Vico del Tempo Buono

Nel tratto da via della Maddalena a piazza S. Maria degli Angeli si incontra il vico del Tempo Buono, suggestivo scorcio di una Genova dimenticata.

L’origine del toponimo nulla ha a che vedere con questioni climatiche ma rimanda alla presenza in loco di un palazzo appartenente alla nobile famiglia dei Buontempo.


”Nebbia bassa, bon tempo a lascia”. Antico proverbio genovese.

In Copertina: Vico del Tempo Buono. Foto di Stefano Eloggi.

Vico delle Pietre Preziose

Nel quartiere del Molo tra via delle Grazie e Vico dietro il coro di San Cosimo si trova il vico delle Pietre Preziose.

Non si hanno certezze sull’origine del toponimo del caruggio anche se si ipotizza, in virtù dei floridi commerci noti già dal XII secolo, derivi dal lucroso mercato di gemme con l’Oriente.

Si suppone quindi che qui avessero sede i laboratori e le botteghe di pietre preziose importate in città dai nostri mercanti.

Alcune di queste attività artigiane erano specializzate nel confezionare dei contenitori detti “arche” per custodire i gioielli.

Tali arche erano realizzate in ferro, ottone e legno di noce e decorate con elaborate incisioni.

In Copertina: Vico delle Pietre Preziose. Foto di Leti Gagge.

Salita dell’Oro

Tra Via Lomellini a Via Cairoli si trovavano gli antichi laboratori di oreficeria. Ne sono curiosa testimonianza ancora oggi i toponimi di salita dell’Oro e dell’adiacente vico dell’Argento. Prima dell’apertura della via Nuovissima, odierna via Cairoli, il ” Caroggio dell’Oro”, si congiungeva con una curva alla salita dei Molini e finiva in San Siro.

La Grande Bellezza…

In copertina: Foto di Giovanni Secchi

Il Britannia

Da Piazza De Ferrari percorrendo in discesa vico della Casana al civ. n. 76 si incontra il più vecchio pub di Genova, nato nel lontano 1974.

Il locale totalmente arredato in stile british dispone di tre sale. 

Le birre, in particolare quelle alla spina presenti in ben otto qualità diverse, insieme alla suggestiva atmosfera, rappresentano il punto forte.

La Grande Bellezza…

In Copertina: Il pub Britannia. Foto di Leti Gagge.

Palazzo Cicala

Al civ. n. 6 di Piazza dell’Agnello si trova il Palazzo di Vincenzo e Carlo Pallavicino, l’edificio più importante della piazzetta, noto anche come Pallavicino Richeri o Palazzo Cicala.

Fu progettato da Bernardino Cantone nel 1542 su precedenti proprietà e, nella parte esterna, era decorato con sfarzosi affreschi di Lazzaro Calvi, lo stesso magnifico artista che ha realizzato le pitture del Palazzo Antonio D’Oria (Prefettura). Oggi di queste splendide opere rimane solo una traccia sbiadita che meriterebbe un adeguato restauro.

Il portone a colonne doriche che poggiano su basi decorate con fregi di teste di leone, meduse, trofei di guerra è attribuito ai grandi maestri antelami rinascimentali (provenienti dal comasco e dall’alta Lombardia) Giacomo della Porta e Nicolò da Corte.

Non mancano purtroppo le insensate scritte, firma indelebile dell’ignoranza di chi le ha prodotte, ad imbrattare i muri.

Sull’architrave risaltano due sinuose figure femminili adagiate su un letto di cornucopie ricche di fiori e frutti, che rappresentano le virtù. In origine le due statue reggevano lo stemma del Casato che è andato perduto.

Al primo piano le finestre con gli archi a tutto tondo sono nobilitate da tre sculture di Tritoni che sorreggono panoplie. Non si conosce con certezza l’autore di tali opere tuttavia secondo alcuni studiosi sarebbero addirittura riconducibili nientepopodimeno che al Montorsoli (chiesa di S. Matteo e relativa Criptagiardini Villa del Principe).

La Grande Bellezza…

In copertina: Palazzo Cicala. Foto di Stefano Eloggi.

Scorci di Canneto

L’origine del toponimo rimanda alla presenza dei cannicci che costeggiavano il tragitto che degradava dal Piano di S. Andrea al mare.

Fino al X secolo il Canneto segnava il confine dell’antico castrum ed era fiancheggiato dalle prime mura cittadine che proprio in quel periodo vennero ampliate per inglobare il palazzo Fieschi (futuro Ducale) e la Cattedrale.

Il budello che si immette nel ventre cittadino è tradizionale meta degli acquisti alimentari natalizi.

Numerosi sono gli spunti storici artistici che si possono cogliere in questo caruggio.

Ad esempio in questo scatto sul lato sinistro s’intravede il cinquecentesco sovrapporta del civ. 67a/r con San Giorgio che uccide il drago.

Di fronte invece si scorge il profilo del contemporaneo portale del palazzo De Franceschi al civ. 72r.

In copertina: Canneto il Lungo. Foto di Leti Gagge.

Piazza del Portello

Piazza del Portello così nominata per via della porta delle mura del XII secolo posta a quel tempo più o meno all’imbocco dell’odierna via Caffaro.

Tale Portello fu poi demolito nel 1855 insieme all’attiguo Conservatorio delle monache Interiane.

Al centro spicca sopra la galleria Giuseppe Garibaldi, aperta nel 1897 e ampliata nel 1927 la torre del Mirador che, con la sua singolare forma a minareto, impreziosisce il giardino del Palazzo Lomellino di via Garibaldi n 7

Sopra le statue di San Giorgio e San Giovanni che adornano il tunnel opera dello scultore Antonio Maraini, vi furono invece collocate nel 1930.

La Grande Bellezza…

In copertina: Piazza del Portello. Foto di Stefano Eloggi.

Vico dei Tre Re Magi

Per me che nei primi anni ’80 giocavo nei campetti di calcio di terra vico dei Tre Re Magi è un luogo del cuore.

Quegli spazi ricavati tra le macerie erano noti come i campi di San Donato ed erano frequentati dai ragazzi di Ravecca contro i quali, noi di Carignano, disputavamo interminabili sfide a pallone.

Oggi la zona è stata recuperata, i campi da gioco ristrutturati in erba sintetica, e le macerie per fortuna dal 2012 hanno lasciato spazio ai vivaci Giardini Luzzati sotto i quali resiste persino un anfiteatro romano di quasi duemila anni.

Qui è stata girata una scena del film ‘Figurine” del 1997 del regista genovese Giovanni Robbiano in cui il protagonista Alberto, un pargolo di 10 anni, è a casa di un amichetto la cui madre esercita il mestiere più antico del mondo e tra un cliente e l’altro prepara con disinvoltura la merenda.

La pellicola ambientata nella Genova del 1969 racconta, attraverso gli occhi di un bimbo con la passione delle figurine e del Genoa, le vicende private della propria famiglia nel contesto turbolento di quegli anni.

Figurine rappresenta così un colorito spaccato della doppia anima proletaria e borghese della città. Conflitti, contraddizioni, ipocrisie della società di quel periodo vengono elaborati con la dolorosa sensibilita di un bambino.

Fra gli attori Piero Natoli, Eliana Miglio, Giulio Scarpati e un gustosissimo Enzo Jannacci.

La contrada prende il nome dallo scomparso oratorio dei Re Magi. Il trecentesco edificio religioso, ristrutturato nel ‘600 fu gravemente bombardato durante la seconda guerra mondiale.

Alcuni arredi si sono salvati e sono conservati presso il Museo di S. Agostino mentre sono andati irrimediabilmente perduti gli affreschi di Lazzaro Tavarone, Luca Cambiaso e di Bernardo Castello che ne adornavano la volta.

La Grande Bellezza…

In copertina: Vico dei Tre Re Magi. Foto di Leti Gagge.

Via Chiabrera

Il caruggio intitolato al poeta savonese (1552-1638) Gabriello Chiabrera presenta diverse testimonianze storiche medievali:

al civ. n. 6r un fregio marmoreo con il trigramma di Cristo; al 13r/a un portale marmoreo con lesene ioniche scanalate ed un cartiglio muto; al 19r un portale in pietra nera del XVI sec.

Sul fronte di quest’ultimo edificio una lapide ricorda che nell’abitazione di Antonio Gavotti dal 1830 al 1832 si riunivano i cospiratori della Giovine Italia.

Al civ. n. 7 infine il lussuoso palazzo di Gio. Batta Saluzzo edificato nel 1580 a cui si accede dalla piazzetta di fronte al Palazzo Giustiniani.

La Grande Bellezza…

In copertina: Via Chiabrera. Foto di Stefano Eloggi.

Vico Salvaghi

Vico Salvaghi è uno di quei caruggi che collega Via Garibaldi con la Maddalena. Dalla strada più opulenta della città si scende nel ventre vissuto dei quartieri dove il sole del buon Dio non da i suoi raggi.

Spettacolari le tonalità pastello che svariano dal rosso mattone, al giallo ocra, al grigio pietra.

L’origine del toponimo rimanda alla popolare famiglia dei Salvago originari della Lombardia. Il cognome di questa schiatta compare già dal XII sec. costituita dall’unione delle famiglie Porci, Nepitelli e Striggiaporci: Salvaghi, in lingua genovese, Sarveghi a sottolineare il proprio rustego carattere.

Questi ultimi fondarono nel 1173 la chiesa di San Marco al Molo. Nel 1278 Michele ricoprì la carica di Podestà. Nel XIII sec. Porchetto fu un noto e apprezzato scrittore in ambito ecclesiastico. Nel 1528 formarono il ventunesimo albergo e fornirono nei secoli numerosi senatori alla patria.

La Grande Bellezza…

In copertina: Vico Salvaghi ripreso lato Via Garibaldi verso la Maddalena.