Camilla, caratterizzato da un superbo portale quattrocentesco della bottega dei Gaggini, ebbe i natali Santa Caterina (Fieschi) da Genova.
Vico Indoratori.
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Foto di Leti Gagge.
Piazza della Lepre
Sembra la stampa di un Bouquiniste parigino ed invece è una straordinaria istantanea che trasmette poesia.
Immortala Piazza della Lepre, il cui toponimo deriva dalla presenza in loco di una rinomata settecentesca osteria specializzata in cacciagione.
In precedenza era denominata della Foglia, poiché in essa aveva sede un negozio di foglie di meliga, che servivano per confezionare pagliericci.
I suoi palazzi custodiscono variopinti azulejos ed ospitarono le più apprezzate case di appuntamenti cittadine.
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“Piazza della Lepre”. Foto di Leti Gagge.
Torri e Campanili
All’inizio del 1100 Genova si presentava come una roccaforte turrita munita di sessantasei poderosi torrioni. Oggi ne restano, tracce e resti compresi, meno della metà.
Ma non per questo il profilo della Superba risulta meno affascinante. A far compagnia alle torri De Castro (per tutti erroneamente Embriaci) e Maruffo si stagliano su un tappeto di pietra e ardesia il Mirador e gli irriverenti campanili di San Lorenzo e delle Vigne mentre quello di S. Maria in Castello sbircia alzandosi in punta di piedi.
“Sotto l’azzurro fitto del cielo qualche uccello di mare se ne va; né sosta mai: perché tutte le immagini portano scritto “più in là”.
(Eugenio Montale)
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Foto di Leti Gagge.
Vico dietro il Coro di San Salvatore
Vico dietro il Coro di San Salvatore attiguo a Campopisano. Certe notti di luna piena si odono ancora lo sferragliare delle catene e i lamenti dei prigionieri.
Qui, proprio sotto l’archivolto, si trovava uno dei templi della ristorazione popolare genovese: l’Östai dö Combin celebre in paricolare per la bontà dei propri ravioli.
Oggi al suo posto l’apprezzato locale notturno delle Cappe Rosse.
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La Casa dei Doganieri
“La Casa dei Doganieri”…
Siamo tutti alla ricerca del nostro varco…
Tu non ricordi la casa dei doganieri
sul rialzo a strapiombo sulla scogliera:
desolata t’attende dalla sera
in cui v’entrò lo sciame dei tuoi pensieri
e vi sostò irrequieto.
Libeccio sferza da anni le vecchie mura
e il suono del tuo riso non è più lieto:
la bussola va impazzita all’avventura
e il calcolo dei dadi più non torna.
Tu non ricordi; altro tempo frastorna
la tua memoria; un filo s’addipana.
Ne tengo ancora un capo; ma s’allontana
la casa e in cima al tetto la banderuola
affumicata gira senza pietà.
Ne tengo un capo; ma tu resti sola
né qui respiri nell’oscurità.
Oh l’orizzonte in fuga, dove s’accende
rara la luce della petroliera!
Il varco è qui? (Ripullula il frangente ancora sulla balza che scoscende… ).
Tu non ricordi la casa di questa
mia sera. Ed io non so chi va e chi resta.
Eugenio Montale
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Foto dell’ex casotto ferroviario noto come “la Bombarda” per via dei potenti getti d’acqua che si generano sulla scogliera antistante durante le mareggiate. Identificato dai locali anche come “da Bortolo”, dal nome della famiglia che vi abitava, si trova a Deiva Marina all’imbocco delle gallerie direzione Moneglia.
Vico sotto le Murette
Ercole e Pregadio
In Campetto al Civ 2, oggi sede di un grande magazzino, si trova il Palazzo Casareto De Mari, meglio noto come del Melograno.
Commissionato dalla famiglia Imperiale all’architetto Bartolomeo Bianco nel 1586 è passato nei secoli nelle mani dei Sauli prima, dei De Mari poi e,infine, dei Casareto.
Al suo interno possiamo ammirare, fra le tante opere d’arte in esso custodite, un Pregadio di Bernardo Schiaffino e una statua di Ercole di Filippo Parodi, oltre ad affreschi, purtroppo in gran parte andati perduti, di Domenico Piola.
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