Via delle Grazie

In via delle Grazie al congiungimento con via delle Camelie si passa sotto un archivolto in pietra che un tempo era parte di una loggia.

Ne sono inconfutabile testimonianza, seppur in pessimo stato di conservazione, due colonne in conci bicromi con capitelli cubici intarsiati a grappoli d’uva e cordonati.

Era questa l’antica via – detta appunto delle Grazie – che, svoltando sotto l’archivolto, conduceva al santuario delle Grazie meta dei pellegrinaggi dei marinai che vi chiedevano protezione.

All’angolo si notano ancora i resti di un’edicola in pietra contenente un dipinto raffigurante la Madonna delle Grazie oggi ormai illeggibile.

A fianco dell’archivolto spicca l’insegna della Bottega del Conte un locale assai particolare, oggi quasi un caffè museo, che ospitava in passato una bottega di alimentari.

All’ingresso del piano strada c’è una vasca in marmo dove veniva conservato lo stoccafisso. Scendendo i due piani sotterranei attraverso ambienti i pietra e laterizio si accede infine alle cantine e alle antiche cisterne.

La Grande Bellezza…

In copertina: Via delle Grazie. Foto di Francesco Auteri.

Nostra Signora delle Grazie

All’esterno della loggia, lato via Banchi all’angolo con piazza Senarega, è affisso un bassorilievo del XVI-XVII sec. della Madonna delle Grazie.

L’ovale marmoreo della Madonna è inserito in un tempietto decorato.

La Vergine e il Bambino siedono sulle nuvole e sotto si essi un nugolo di anime imploranti del Purgatorio.

Sotto la mensa l’epigrafe incisa recita Nostra Signora delle Grazie.

In copertina: Nostra Signora delle Grazie. Foto di Giovanni Caciagli.

L’Annunciazione dei Francescani

All’inizio di Via Balbi, proprio sul retro del lato sinistro della chiesa dell’Annunziata, si trova una minuscola piazzetta con l’accesso al Convento Francescano.

L’imponente portone dell’edificio è sovrastato sul timpano spezzato da un’elegante edicola rettangolare.

Primo piano dell’Annunciazione.

La scena raffigurata è quella classica con la Vergine inginocchiata che riceve dell’arcangelo Gabriele la buona novella.

Sul trave del portale un cherubino alato con sotto un rilievo con due braccia incrociate.

Piazzetta dei Maruffo

Dietro la chiesa di San Giorgio la piazzetta dei Maruffo rivendica il suo spazio lottando per un briciolo di sole.

I Maruffo o Maruffi erano originari dello spezzino e avevano importanti possedimenti a Sestri Levante.

Dopo il 1100 si trasferirono nel ponente genovese (Voltri, Rivarolo, Coronata) e si distinsero nelle guerre contro Pisa Venezia.

In virtù del prestigio conquistato, acquisirono proprietà anche nel centro storico. Ne sono ulteriore testimonianza il palazzo nobiliare in Canneto e, soprattutto, la poderosa torre eretta nel XIII sec. Persino l’Archivolto Baliano che comunica con Piazza Matteotti, un tempo era chiamato dei Maruffi.

La Grande Bellezza…

In copertina: Piazzetta dei Maruffo. Foto di Stefano Eloggi.

Edicola in via Galata 25

Anticamente via Galata, prima di essere intitolata in onore del quartiere genovese di Istanbul, era nota come “creuza magra” e collegava il convento di Nostra Donna del Rifugio (attuale piazza Brignole) con le pendici del colle di Carignano.

La direttrice inglobava a quel tempo anche l’odierna via Cesarea nel tratto dove sorgeva il grande edificio del manicomio costruito nel 1830 e demolito, a fine secolo, in occasione della costruzione di via XX Settembre.

Al civ. n. 25 di via Galata si trova uno splendido medaglione marmoreo settecentesco di autore ignoto.

Nel tondo è scolpita a rilievo una raffinata rappresentazione di Madonna col Bambino.

In copertina: medaglione di via Galata 25. Foto di Franco Risso.

Janua

È importante sottolineare il luogo natio, la propria terra, il proprio mare. E allora questa aspirazione ha lo stesso nome della città. Addirittura Janua, dicono gli studiosi, significa porta, e la città di Dio significa una porta aperta. Il porto stesso è fatto di due grandi braccia che si allargano. Il porto accoglie tutte le navi, tutte le culture, tutte le merci, scambio di merci e di persone. […] Io vedevo arrivare in porto, ancora prima della guerra mondiale, marittimi da tutto il mondo, e mi si apriva il cuore. I primi vu cumprà di Genova erano cinesi, e nessuno li osteggiava. Passavano sulla spiaggia con delle valigione e ripetevano solo «cravatte, cravatte». Erano famosi: «Una lila, due lile».

Cit. Don Andrea Gallo. Prete di strada (1928-2013).

In copertina: il Porto Antico e la Lanterna. Foto di Leti Gagge.

Piazzetta di San Giovanni il Vecchio

Sul lato sinistro della cattedrale si apre proprio davanti all’omonimo portale la minuscola quanto graziosa piazzetta di San Giovanni il Vecchio.

L’entrata in chiesa da questo lato è chiusa da una modesta cancellata che impedisce di godere appieno dei curiosi fregi che adornano l’ingresso.

Secondo la tradizione cristiana la parte sinistra dell’edificio rappresentava la componente oscurata del creato. Si spiegherebbero così le creature mostruose che lo decorano.

Sulla porta di accesso al Battistero invece si può ammirare, quasi dimenticato dai pedoni assorti nel loro vorticoso andirivieni in via San Lorenzo, il cinquecentesco rilievo con il Battesimo di Gesù.

Il prezioso manufatto è attribuito al magistrale scalpello di Niccolò da Corte.

In copertina: Piazzetta di San Giovanni il Vecchio. Foto di Giovanni Caciagli.

La Grande Bellezza…

Quando c’erano Borgo Lanaiuoli, dei Servi, della Madre di Dio, della Marina…

Sotto lo sguardo vigile della Basilica di Carignano il Borgo dei Lanaiuoli, ormai ridotto rispetto alle sue originarie dimensioni dalla costruzione della moderna piazza Dante, si mostra in tutta la sua struggente bellezza.

Quando nel millenario borgo c’era ancora la casa che aveva visto nascere il 27 ottobre del 1782 Niccolò Paganini.

Il percorso si snodava sul tracciato del sottostante Rivotorbido e partiva a monte da Piazza Ponticello in direzione mare prendendo il nome di Lanaiuoli dall’antica presenza delle botteghe dei Tessitori.

La contrada dei Lanaiuoli, insieme a quelle dei Servi, della Madre di Dio e della Marina, costituiva quello che genericamente veniva indicato come il quartiere della Madre di Dio.

Il territorio dei Servi doveva il suo toponimo all’omonima trecentesca chiesa, oggi distrutta e ricostruita alla Foce, di Santa Maria dei Servi.

L’antica chiesa sul retro della quale vicino al campanile s’inerpicava Via Fieschi, è riconoscibile sulla parte sinistra della cartolina.

Proseguendo fuori campo via dei Servi nel tratto finale mutava, dal nome della secentesca chiesa con annesso convento, intestazione in Madre di Dio.

La chiesa, attuale biblioteca Franzoniana, esiste ancora oggi dimenticata sotto il Ponte di Carignano.

Il tracciato si concludeva in piazza Redoano alla Marina fra le omonime mura e il retro dell’Albergo Popolare.

L’anno è il 1935, 37 anni dopo sarebbe iniziata l’inopinata demolizione perpetrata dagli architetti Dasso, Bruzzone e Gae Aulenti.

Madonna in Trono in Via Lomellini n. 5

In Via Lomellini n. 5 si ammira l’elegante accessi di palazzo Centurione Cambiaso.

Il portale a lesene lisce è caratterizzato da due elmi e da una un grande scudo con stemma abraso.

Sul timpano spezzato si trova una splendida edicola secentesca nota come Madonna in Trono.

Il tabernacolo rettangolare ospita la Vergine seduta mentre regge il bambino in piedi.

Sotto la trave l’epigrafe Svb Tvvm Presidivm.

In copertina: Portale di Via Lomellini 5. Foto di Leti Gagge.

Oratorio delle Cinque Piaghe

L’Oratorio di San Tommaso era in origine attiguo all’omonima chiesa di Principe e vicino all’ospedale di San Lazzaro.

Nel 1536 venne spostato in Piazza della Nunziata accanto alla chiesa dell’Annunziata.

Nel 1618, con la ristrutturazione e l’ampliamento dell’Annunziata si rese necessario abbatterlo. L’oratorio venne così definitivamente trasferito in Via delle Fontane 36a/r dove si trova tuttora.

Stretto fra i palazzi adiacenti resiste infatti quel che resta della versione secentesca finanziata dalla nobile e ricca famiglia dei Lomellini.

L’edificio dal 1829 venne identificato anche, dal nome della Confraternita che vi aveva sede, come Oratorio delle Cinque Piaghe.

Tale congregazione si occupava di assistere gli infermi.

Dietro un anonimo e trascurato prospetto si nasconde un sito di ragguardevoli dimensioni, seppur depredato della quadreria in epoca napoleonica, ricco di stucchi e statue.

Primo piano dei resti del dipinto.

Sulla facciata una grande edicola vuota che, s’intuisce, conteneva un tempo un dipinto a fresco oggi scomparso.

Sbirciando nel cortiletto protetto da un cancello si incontrano il dipinto a fresco sulla lunetta della porta, della Madonna Assunta e una statua mutila del braccio destro, di San Tommaso.