Edicola in piazza Valoria 6r.

In piazza Valoria 6r, sul retro del palazzo Crosa Vergagni, si trova una Madonna col Bambino del sec. XVI-XVII.

Si tratta di un’edicola con tabernacolo a tempietto classico e due particolari colonne in breccia verde.

Nel timpano curvo spezzato un piedistallo vuoto e un gancio rammentano la presenza di un fastigio andato perduto. Intorno labili tracce di disegni a fresco e di una volta blu protetta da un tettuccio di ardesia.

Sotto la base due testine di cherubini e sopra altrettante portalampade in ferro battuto, oggi scomparse.

Il cartiglio recita l’epigrafe: “Mater Pieratis/ Ora Pronobis”.

Sotto ancora una piccola lapide ormai danneggiata testimonia i lavori di restauro del 1820.

Al di là del reticolo è visibile ancora il dipinto.

Nei Caruggi

Carruggi. Qui, moltitudini di bambini giocano attorno a povere p… nude, o seminude che si offrono sulla soglia dei loro bassi aperti. È una prostituzione simile al piccolo commercio delle strade. Esse si vendono semplicemente, come poco lontano si vendono castagne, fichi, enormi torte dorate, farinate di ceci. Si va nella vita complicata di questi profondi sentieri come si entrerebbe nel mare, nel fondo nero di un oceano stranamente popolato.
Sensazione da novella araba. – Odori concentrati, odori ghiacciati, droghe, formaggi, caffè abbrustoliti, cacao deliziosi finemente tostati da cui s’esala amarume… – Passanti rapidi su questi marmi raschiati dallo scalpello. – Verso le alture, le stradette si arrampicano, ornandosi di passiere di mattoni e ciottoli. – Cipressi, minuscoli duomi, frati.
Cucine fragranti. – Queste torte gigantesche, farine di ceci, mescolanze, sardine all’olio, uova sode imprigionate nella pasta, torte di spinaci, fritture. – Questa cucina è antichissima.
Genova è una cava d’ardesia.

Torte e farinate. Foto di Orlando Vanni.

Cit. Paul Valery (1871 – 1945) scrittore francese.

Madonna col Bambino, Santa Caterina da Genova e San Giovannino

Al civ. n. 15 di Vico degli Indoratori si nota un medaglione marmoreo tondo che raffigura la Madonna col Bambino, Santa Caterina da Genova e San Giovannino.

La secentesca edicola, protetta da una pesante grata di ferro, è incisa in forte rilievo e in poco spazio racconta un’articolata scena: la Vergine con il braccio destro tiene in braccio il Bambinello, con quello sinistro si appoggia alla spalla di Caterina Fieschi che inginocchiata offre il suo cuore a Gesù.

Dal drappeggio, a completare il quadretto, spunta San Giovannino in posa di preghiera.

Foto di Stefano Eloggi

Vico San Pietro della Porta

Ad angolo fra Via dei Conservatori del Mare e Vico San Pietro della Porta si staglia la settecentesca edicola della Madonna della Guardia.

Dal torrione su cui è apposta si evince come quello fosse una dei tre principali varchi di fine primo millennio.

Il caruggio di San Pietro deve infatti il suo nome alla vicinanza con la porta, oggi archivolto delle Cinque Lampadi, varco facente parte delle mura del X sec.

La Grande Bellezza…

Foto di Stefano Eloggi.

Via dei Conservatori del Mare

Nel medioevo qui avevano sede i magistrati che si occupavano di dirimere le controversie marittime, dai noleggi ai naufragi, dagli atti di pirateria, ai contratti di navigazione.

Sul muro del palazzo a mare, di fronte al civ. n.5, è infatti incastonata un’antica quanto sbrecciata lapide la cui epigrafe recita:

“Avisi per L.Ill.mo MAGISTRATO DEI CONSERVATORI DEL MARE”.

Sotto era presente una nicchia contenente una cassetta in cui imbucare messaggi, lamentele e denunce in un sistema molto simile a quello dei biglietti di Calice di Palazzo Ducale.

La Grande Bellezza…

Foto di Stefano Eloggi.

San Marcellino

Piazza e Vico San Marcellino con l’omonima chiesetta del XIII sec. e il brevissimo tratto di porticato sopraelevato in Sottoripa costituiscono una preziosa quanto rara testimonianza della ripa maris che fu.

La chiesetta era il tempio gentilizio delle potenti famiglie dei Cybo e Piccamiglio.

Il porticato di pochi metri che unisce vico San Marcellino con vico del Campo è l’ultima traccia ancora oggi visibile di quella che un tempo era chiamata Sottoripa la Scura.

La contrada era così detta per via della sua sopraelevazione e per i porticati più bassi, bui e arretrati rispetto alla ripa.

Tale porzione di Sottoripa si snodava a partire da via Ponte Calvi proseguiva fino alla torre a mare di Porta dei Vacca e con un prolungamento parallelo a via Prè raggiungeva la chiesa di San Sisto.

Nella foto si intravedono i resti della loggia del XVI sec. (che fa parte del civ. n. 6 di Ponte Calvi) con finestre a doppia arcata e superbe colonne doriche.

La Grande Bellezza…

Foto di Giuseppe Rando.

Vico del Serriglio

L’origine del toponimo Serriglio si presta a diverse interpretazioni: secondo alcuni deriverebbe dalla traduzione del cognome della famiglia Lerici che in dialetto arcaico si diceva Serriggi; per altri il caruggio originario deriverebbe invece dalla sede di un piccolo recinto di animali da cortile (serriculum) o da uno sbarramento che serrava l’accesso.

Di certo la zona è stata completamente stravolta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Resta traccia di una costruzione in pietra del XII sec. con porta ogivale e una fascia di archetti frammentata dalle successive aperture di finestre il tutto sormontato da un arco con pilastri in laterizio.

Percorrendo il caruggio sul lato del ristorante si notano quattro pilastri in marmo e, sopra il civ. n. 19r, quel che rimane di una piccola edicola barocca in stucco, priva della statuetta e decorata con fastigio a motivi floreali e una conchiglia a sostegno della mensa.

In questo vicolo che fu dimora dell’abate Paolo Gerolamo Franzoni ebbe sede nel 1757 una delle tre biblioteche pubbliche cittadine, quella – appunto – franzoniana.

Foto di Danilo De Lorenzis.

Il Ratto di Persefone

Valerio Castello concepisce a metà 600 per la galleria di palazzo Balbi Senarega in Via Balbi n. 4 un’opera di stupefacente bellezza.

Il pittore sceglie di decorare l’ambiente di passaggio che raccorda le due ali del palazzo e che si affaccia sul cortile da un lato e sul giardino dall’altro, con il mito del Ratto di Persefone.

I due episodi principali, accomunati dalla presenza di carri che solcano il cielo, sono collocati alle estremità: da una parte il Rapimento di Persefone da parte di Plutone re degli Inferi, dall’altro la Caduta di Fetonte fulminato da Giove.

Nella volta riempita da oltre cinquanta personaggi impiegati nei vari episodi si distingue anche la figura di Demetra, dea della prosperità e delle messi, contraddistinta dalle spighe di grano, che si rivolge ai fratelli di Plutone, Giove e Nettuno, per ottenere la liberazione della figlia Persefone.

Attraverso le scene legate al mito di Persefone, al fecondo rinnovarsi della natura, Valerio Castello celebra la prosperità della famiglia committente dei Balbi.

Il rapimento di Persefone è infatti alla base dell’alternarsi delle stagioni, secondo la mitologia greca; Autunno ed Inverno corrispondono ai mesi in cui Persefone è prigioniera di Ade negli Inferi, Primavera ed Estate sono i sei mesi in cui si ricongiunge alla madre Demetra sulla terra, come dispose Giove a seguito delle sue suppliche.

Dall’altro lato della galleria Valerio prosegue il suo fantastico racconto rappresentando Fetonte che fu fulminato da Giove per aver tentato di guidare il Carro del Sole, e aver causato la distruzione delle messi avvicinandosi troppo alla Terra.

Complici le sapienti finte architettoniche barocche del quadraturista bolognese Andrea Seghizzi il talento di Valerio Castello, scomparso prematuramente a soli 35 anni, esplode in tutta la sua genialità.

Ed ecco allora che i carri e i protagonisti dell’affresco sembrano precipitare davvero sopra alla testa di chi osserva.

Il magistrale illusionismo prospettico con cui sono rese le figure che sembrano quasi tridimensionali crea infatti un effetto di incredibile realismo in cui i personaggi dialogano con gli spazi interni ed esterni circostanti.

Il tutto immerso in un trionfo di stucchi e colori che lasciano davvero – e non è un modo di dire – senza parole.

La grande Bellezza…