Il toponimo della fava greca trae origine da un tipo di pianta presente in un giardino in cima alla salita davanti all’archivolto che conduceva all’antico portello delle mura medievali.
Salita della Fava Greca ripresa da Ravecca. Foto di Stefano Eloggi.
Non si è certi del significato ma si ipotizza che con il termine fava greca si identificasse una diffusa tipologia di legume orientale simile alla cicerchia molto usato, a quel tempo, nelle zuppe.
Alle 14.30 del 23 giugno del 1950 Stanlio ed Ollio scesero alla stazione di Piazza Principe ed alloggiarono al Bristol Hotel.
A giudicare dall’enorme folla che aveva bloccato il traffico nell’antistante Piazza Acquaverde la popolarità dei due comici, in declino in America, qui da noi era ancora all’apice.
La sera stessa, dopo una breve esibizione sul palco, parteciparono alla proiezione in loro onore di “Fra Diavolo” in un Carlo Felice ancora dilaniato dalle bombe e stracolmo di spettatori.
Tre anni dopo fu la volta di un’altra vecchia gloria delle comiche hollywoodiane Buster Keaton ad approdare nel porto genovese.
Nelle sue “Memorie a rotta di collo”così annotava il comico, ormai sul viale del tramonto e stupito di essere stato invece riconosciuto:
«Ero sul ponte della nave e guardavo un gruppo di stivatori che lavoravano sul molo, otto metri più sotto. Uno di loro mi riconobbe, chiamò i suoi compagni e mi indicò. Subito tutto il gruppo smise di lavorare e cominciò a urlare: “Booster! Booster Keaton!”. Mi salutavano eccitati, e io li risalutai con la mano, stupito, perché dovevano essere passati più di quindici anni dall’uscita del mio ultimo film”.
Foto dei due comici in viaggio tra Sanremo e Genova, archivio Leoni
Fonte “Forse non tutti sanno che a Genova…” di Aldo Padovano.
In copertina: sfarzoso salone dell’Hotel Matignon.
Raffaele aveva ereditato il cognome dal nonno paterno doge di Genova e una cospicua fortuna dal padre Andrea.
Del prodigo mecenate ho già parlato in altre occasioni, accenno qui in breve invece al grande speculatore.
A soli 26 anni, fresco di nozze con Maria Brignole Sale, il futuro Duca di Galliera e Principe di Lucedio, nell’autunno del 1829 partì per Parigi dove fin dagli inizi seppe occupare, grazie ai suoi rapporti strettissimi con Luigi Filippo e la sua corte, un posto di rilievo nella buona società e nelle alte sfere del potere.
De Ferrari dimostrò subito enorme fiuto per gli affari, capacità relazionali fuori dal comune con l’alta finanza europea e abilità nel diversificare gli investimenti: dalle banche agli immobili, dall’edilizia alle miniere, dalle società alle ferrovie, alle attività portuali.
Fu socio fondatore di diverse banche fra le quali la Banca di Genova, quella ottomana di Istanbul e di numerosi istituti creditizi francesi, investì nelle miniere di zinco e rame, partecipò attivamente alla ristrutturazione urbanistica di Parigi finanziando la risistemazione degli degli Champs-Elysées, dell’avenue Montaigne, dei lungo senna e con gli sventramenti sulla Rive Gauche.
“Hotel Matignon”.
Ma il vero business e pallino del Duca De Ferrari furono le ferrovie. Fu infatti insieme agli Rothschild il principale promotore della messa in rotaia del nord della Francia. Ebbe in concessione, fra le altre, le linee Parigi Marsiglia e Lione Ginevra.
In Italia acquisì le ferrovie del lombardo veneto austriaco, quelle dell’Italia centrale (Emilia e Toscana), delle due riviere in Liguria e nel 1860, dopo l’unità del Paese, quelle borboniche del sud. In Spagna foraggiò inoltre la linea del norte del Paese.
A Parigi diverse proprietà testimoniano ancora oggi l’immensa potenza e ricchezza del casato:
“I luoghi parigini dei Galliera”. Mappa realizzata da Matteo Frulio.
1 Museo Galliera (odierno Museo della Moda)
2 Rue Saint Dominique (Residenza dei genitori)
3 Hotel de Matignon dimora dei duchi (attuale residenza del Primo Ministro francese)
4 Saint Philippe (fondazione per gli orfani)
5 Maison Blanche alloggio di campagna della duchessa (oggi proprietà privata e non parco pubblico come erroneamente indicato nella foto).
Quando non era difficile immaginare l’origine medievale del toponimo del vicolo…
… quando esistevano ancora gli antichi mestieri legati alle attività di bordo: arredatori navali, fabbri, costruttori di cannoni e proiettili per la Repubblica e – appunto – bottai.
È difficile osservarli: vi guizzano di continuo davanti agli occhi, corrono, si affaccendano, scorrazzano di qua e di là, si affrettano.
I vicoli verso il mare brulicano di gente, ma quelli che stanno fermi non sono genovesi, sono marinai di tutti i mari e di tutti gli oceani, piloti, capitani.
Qui una campana, là un’altra campana: Partenza! Partenza! Una parte del formicaio si dà da fare, gli uni caricano, gli altri scaricano.
Aleksandr Ivanovič Gercen noto come Herzen (1812 – 1870) filosofo russo.
Anticamente “l’erta dei sassi” – così era conosciuta la Salita- era collegata da una grandiosa scalinata con più di cento gradini con la sottostante Via dei Servi.
La “montâ” incorniciata da due muraglioni si arrampicava fino alla scomparsa chiesa di Santa Margherita della Rocchetta (detta anche “monastero della Rocca” perché costruita sulle rocce del colle di Carignano) situata poco sopra quelle che erano le Batterie di Carignano dette anche – appunto – batterie di Santa Margherita.
Qui in prossimità delle omonime mura cinquecentesche che andavano da Scalinata S. Margherita a Piazza Redoano (anch’esse cancellate dal piccone risanatore della distruzione Madre di Dio) si trovava quella che, all’incrocio fra Via Rivoli e Corso Aurelio Saffi, era chiamata piazza della Cava, il sito da cui si estraeva il materiale utile al prolungamento del molo.
Da un lato le signorili dimore di Via Mylius protette dal muraglione.
Sullo sfondo il porto e il Matitone.
Con la sua caratteristica mattonata Salita Sassi sembra un irripetibile trampolino verso il mare.
Quando Tenco posava sotto la Lanterna, sguardo triste e assorto, abito scuro in stile esistenzialista alla Jean Paul Sartre.
Nel 1967 di ritorno dal suo funerale De André compose questa straordinaria poesia per raccomandare l’amico al Signore.
Lascia che sia fiorito Signore, il suo sentiero quando a te la sua anima e al mondo la sua pelle dovrà riconsegnare quando verrà al tuo cielo là dove in pieno giorno risplendono le stelle.
Quando attraverserà l’ultimo vecchio ponte ai suicidi dirà baciandoli alla fronte venite in Paradiso là dove vado anch’io perché non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio.
Fate che giunga a Voi con le sue ossa stanche seguito da migliaia di quelle facce bianche fate che a voi ritorni fra i morti per oltraggio che al cielo ed alla terra mostrarono il coraggio.
Signori benpensanti spero non vi dispiaccia se in cielo, in mezzo ai Santi Dio, fra le sue braccia soffocherà il singhiozzo di quelle labbra smorte che all’odio e all’ignoranza preferirono la morte.
Dio di misericordia il tuo bel Paradiso lo hai fatto soprattutto per chi non ha sorriso per quelli che han vissuto con la coscienza pura l’inferno esiste solo per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno mai ti potrà indicare gli errori di noi tutti che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce che ormai canta nel vento Dio di misericordia vedrai, sarai contento.
“La nave dormiva, il mare si stendeva lontano, immenso e caliginoso, come l’immagine della vita, con la superficie scintillante e le profondità senza luce”.
Cit. Joseph Conrad scrittore e navigatore anglo polacco (1857 – 1924).