Fritto Misto alla Genovese

Il fritto misto alla genovese è una pietanza completa a base di ortaggi di stagione (patate, carciofi, carote, zucchini, fiori di zucca, cavolfiore, funghi, scorzena), frattaglie (fegato, cervello coratella), carne (fettine di vitello e costolette di agnello), frisceu (lattuga, cipolla e salvia), mele e latte brusco, oggi più frequentemente sostituito dal latte dolce, fritti rigorosamente in olio di oliva.  

Ricetta tratta da La cuciniera genovese, con sottotitolo La Vera Maniera di cucinare alla genovese, di G.B Ratto del 1863”. L’immagine della foto è ovviamente una recente ristampa.

Imperdibili con gli ingredienti sopra citati sono gli stecchi (spiedini) e le negie (ostie) le due preparazioni più caratterizzanti del piatto.

Una ricetta talmente consolidata nella nostra tradizione che il Ratto, raccomandandola a stomaci forti, ritiene opportuno descriverla in non più di tre righe.

In Copertina: Fritto Misto alla Genovese realizzato dalla Trattoria “Settembrin” di Carasco. Foto di Maurizio Romeo.

Archivolto di S. Giovanni il Vecchio

Ecco un classico esempio dei magici e suggestivi scorci che solo Genova sa regalare a chi ha voglia di esplorare la Superba al di fuori delle solite inflazionate direttrici.

Tra piazza San Giovanni il Vecchio e via Tomnaso Reggio l’archivolto funge da finestra su un mondo incantato dove sembra di essere ancora in pieno Medioevo.

In Copertina: Archivolto di San Giovanni il Vecchio. Foto di Giovanni Cogorno.

Edicola sotto archivolto di via dei Giustiniani 9

Sotto l’archivolto di via dei Giustiniani n. 9 si trova un imponente tabernacolo che originariamente conteneva una settecentesca Madonna con Bambino e Angeli.

Al posto della statua andata trafugata o persa è stato inserito un medaglione tondo con il volto di Gesù.

Purtroppo l’edicola, nonostante i brani colorati ne lascino intravedere l’antico splendore, versa nel più completo abbandono.

O Læte doçe. (Il Latte dolce).

Alzi la mano chi, quando arriva in tavola il fritto misto alla genovese, non va subito a cercare il latte dolce anticipando i commensali per paura che finisca?

Con il suo gusto inconfondibile il latte dolce ci riporta indietro nel tempo ad una cucina antica semplice e golosa.

Una coccola di cui noi genovesi non possiamo proprio fare a meno.

Le frittelle di crema come le chiama il Ratto nella sua “Cuciniera genovese” sono infatti per me un piacere irrinunciabile.

In realtà nel fritto misto di terra sopra citato preparato in tutta la Liguria andrebbe il latte brusco (il latte dolce sarebbe dunque eventualmente in aggiunta) che, pur essendo molto simile, differisce rispetto al latte dolce sia nella preparazione (dosaggio ingredienti più leggero) che nella sapidità, (essendo con prezzemolo e cipollina una portata salata).

“Ricetta tratta da La cuciniera genovese, con sottotitolo La Vera Maniera di cucinare alla genovese, di G.B Ratto del 1863”. L’immagine della foto è ovviamente una recente ristampa.

Palazzo del San Giorgio.

Anche se per la toponomastica di Sampierdarena risulta al civ. n. 14 di via Bottego il Palazzo detto del San Giorgio si trova in via Cantore.

L’edificio fu costruito nel 1926 con duplice ingresso: uno sul fianco a levante ed un altro speculare a ponente.

Quest’ultimo corrisponde al civ 3 di via Chiesa delle Grazie.

Qui sulla facciata, all’altezza del 5° piano, centrale, si nota una gigantesca statua di san Giorgio che uccide il drago.

Sotto la scultura in un imponente riquadro sono riportati i celebri versi di Giosuè Carducci: “Io vo vedere il cavalier de’ santi, il santo io vo veder de’ cavalieri“ (la stessa dedica è apposta sotto l’affresco del santo nel cortile di palazzo San Giorgio).

La citazione è tratta dal 7° ed 8° verso del sonetto XIV delle Rime Nuove  scritte nel 1886 col titolo originale di “Ripassando per Firenze” e poi pubblicato col titolo definitivo “San Giorgio di Donatello”.

Presente l’effigie di San Giorgio, a completare i simboli storici di Genova, non poteva mancare nel cartiglio sottostante l’immagine del Grifone.

Prima della costruzione di Via Cantore quel tratto di via era intitolato proprio al poeta toscano perché era stato fra gli intellettuali che nel 1889 si era battuto per la salvaguardia del Palazzo San Giorgio che rischiava invece di essere abbattuto in nome della modernità.

Per l’occasione Carducci scrisse una poesia intitolata appunto “Palazzo di san Giorgio” rimasta un frammento, pubblicato come “aggiunta” alle “Odi Barbare – Rime e ritmi”:

Palazzo san Giorgio – aggiunta di poesie – XVII – luglio 1889.

   «Stava su gli archi vigile vindice

   «il grifio: sotto l’artiglio ferreo

   «la lupa anelava, parea

   «l’aquila stridere, franta l’ale.

   «tale i nemici di Genova infrangere

   «usa: diceva la scritta…

Il futuro premio Nobel per la Letteratura – a spiegarlo è egli stesso in un appunto autografo – usa volutamente il termine “grifio” come simbolo di Genova che preme un’aquila stemma dell’imperatore Federico, ed una lupa stemma di Pisa.

Chiaro il riferimento al secolare e glorioso motto di guerra della Repubblica “Griphus ut has angit sic hostes Ianua frangit” secondo il quale il Grifone artiglia con una zampa l’aquila e con l’altra la volpe (l’illustre letterato si era dunque confuso scambiando la volpe con la lupa).

Per questo in suo onore, a tramandarne memoria, sul palazzo sono stati trascritti i suoi versi.

In Copertina: Palazzo del San Giorgio a Sampierdarena.

Vico del Cioccolatte

Nel quartiere del Carmine numerosi sono i toponimi che rimandano all’antica vocazione pasticcera della zona.

È questo ad esempio il caso del vico del Cioccolatte dove avevano sede nel ‘600 i laboratori dei maestri cioccolatai.

Nel caratteristico caruggio si incontrano i resti di una cornice che conteneva un monumentale dipinto. Osservando l’intonaco scrostato si possono notare ancora tracce del profilo di una Madonna con Bambino attorniata da altri non identificati personaggi.

In Copertina: Vico del Cioccolatte. Foto di Franco Risso

A Lanterna de Zena

A Lanterna de Zena  l’è fæta a trei canti, 
Maria co-i guanti lasciæla passà.
A tr’öue de nêutte e tutti l’han vista
a fava a fiorista vestîa da mainâ.
Cattæghe ‘na roba, cattæghe ûn frexetto
cattæghe ûn ometto, pe fâla ballâ.

La Lanterna di Genova è fatta a tre angoli,                                
Maria con i guanti lasciatela passare.
Lavora di notte e tutti l’han vista 
faceva la fiorista vestita da marinaio.
Compratele un vestito, compratele un nastro
trovatele un ometto, per farla ballare.

Questa antica filastrocca popolare del ‘700 testimonia come da qualunque punto la si guardasse, la Lanterna mostrasse sempre tre lati.

In Copertina: La Lanterna di Genova. Foto di Antonio Corrado.

Piazza Macelli di Soziglia

In questa piazza dove le palazzate colorate si arrampicano le une sulle altre alla ricerca di un posto al sole, non servono spiegazioni, bisogna solo ascoltare i suoni mediterranei delle parlate ed ammirare i vivaci colori che i besagnini dipingono sui loro banchi, mischiati a quelli argentei pennellati dai pescivendoli.

Infine occorre abbandonarsi, “In quell’aria carica di sale, gonfia di odori “ cantava Faber, agli invitanti aromi provenienti delle botteghe e respirare… Genova.

Genova febbraio 2016.

In Copertina: Piazza dei Macelli di Soziglia. Foto di Stefano Eloggi.

Mercanti

‘La città pullula di ricchi mercanti che viaggiano per terra e per mare e si avventurano in imprese facili e difficili.

I genovesi, dotati di un naviglio formidabile, sono esperti nelle insidie della guerra e nelle arti del governo; tra tutte le genti latine sono quelle che godono di maggior prestigio.

Cit Muhammad al-Idrisi (1099-1164) geografo e viaggiatore arabo.

In Copertina: il porto di Acri assediato nel 1291 dai Mamelucchi, miniatura dal trattato di Cocharelli “Sui Sette vizi capitali”. Genova 1330-1340.