Nel tentativo di sovvertire il potere e l’influenza spagnola del Doria, Gian Luigi Fieschi orchestra il colpo di mano che però, non va a buon fine.
Egli, passando da una galea all’altra cade in mare e muore, causa la pesante armatura, annegato.
Muore anche Giannettino Doria, nipote prediletto ed erede designato dell’Ammiraglio, accorso per sedare i tumulti, colpito forse da un colpo d’archibugio in uno scontro a fuoco presso la Porta di San Tommaso.
Andrea mette in salvo i familiari presso il Castello degli Spinola a Masone e, una volta ripristinato l’ordine, rientra in città.
Il dolore per la perdita del nipote è pari all’atroce vendetta che ordisce, ponderata e tremenda, in un paio d’anni.
Espugna e rade al suolo il Castello di Montoggio, uccide tutti i maschi della famiglia, cancella il celebre palazzo di S. Maria in Via Lata (riconosciuto unanimemente come la più lussuosa dimora cittadina), ne confisca tutti i beni, una parte tenendola per sé, una parte per gli Spagnoli e una parte per la Repubblica.
Giustizia anche Pier Luigi Farnese, duca di Parma e Piacenza mente occulta della rivolta, alleato papale dei Fieschi.
Intanto in Spagna Carlo v, preoccupato per l’accaduto, temendo che Doria non abbia più in mano la situazione e che Genova possa passare in mano francese, invia un proprio presidio militare.
L’Ammiraglio non lascia passare gli ispanici e invia Adamo Centurione, il banchiere più ricco d’Europa, a Madrid per rassicurare l’Imperatore che, convinto, ritira le truppe.
“Io che permetto a tutto il mondo cristiano di navigar sereno e alla Spagna di primeggiar credi che non sappia governare la mia città?” … queste, piu o meno, furono le parole dettate dall’ammiraglio.
Andrea Doria continua le sue imprese marinare conquistando nel 1550 la Tunisia, anno in cui muore Peretta, la sua sposa, e riprendendo la caccia a Dragut.
Negli anni successivi sconfigge i francesi in più occasioni e doma le rivolte della Corsica
Allontana dalle coste napoletane le galee di Dragut ma, in una battaglia, all’altezza di Ponza subisce la grave perdita di sette galee e ripara,a stento, nel capoluogo partenopeo.
Nel 1556 a 89 anni suonati, terminata la sua ultima missione, ritorna a Genova dove affida il comando della flotta imperiale al nipote Gian Andrea, ammiraglio del nuovo Re di Spagna Filippo II, subentrato nel frattempo a Carlo V.
Nel 1559 ottiene, con la pace di Cateau Cambresis, che la Corsica, abbandonata dai Turchi sconfitti, sia restituita al Banco di S. Giorgio e che i francesi lascino l’isola.
L’anno successivo assiste impotente alla sconfitta del nipote da parte di Dragut, in quel di Gerba, disfatta che permette ai Turchi di consolidare il proprio dominio nel Mediterraneo.
A quasi 94 anni Andrea, corroso dai dolori e dalle recenti delusioni, si spegne nel suo palazzo.