L’origine del toponimo del caruggio è sconosciuta. Tuttavia gli esperti concordano sulla tesi che la genesi di vico Stella non sia da confondersi con quella dell’omonima piazza legata invece al nome della nobile famiglia degli Stella.
Gli Stella furono infatti notai e storiografi e annoverarono fra le loro fila Giorgio e Giovanni due importantissimi annalisti continuatori dell’opera del Caffaro.
Curioso poi il fatto che in Ravecca esistesse un caruggio con quasi identica intestazione. L’odierno vico delle Fate infatti fino al 1868 era registrato anch’esso come Vico della Stella.
In Copertina: Vico Stella. Foto di Stefano Eloggi.
Nel cristianesimo occidentale il lunedì dell’Angelo è il secondo giorno dell’Ottava (settimana) di Pasqua, e nel cristianesimo orientale è anche il secondo giorno della settimana luminosa.
Prende il nome dal fatto che in questo giorno si ricorda la manifestazione dell’angelo alle donne giunte al sepolcro.
Secondo il Vangelo infatti (Matteo 28:1-10) le donne si recarono al sepolcro di Gesù dopo la sua morte. Una volta giunte sul posto, non trovarono il corpo del Signore ma un Angelo che le aspettava. In quel momento le donne ricevettero la grande notizia con le parole dell’Angelo:
“Non abbiate paura, voi! So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dove era deposto. Presto, andate a dire ai suoi discepoli: È risuscitato dai morti, e ora vi precede in Galilea; là lo vedrete. Ecco, io ve l’ho detto.”
In Liguria l’espressione “lunedì dell’Angelo” è ormai tradizionale anche se non appartiene al calendario liturgico canonico della Chiesa cattolica, il quale lo indica come lunedì fra l’Ottava di Pasqua, alla stessa stregua degli altri giorni dell’ottava settimana (martedì, mercoledì ecc.).
Il lunedì dell’Angelo quindi non è giorno di precetto per i cattolici ed è diventata nel tempo un’abituale festa civile ottima occasione per scampagnate, pic nic e gite fuori porta.
Così al suono rituale delle campane a festa per la Resurrezione si è sostituito lo scoppiettare profano delle braci dei barbecues.
In Copertina: Giovan Battista Gaulli detto Baciccio (attribuito), Le tre Marie al sepolcro.
Vico dello Zucchero insieme a vico del Cioccolatte e vico della Fragola fa parte di quel gruppo di caruggi del quartiere del Carmine che ne testimoniano l’antica vocazione pasticcera.
In proposito nella sua opera sulle strade di Genova lo storico Federico Donaver con prosaico ottocentesco stile annota:
”Poco distante havvi il vico del cioccolatte e quindi fù creduto opportuno denominare questo dalla dolce sostanza che fa quello più gradevole; siamo del resto nel genere coloniale in cui i genovesi largamente commerciarono.”
In Copertina: Verticale di Vico dello Zucchero. Foto di Stefano Eloggi.
Da Piazza del Carmine si snoda la tortuosa salita di Carbonara che segue il percorso dell’omonimo sottostante rio, un tempo fonte inesauribile di acque per gli orti e le fasce vicine.
La caratteristica principale della salita è la presenza di case con brani di muri in pietra a vista e, soprattutto, dallo scenografico susseguirsi di archetti intonacati.
Salita Pallavicini che unisce via Luccoli con via XXV Aprile prende il nome dall’omonima nobile famiglia originaria del piacentino, presente in città fin dal 1200.
Il capostipite del ramo genovese fu un tal Nicolò il cui figlio Giovanni, sposando Maria Fieschi, divenne nel 1225 influente Consigliere della Repubblica.
Un altro Giovanni nel 1353 fu, per conto degli Sforza di Milano, Governatore di Genova.
Benedetto nel 1430 riscattò dai Saraceni il Re di Cipro.
Nel 1460 Babilano fece entrare la famiglia Pallavicini in quella dei Gentile: Antoniotto di Babilano nel 1489, Gio Batta di Cipriano 1517, Lazzaro di Nicola 1669, Opizzo di Paolo Geromino 1686 e Lazzaro Opicio di Geromino 1766, furono cardinali.
Nel 1528 con la riforma degli Alberghi i Pallavicino costituirono il sedicesimo Albergo.
Agostino di Stefano 1637,Gio Carlo di Paolo Geromino 1785 e Alerame di Sebastiano 1789 indossarono il mantello dogale.
Lunghissimo poi l’elenco di senatori, vescovi, ambasciatori, magistrati e uomini d’arte e numerose le ricche dimore delle quali forse la più prestigiosa è Villa delle Peschiere in via San Bartolomeo degli Armeni.
Nei pressi di Piazza di Pellicceria si incontra il vico della Tartaruga.
Il caruggio fa parte di quella seria di vicoli senza intestazione che, con la riforma toponomastica del 1868, si decise di intitolare a nomi di animali. Fatto questo che mi ha sempre lasciato perplesso.
Con tanti personaggi infatti che hanno nobilitato nel corso dei secoli la storia, in particolare marittima, cittadina (penso ad esempio Benedetto Zaccaria e Lanzarotto di Malocello che sono ricordati solo a Pegli e i Pessagno a Sestri Ponente) non mi capacito come i funzionari preposti abbiano invece partorito, in ossequio alla moda del momento, una scelta così banale.
In Copertina: Vico della Tartaruga. Foto di Giovanni Cogorno.
Nel porticciolo di Boccadasse è diventato ormai una vera e propria attrazione turistica.
Chi si ferma per una carezza, chi per una foto o un selfie, chi per dargli qualcosa da mangiare (anche se su richiesta dei padroni meglio evitare), tutti comunque cercano Seppia:
il gatto assurto, per la sua ingrugnita e infastidita espressione, a ironico simbolo dell’accoglienza ligure.
Curiosa anche la sua singolare somiglianza con Machiavelli il gatto scontroso e sospettoso del celebre film del regista genovese Enrico Casanova del 2021 della Pixar -Luca- ambientato nel levante della nostra regione.
Così a Boccadasse alla romantica gatta con “una macchia nera sul muso” di Gino Paoli si è aggiunto il burbero gatto disneyano.
Praticamente la via non è altro che quel breve tratto di strada sul retro di palazzo Agostino Pallavicino e il cortile di palazzo Interiano che corrisponde al civ. n 3 fino al civ. n. 1 di Via Garibaldi.
Capostipite del casato fu Iterio console di Genova nel 1106. Gli Interiano nel 1293 risultano essere i signori di Portovenere e nel 1350 costituiscono un loro proprio albergo confermato come il venticinquesimo nella riforma del 1528.
Vico Cuneo, anche per via della sua posizione non proprio strategica o di passaggio, è un caruggio sconosciuto ai più. Tuttavia muri, pietre e soprattutto il contrafforte che sorregge le due case ai lati, emanano il loro fascino senza tempo.
La ripida e spettacolare creuza percorsa in discesa sembra catapultare nel centro della città.
Al civ. n. 12 si trova l’ex chiesa e convento di San Giovanni Battista (1744) a cui si deve il nome della strada, oggi sede della scuola primaria Giano Grillo e della secondaria Bertani Ruffini.
Sulla porta d’ingresso resta traccia delle decorazioni della chiesa in un affresco ottocentesco del pittore lombardo, membro dell’Accademia Ligustica di Belle Arti, Giacomo Ulisse Borzino.
Al civ. n. 8 la dimora genovese di Nietzsche del cui soggiorno all”interno 6 è sparita la lapide commemorativa sostituita con un’imbarazzante fotocopia nell’androne.
Lapide che invece all’interno della scuola Giano Grillo è presente per ricordare che qui nel giugno 1907 il futuro premio Nobel Eugenio Montale conseguì la licenza elementare.
Di fronte un tratto delle imponenti mura del ‘500 che fungono da muraglione di contenimento dei giardini di Villetta Di Negro.
Sopra una piccola porta murata una targa marmorea, a scanso di equivoci, ne attesta la proprietà e sta ad indicare che lì vi era una deviazione dell’acquedotto richiesta dal C.NO (cittadino così amava qualificarsi in virtù delle nuove idee giacobine il marchese) Serra che proprio nel 1781 aveva acquistato dagli Spinola Palazzo Baldassarre Lomellini in Strada Nuova (oggi Via Garibaldi civico 12).
1781/ C. NO Domenico Serra / N°. 371
In Copertina: Salita delle Battistine vista in direzione Portello. Foto di Leti Gagge.