Via di Scurreria detta la Vecchia per non confonderla con la Nuova aperta nel XVI sec. per volontà della famiglia Imperiale, non era altro che l’antica via Scutaria.
Qui avevano sede le officine degli scudai sostituite poi nel tempo dalle botteghe dei setaioli, tessuto per il confezionamenti del quale i toscani erano maestri.
Non a caso la piazzetta dove oggi c’è la farmacia era nota come piazzetta dei Toscani e con lo stesso nome era identificata tutta la contrada.
In Scurreria la Vecchia era inoltre consuetudine dei mercanti toscani stendere a terra stoffe, velluti e arazzi preziosi in concomitanza del passaggio della processione del Corpus Domini.
Qui ebbe bottega anche Paolo da Novi – tintore di stoffe di professione – eletto a furor di popolo nel 1507 primo doge popolare.
Costui capeggiò la ribellione che nello stesso anno mise in fuga il governatore francese e la principale famiglia cittadina sostenitrice di Luigi XII, quella dei Fieschi.
Purtroppo per i ribelli il re i suoi seguaci in due mesi riconquistarono il potere. Il doge venne rinchiuso nella torre del Popolo, o Grimaldina che dir si voglia, e pubblicamente giustiziato per decapitazione davanti a palazzo ducale il 10 luglio 1507.
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In copertina: Scurreria la Vecchia. Foto di Stefano Eloggi.
Circa a metà della Salita San Siro che raccorda piazza del Fossatello con la chiesa, la ex cattedrale di S.Siro ci si imbatte in un sinistro cancello varcato il quale si accede all’angusto vico chiuso del Leone.
Il buio caruggio versa nel più completo degrado: fili penzolanti, depositi rifiuti, muri scrostati.
Eppure anche questo apparentemente anonimo vicolo ha la sua storia da raccontare legata in questo caso al nome dell’albergo Leon Rouge dove nel 1857 la polizia sabauda aveva attirato con l’inganno Mazzini per arrestarlo.
Costui riuscì ad evitare l’imboscata trovando rifugio e accoglienza in vico delle Monachette.
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In copertina: Vico chiuso del Leone. Foto di Roberto Crisci.
Nel cuore del centro storico, tra la zona delle Vigne e quella della Maddalena, si trovano vico e piazza della Posta Vecchia:
ingombranti impalcature, muri imbrattati, e piazza quasi deserta. Non bastano i vivaci colori delle mercanzie del bezagnino a rendere giustizia ad una piazza con attiguo caruggio dal passato ricco di storia e di vita.
In Piazza Posta Vecchia infatti, anticamente si trovavano gli uffici postali trasferiti qui nel ‘600 dalla zona di San Lorenzo, vicino alla Cattedrale.
Nel 1826 vennero spostati in Piazza Fontane Marose, quindi in Via Roma e dal 1911 nell’attuale sede, angolo Piazza Dante, di Via Boccardo.
Nella via si trovano palazzi nobiliari cinquecenteschi quali Bernardo e Giuseppe De Franchi e Paolo Giustiniani oltre a splèendidi portali come il San Giorgio che uccide il drago del civ. 12, o al civ 16, il Trionfo degli Spinola.
Al civ. n. 3 ha sede A Compagna l’associazione genovese che da un secolo (fondata nel 1923) si occupa di mantenere vive lingua, cultura e tradizioni della nostra città.
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In copertina Piazza della Posta Vecchia. Foto di Vittorio Zoppi 2018
Vico della Pece trae l’origine del suo toponimo dalla presenza in zona di laboratori legati alla corporazione dei Calafati. Costoro avevano le proprie botteghe in Vico Stoppieri e con la loro preziosa attività artigiana svolgevano l’indispensabile compito di impermeabilizzazione delle navi.
Per realizzare ciò in questo caruggio si impregnavano le fibre di canapa o stoppa di pece calda che, al fine di sigillare le fessure del fasciame, venivano interposte fra le assi di legno. Un bravo artigiano prima di ottenere il titolo di maestro calafato impiegava fino a otto lunghi anni di apprendistato.
Essendo a continuo contatto con il fuoco per riscaldare la pece gli stoppieri elessero a loro patrona Santa Tecla, la santa che secondo la tradizione uscì viva dal rogo.
I calafati avevano la cappella di loro giurisdizione nel secondo altare della navata destra della chiesa di S. Marco al Molo.
Nel 1735 commissionarono a Francesco Maria Schiaffino un sontuoso gruppo marmoreo raffigurante i SS. Nazario e Celso.
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In copertina: Vico della Pece. Foto di Stefano Eloggi.
Qui un tempo la contrada era tappezzata dagli orti di Banchi.
E’ lecito dunque pensare che l’origine del toponimo del Pomino, che per altro sfocia in Vico delle Mele, sia da ricondurre alla presenza in loco di qualche albero del succoso frutto.
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In copertina: Vico del Pomino. Foto di Giorgio Corallo.
La strategica via intitolata a Tommaso Reggio, vescovo prima di Ventimiglia e di Genova poi dal 1892 al 1901, è sede di importanti edifici legati al potere e agli intrighi della Genova medievale.
Qui infatti si trovano il cinquecentesco Palazzetto Criminale, il ponticello di collegamento tra il Palazzetto stesso e la cattedrale di San Lorenzo, la torre del Popolo, la Loggia degli Abati, una parete perimetrale di palazzo Ducale e il Museo Diocesano.
Atmosfere cupe, angoli bui, incolpevoli testimoni, come certificato dalle lapidi di infamia che vi sono affisse, di cospirazioni e congiure contro la Repubblica.
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In copertina: Via Tommaso Reggio. Foto di Stefano Eloggi.
Capo di Santa Chiara segna il confine fra due meravigliosi borghi marinari. Da una parte la famosissima Boccadasse celebrata da scrittori e cantautori, dall’altra la meno nota, ma non per questo meno affascinante, Vernazzola.
L’origine del nome di questo suggestivo borgo di uomini di mare si deve al sottostante omonimo rio, oggi completamente ricoperto.
Le case color pastello dei pescatori, le società sportive di canottaggio e pesca, i gozzi ricoverati a secco sulla spiaggia affollata di bagnanti, rendono ancora oggi il borgo assai vivace e vissuto.
Anticamente la partenza da qui della creuza per Bavari caratterizzava Vernazzola come un luogo aperto verso il mare, di transito e di passaggio.
Inoltre per fornire assistenza ai viandanti vi era anche un monastero di frati Domenicani.
Anche Capo di Santa Chiara, il cui nome rimanda alla presenza di un piccolo convento di agostiniane scalze, un tempo era noto come Capo di Vernazzola e costituiva propaggine naturale – appunto – di Vernazzola.
Le intitolazioni delle creuze che dal capo si diramano in direzione di Vernazzola furono scelte dal sindaco di San Francesco d’Albaro quando nel 1874 Sturla venne annessa amministrativamente a Genova.
I nomi di tali caruggi: Argonauti, Tritone, Giasone, Icaro, Urania rivendicano, attingendo alla mitologia classica, l’inequivocabile vocazione del borgo.
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In copertina: il borgo di Vernazzola. Foto di Stefano Eloggi.
Scalinata del Laberinto, o del Labirinto che dir si voglia, costituisce singolare quanto caratteristico varco fra le millenarie, nel corso dei secoli poi più volte risistemate, mura delle Grazie.
Nomen omen visto che l’accesso nel dedalo dei caruggi ancora oggi da l’impressione, per chi non è pratico, di un vero e proprio intricato labirinto.
Secondo gli storici ottocenteschi visto che la zona era battuta dalle prostitute, un toponimo dalla genesi moraleggiante e quindi un labirinto di perdizione.
Vi si accede percorrendo Vico di Santa Croce e Salita della Seta. Lo stretto colpo d’occhio all’orizzonte di squarci di azzurro del mare, un tempo era riempito dalle navi mercantili, oggi dalle gigantesche fusoliere delle grandi navi da crociera.
Nel 1974 vi furono girate alcune scene del poliziesco “Genova si ribella” con protagonista Franco Nero.
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In copertina: Scalinata del Laberinto. Foto di Stefano Eloggi.
Al civ. n. 27, a fianco del portoncino che introduce al chiostro con l’orto del convento di Santa Maria di Castello, si nota in alto un’elegante edicola di Madonna con Bambino.
Il semplice quanto essenziale tabernacolo in stucco quasi a filo col muro contiene, protetta da un’invadente inferriata, una moderna statua in ceramica della Vergine.
Il cartiglio posto alla base riporta l’epigrafe:
“Mentre passi o Fedel per questa via / Mira Tua Madre e Dille Ave Maria.
Foto di Giuliana Capoferri
L’ambiente essenziale e austero proietta in un baleno il visitatore indietro di quasi nove secoli in un luogo mistico e magico al contempo.
La chiesa inferiore della Commenda di San Giovanni mantiene vivo il suo innegabile fascino e costituisce quinta assai scenografica nel racconto dei cavalieri gerosolimitani che qui avevano dimora.
Sotto gli archi delle volte a crociera s’intravvedono ancora, sbiaditi dal tempo, gli antichi affreschi di influsso bizantino.
Camminando invece sulla pavimentazione originale del XI secolo pare ancora di ascoltare il calpestio e lo sferragliare di spade e armature dei crociati di Testa di Maglio.
Qui nella suggestiva cappella di Santa Margherita pregavano i pellegrini in partenza per la Terra Santa.
Sulla parete della navata di sinistra si possono ammirare infine i resti della cappella di Sant’Ugo con il ciclo di piccoli affreschi che ne raccontano vita e miracoli.
In copertina: chiesa inferiore di San Giovanni di Pre’. Foto di Stefano Eloggi.