Massacan

Intorno all’origine del termine genovese massacan che significa muratore in italiano, nel corso dei secoli sono fiorite diverse leggende.

Ad esempio quella legata al magico luogo di Campopisano che ha fornito spunto per una colorita spiegazione secondo la quale i Nobili genovesi portavano i loro figli a guardare i prigionieri ivi alloggiati mentre faticavano e, indicandoli dicevano con disprezzo:”Mia sta massa de can” (Guarda questa massa di cani).

D’altra parte che tra i due popoli non corresse buon sangue è testimoniato dal vecchio adagio che recita:

“Meglio un morto in casa che un pisano all’uscio”.

Altre fonti raccontano invece di un attacco turco alla città nel ‘500 sventato dalla prontezza e dal coraggio degli operai che stavano lavorando alla costruzione di porta Siberia, o meglio, del Molo.

Costoro avvistarono i saraceni all’orizzonte e al grido di “massa i can” (ammazza i cani) saltarono sulle galee e li respinsero.

Secondo i glottologi invece queste sono solo fantasiose ipotesi perché l’origine della parola, per la prima volta citata nel 1178 in relazione ad un tal Anrico Maçacano, magister antelamo savonese (cioè tagliapietre) che esercitava tale professione, risale all’etimo diffuso anche in altre lingue e dialetti con il significato di “ciottolo, pietra arrotondata” della quale ci si serviva per scacciare (ed eventualmente ammazzare) i cani molesti.

Da qui il passaggio a “sasso” in genere, poi a “pietra da costruzione” e infine, per estensione, nell’area ligure a “muratore”.

Se già in alcuni documenti savonesi nel 1272-1273 il termine significava “pietra da costruzione”, lo si trova per la prima volta in volgare genovese nel 1471 e poi nel 1475 legato ai magistri antelami che operavano a Caffa in Crimea.

(Piccolo dizionario etimologico ligure” del Prof Fiorenzo Toso ed. Zona 2015).

In Copertina: Cantiere medievale.
Bibbia Maciejowski. Immagine tratta da historiemedievali.blogspot.com

Vico Fumo

Ignota l’origine del toponimo di vico del Fumo, si sa soltanto che è molto antico. E’ un vicoletto di pochi metri situato tra il muro esterno della chiesa di S.Giorgio ed il palazzo di Grillo Cattaneo.

Quella che si intravede al centro dello scatto è un lato della chiesa, dedicata al martire Pisano, di San Torpete.

Sulla destra invece attraverso una porticina lungo il muro perimetrale della chiesa intitolata al protettore militare genovese si accede ad un singolare appartamento che, disposto su più livelli in un labirintico percorso, presenta dei vani completamente curvilinei a seguire il profilo della cupola.

In Copertina: Vico del Fumo. Foto di Giovanni Cogorno.

Vico Squarciafico

Passando da vico Ragazzi a piazza delle Scuole Pie si incontra vico Squarciafico.

L’origine del toponimo rimanda alla nobile omonima famiglia proveniente attorno al 1100 dalla Germania che qui aveva le proprie dimore.

Se “questi muri potessero parlare” -come cantavano De André e Baccini- racconterebbero storie di ambasciatori, ammiragli e poeti:
il primo Squarciafico di cui si ha notizia fu Oberto che nel 1169 combattè fra le file dei lucchesi e nel 1188 fece parte della delegazione incaricata di trattare la pace con i pisani; sempre a proposito di pisani un tal Montanaro nel 1283 fu capitano di nove galee schierate contro i toscani; nel 1361 Oberto fu signore, prima di cederle alla Repubblica di Genova, di Ceriana e Sanremo; Antonio nel 1386 fu ambasciatore presso il re di Aragona e Clemente nel 1428 fu presente nelle trattative imbastite con il re Alfonso; nel 1459 all’ammiraglio Oberto venne affidato il compito di difendere la roccaforte di Bonifacio in Corsica; nel 1580 Oberto fu investito del titolo di Marchese di Galabarca nel Regno di Napoli; Gio Batta nel 1605 fu senatore della Repubblica e nel secolo XVII Vincenzo fu un letterato di discreto successo.

Dopo la riforma del 1528, gli Squarciafico chee nel 1414 formavano già un loro Albergo, confluirono in quello dei Cicala.

In Copertina: Vico Squarciafico. Foto di Giovanni Cogorno.

Madonna della Misericordia in via San Vincenzo 50

Al civ. n. 50 di via San Vincenzo è collocata l’edicola della Madonna della Misericordia.

La scena rappresentata è quella classica dell’immagine della Vergine che appare all’inginocchiato Beato Botta.

Alla base della semplice nicchia, come minimale decoro, compare un cherubino alato e due riccioli.

In Copertina: la Madonna della Misericordia in Via San Vincenzo 50. Foto di Giovanni Caciagli.

Vico della Cittadella

Tra via Balbi a salita S.Brigida si incontra vico della Cittadella.
Il toponimo del caruggio, oggi assai trascurato, trae origine dalla particolare conformazione fortificata assunta dalla zona dopo l’erezione delle mura nel XV sec.

Questa nuova cinta muraria ebbe un importante ruolo difensivo fino al XVII secolo quando, con la costruzione delle mura nuove del 1632 che ampliarono significativamente il loro perimetro, perse d’importanza.

Da una relazione del 1606 del Senato della repubblica emerge infatti la preoccupazione per l’apertura di cancelli per dare una uscita alle vicine salite.

In Copertina: Vico della Cittadella. Foto di Alessandra Illiberi Anna

Vico Gatti

Vico dei Gatti è una traversa, oggi chiusa, di via Lomellini testimone dell’antico amore dei genovesi per i felini.

“Genova, città dei gatti. Angoli neri.
Si assiste alla sua ininterrotta costruzione dal tredicesimo al ventesimo secolo.
Questa città tutta visibile e presente a se stessa; in persistente familiarità con il suo mare, la sua roccia, la sua ardesia, i suoi mattoni, i suoi marmi; in lavorio perpetuo contro la sua montagna. – Americana dopo Colombo.
Noia ineffabile delle cose d’arte – assente a Genova”.

Cit. Paul Valery Paul Valery scrittore francese (1871 – 1945).

In Copertina: Vico dei Gatti. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.

Vico del Papa

Nel quartiere della Maddalena da Piazzetta Cambiaso si snoda il vico del Papa.

L’origine del toponimo nulla ha a che vedere con sua Santità e infatti si fa risalire alla presenza in loco, in epoca medievale, di un’antica taverna chiamata -appunto- del Papa.

Nel caruggio è possibile ammirare una splendida settecentesca edicola che raffigura la Madonna con Bambino e San Giovannino.

In Copertina: Vico del Papa. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.

Piazza Senarega

A pochi passi da via degli Orefici e via Banchi si trova la graziosa piazza Senarega.

Il toponimo del sito trae origine dal nome dell’omonima nobile famiglia originaria della Valle Scrivia.

Protagonista assoluto della piazzetta è il lussuoso palazzo, edificato attorno al 1590, di Gio. Batta Senarega.

Alle vicende dell’edificio è legata la macabra leggenda secondo la quale si può scorgere, a mezzogiorno in punto, una giovane dama affacciarsi dalla finestra e vederla spiccare il volo tenendo in mano un fagotto.
Superato l’attimo di incredulità si può notare come il presunto fagotto sia in realtà il suo capo mozzato opera del suo geloso amante.

In Copertina: Piazza Senarega. Foto di Giovanni Cogorno.

Via degli Orefici

Via degli Orefici è un caruggio che, seguendo l’andamento del sottostante rio che scende da Soziglia, si arrampica fino a Campetto.

Tutta la contrada, come testimoniato dai vicini toponimi (Scudai, Indoratori e Campus Fabrorum), era sede già da prima del 1200 delle attività legate alla lavorazione dei metalli.

In questo contesto spicca proprio il Caroggio dei Fraveghi, come era chiamata nel Medioevo, la strada dei fabbri e degli orafi, ovvero degli artigiani specializzati nella lavorazione di oro e argento.

In Via degli Orefici meritano menzione al civ. n.7 il Palazzo di Gio. Batta Spinola con il suo strepitoso portale attribuito a G. Della Porta decorato con le Fatiche di Ercole; al civ. n.8 la Madonna degli Orefici il famoso dipinto della Vergine, commissionato dalla Corporazione degli Orefici al maestro Pellegro Piola, fratello del più celebre Dimenico; al civ. 47r sopra una storica armeria il quattrocentesco sovrapporta con L’Adorazione dei Magi, nota ai genovesi come “Il Presepe”, eseguito da Elia e Giovanni Gagini.

In Copertina: Via degli Orefici. Foto di Giovanni Cogorno.