Camalli al lavoro nel porto.
È difficile osservarli: vi guizzano di continuo davanti agli occhi, corrono, si affaccendano, scorrazzano di qua e di là, si affrettano.
I vicoli verso il mare brulicano di gente, ma quelli che stanno fermi non sono genovesi, sono marinai di tutti i mari e di tutti gli oceani, piloti, capitani.
Qui una campana, là un’altra campana: Partenza! Partenza! Una parte del formicaio si dà da fare, gli uni caricano, gli altri scaricano.
Aleksandr Ivanovič Gercen noto come Herzen (1812 – 1870) filosofo russo.
Quando negli anni ’50 nel porto di Genova attraccavano i grandi transatlantici diretti verso l’America.
Quando capitava che su uno di questi, sorpreso ad ammirare il panorama cittadino, venisse immortalato il genio dei cartoni animati e fumetti.
Chissà se la nostra proverbiale parsimonia avrà in qualche modo influenzato le caratteristiche del da poco ideato zio Paperone?
Quando a Genova c’era Walt Disney…
Anticamente “l’erta dei sassi” – così era conosciuta la Salita- era collegata da una grandiosa scalinata con più di cento gradini con la sottostante Via dei Servi.
La “montâ” incorniciata da due muraglioni si arrampicava fino alla scomparsa chiesa di Santa Margherita della Rocchetta (detta anche “monastero della Rocca” perché costruita sulle rocce del colle di Carignano) situata poco sopra quelle che erano le Batterie di Carignano dette anche – appunto – batterie di Santa Margherita.
Qui in prossimità delle omonime mura cinquecentesche che andavano da Scalinata S. Margherita a Piazza Redoano (anch’esse cancellate dal piccone risanatore della distruzione Madre di Dio) si trovava quella che, all’incrocio fra Via Rivoli e Corso Aurelio Saffi, era chiamata piazza della Cava, il sito da cui si estraeva il materiale utile al prolungamento del molo.
Da un lato le signorili dimore di Via Mylius protette dal muraglione.
Sullo sfondo il porto e il Matitone.
Con la sua caratteristica mattonata Salita Sassi sembra un irripetibile trampolino verso il mare.
La Grande Bellezza…
Quando Tenco posava sotto la Lanterna, sguardo triste e assorto, abito scuro in stile esistenzialista alla Jean Paul Sartre.
Nel 1967 di ritorno dal suo funerale De André compose questa straordinaria poesia per raccomandare l’amico al Signore.
Lascia che sia fiorito
Signore, il suo sentiero
quando a te la sua anima
e al mondo la sua pelle
dovrà riconsegnare
quando verrà al tuo cielo
là dove in pieno giorno
risplendono le stelle.
Quando attraverserà
l’ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà
baciandoli alla fronte
venite in Paradiso
là dove vado anch’io
perché non c’è l’inferno
nel mondo del buon Dio.
Fate che giunga a Voi
con le sue ossa stanche
seguito da migliaia
di quelle facce bianche
fate che a voi ritorni
fra i morti per oltraggio
che al cielo ed alla terra
mostrarono il coraggio.
Signori benpensanti
spero non vi dispiaccia
se in cielo, in mezzo ai Santi
Dio, fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo
di quelle labbra smorte
che all’odio e all’ignoranza
preferirono la morte.
Dio di misericordia
il tuo bel Paradiso
lo hai fatto soprattutto
per chi non ha sorriso
per quelli che han vissuto
con la coscienza pura
l’inferno esiste solo
per chi ne ha paura.
Meglio di lui nessuno
mai ti potrà indicare
gli errori di noi tutti
che puoi e vuoi salvare.
Ascolta la sua voce
che ormai canta nel vento
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.
Dio di misericordia
vedrai, sarai contento.
“La nave dormiva, il mare si stendeva lontano,
immenso e caliginoso,
come l’immagine della vita,
con la superficie scintillante
e le profondità senza luce”.
Cit. Joseph Conrad scrittore e navigatore anglo polacco (1857 – 1924).
La Grande Bellezza…
Foto di Leti Gagge.
quando, agli albori del ‘900, davanti alla stazione Brignole a quel tempo in costruzione, gli appassionati assistevano all’ardimentoso spettacolo dei palloni aerostatici…
… quando si costruivano addirittura tribune per permettere al numeroso pubblico di ammirare curioso con il naso all’insù le ardite manovre degli impavidi piloti delle mongolfiere.
Quando nel 1903 in scio pròu sul campo chiamato”Velodromo” che occupava la zona dell’odierna Piazza Verdi vi fu l’ascensione del Pallone “Centauro”.
La struttura venne smantellata poco dopo appena terminata la costruzione della Stazione nel 1905.
In quello stesso spiazzo ma con il terreno di gioco disposto in maniera diversa nel 1913 verrà costruito, per ospitare l’Expo internazionale dell’Igiene, della Marina e delle Colonie dell’anno successivo, lo Stadium.
Tale impianto fu per un paio di partite, causa squalifica del campo di Via del Piano (il futuro Ferraris), lo spelacchiato terreno di gioco del Genoa per la 7^ volta campione d’Italia.
Proprio sotto la targa che identifica il caruggio dedicato all’animale mitologico metà aquila e metà leone, simbolo di Genova, si trova una lapide dalla difficoltosa interpretazione.
Causa infatti parti mancanti ed una profonda crepa il testo risulta poco decifrabile:
Facvltas Concessa M.co Philippo Cattan Q . Io Iacob / Collocandi in vitro (…) ine Hvivs Vicvl – / Rastra Ferrea ad Ipsi (…) ingressvm Noctv / Prohibendvm Sit ad Beneplacitvm Ill.m / Magvs. Patrvm Commvnis et cvm Onere / ea Divrnis Temporibvs Aperiendi Habita / Pro Caeteris Relatio (…) ad Decretvm Con / Die 25 Ian: 1686.
All’interno del chiostro delle Vigne è murata fra le ardesie una piccola tavella del XIII sec. con San Giorgio che uccide il drago.
La scena rappresentata nel marmo è quella classica ma è particolare sia perché scolpita con un pronunciato rilievo sia perché, al posto della principessa raccolta in preghiera, è raffigurato un anonimo personaggio in ginocchio.
… quando l’antica chiesa dei Santi Pietro e Bernardo della Foce, distrutta dai bombardamenti del ’44, non era ancora stata ricostruita (1958)…
… quando in un primordiale Piazzale Kennedy costruito negli anni ’50 c’era già il luna park.
Allora si chiamavano Baracconi e, proprio come oggi, attiravano migliaia di persone che vi cercavano svago e magari, tra una frittella e uno zucchero filato, la vertiginosa ebbrezza delle montagne russe.
…da un lato bambine che, sorvegliate dalle mamme, giocavano forse al pampano, forse al salto della corda, dall’altro ragazzini che si dilettavano con le biglie o le grette.
In mezzo seduti sulla porta di casa altri preferivano chiacchierare mentre in primo piano un carretto parcheggiato con sopra una damigiana aspettava di essere consegnato o scaricato.
Nella zona adiacente le mura di Santa Chiara, lungo l’ultimo tratto di via Banderali si trova piazza del Cavalletto: fino a metà ‘800 la contrada era tutta uliveti e vigneti ed era attraversata dalle mura, che qui prendevano la forma detta in gergo militare “cavalletto”, da cui il toponimo.