La strada è piena di chiari di luna / e le tue mani vele per il mare / in questa notte che ne vale la pena / l’ansimare delle ciminiere / Genova era una ragazza bruna / collezionista di stupore e noia / Genova apriva le sue labbra scure / al soffio caldo della macaia / e adesso se ti penso io muoio un pò / se penso a te che non ti arrendi / ragazza silenziosa dagli occhi duri / amica che mi perdi / adesso abbiamo fatto tardi / adesso forse è troppo tardi / Voci di un cielo freddo già lontano / le vele sanno di un addio taciuto / con una mano ti spiego la strada / con l’altra poi ti chiedo aiuto / Genova adesso ha chiuso in un bicchiere / le voci stanche le voci straniere / Genova hai chiuso tra le gelosie / le tue ultime fantasie / E adesso se ti penso io muoio un pò / se penso a te un pò mi arrendo / alle voci disfatte dei quartieri indolenti / alle ragazze dai lunghi fianchi / e a te che un po’ mi manchi / ed è la vita intera che grida dentro / o forse il fumo di Caricamento / c’erano bocche per bere tutto / per poi sputare tutto al cielo / erano notti alla deriva / notti di Genova che non ricordo e non ci credo / Genova rossa, rosa ventilata / di gerani ti facevi strada / Genova di arenaria e pietra / anima naufragata / Ti vedrò affondare in un mare nero / proprio dove va a finire l’occidente / ti vedrò rinascere incolore / e chiederai ancora amore / senza sapere quello che dai / perché è la vita intera che grida dentro / o forse il fumo di Caricamento / c’erano bocche per bere tutto / per poi sputare tutto al cielo / erano notti alla deriva / notti di Genova che regala / donne di madreperla / con la ruggine sulla voce / e ognuna porta in spalla la sua croce / tra le stelle a cielo aperto / mentre dentro ci passa il tempo / proprio adesso che ti respiro / adesso che mi sorprendi così / che se ti penso muoio un po’ / che se ti penso muoio un po’ / che se ti penso muoio un po’.
Cit.testo del brano Notti di Genova di Cristiano De Andre’.
In copertina: il Porto Antico di notte. Foto di Beatrice Bereggi.
Al civ. n 1 di Piazza Pinelli è possibile ammirare uno splendido portone in pietra con semi colonne doriche in marmo.
Il trave in pietra nera è impreziosito da decorazioni con elmi e clipei marmorei.
Come altri nell’omonima piazza il palazzo è proprietà della famiglia di origine germanica e di fede ghibellina dei Pinelli, fondatori dell’albergo nobiliare degli Scipionibus.
Il portone è in ferro battuto con borchie e baracchino decorato.
Sulla facciata del palazzo sono ancora visibili cospicue porzioni dei colorati affreschi secentesche che lo decoravano.
“L’assenza solo apparente di architetture storicamente celebrate ha spesso allontanato la grande massa (formatasi attraverso la frusta retorica monumentalistica) da un’esatta percezione della segreta bellezza della superba, che crediamo risieda nella totalità del suo manufatto urbano, dove ciascun episodio architettonico, sacro o profano, è parte significativa di una lunga, lunghissima narrazione di secoli che è quindi una metafora della stessa idea di città. Genova, infatti, non può che apparire ai nostri occhi come città-paesaggio, laddove la stessa edilizia diviene paesaggio, adattandosi di volta in volta ai movimenti del terreno su cui è sorta, generando per effetto naturale sempre nuove e talora vertiginose prospettive. In altre parole, siamo immersi in una verticalità superba di fronte all’infinità orizzontalità del mare”.
Cit. Fausto Fantoni Minnella. Scrittore e saggista.
Questo incantevole scorcio che sembra quasi un quadro di in maestro impressionista ben rappresenta, a mio parere, i concetti di superba verticalità e sconosciuta bellezza illustrati dallo scrittore.
Qui alle spalle della frequentata Corso Magenta in circonvallazione a monte si scopre un angolo ovattato dove il tempo sembra essersi fermato. Magari giusto un momento per riprendere fiato prima di affrontare la salita di S. Anna che dal Poggio Bachernia si arrampica in Castelletto.
Genova da sempre sospesa tra l’infinito orizzonte marino e la verticale tensione verso il cielo.
La Grande Bellezza…
In copertina: Poggio Bachernia. Foto di Anna Armenise.
Genova. Che cosa significa, per me? Ho avuto la fortuna di nascere in questa etnia, in questo piccolo mondo dove si parla una lingua diversa, che faceva parte di uno stato molto più grande ma con un idioma, una cucina, una cultura autonomi. Questo ti fa sentire così vicino a queste persone che condividono la tua diversità, ti senti a tua volta differente dal resto del mondo, sei membro di una grande famiglia di settecentomila persone che ha usi e costumi tutti suoi. E se arrivi a Milano, ci arrivi come un immigrato dal Sud.
Cit. Fabrizio De André.
In copertina: Via Luccoli. Foto di Pippo Ingrassia.
Nel quartiere del Carmine in via S. Agnese n. 13 si trova quel che resta del tabernacolo vuoto di una settecentesca edicola barocca.
In origine il piccolo tempio conteneva una statua di Madonna con Bambino, oggi scomparsa.
Sul fastigio si distingue una testa di cherubino mentre alla base si nota un cartiglio con il monogramma di Maria.
L’azzurro intenso del rivestimento lascia immaginare quanto fosse colorata e vivace quest’edicola che, oggi purtroppo, versa nel più completo abbandono.
In piazza Cattaneo è affissa una lapide che ricorda Antonio Malfante mercante genovese del XV sec.
La pietra celebrativa venne apposta nel 1936 in piena epoca fascista come propaganda delle imprese colonialiste del regime.
Antonio Malfante fu infatti il primo uomo occidentale di cui si ha notizia a viaggiare via terra nel nord Africa.
Tra il 1446 e il 1447 la carovana di Antonio penetrò nella zona sahariana e sub sahariana spingendosi poi alla ricerca del leggendario oro di Palola.
Imparò diverse lingue locali e strinse rapporti commerciali con i potentati degli attuali stati di Marocco e Algeria. Presso quest’ultimo sultanato ottenne addirittura protezione dallo sceicco Sidi Yahia ben-Idir.
Antonio raccolse in un diario le informazioni, frutto delle conversazioni con lo sceicco, sulle popolazioni del Sahel e dell’Antica nera.
A lui si devono, ad esempio, le prime notizie sulla tribù nomade dei Tuareg.
Il pioniere genovese fece in tempo a tornare a Genova per illustrare alla nobiltà mercantile cittadina le enormi potenzialità delle terre da lui visitate.
Il coraggioso esploratore morì purtroppo a soli quarant’anni nel 1450 a Maiorca nelle Canarie scoperte anch’esse, guarda caso, nel 1312 da un altro navigatore genovese, Lanzarotto Maloccello.
“Il primo dettaglio che colpisce l’occhio da lontano è un faro o lanterna molto elegante, costruito sulla sporgenza di una scogliera sul lato occidentale del porto, così alto che in una giornata senza foschia lo si può vedere da una distanza di trenta miglia”.
Piazza della Stampa deve il suo nome al fatto che nel 1471 fu la sede del primo laboratorio tipografico cittadino fondato da due artigiani alemanni Lamberto di Delft e Antonio da Anversa.
Protagonista assoluta del luogo è la duecentesca loggia delimitata da due grandi arcate ogivali in conci bicrome e sormontata da una cornice di archetti.
Al centro, come se nulla fosse, una spettacolare colonna romana in granito con capitello a foglie grasse.
La base tonda della colonna poggia su un grande basamento in conci quadrati che ha la funzione di sollevarla dal livello scosceso del civico.
La loggia è occupata da un esercizio commerciale. Per ragioni pratiche è stata spaccata e chiusa con una pacchiana lunetta in ferro e vetro.
A fianco è affissa una lapide inerente questioni di vicinato che recita:
Servitvti Perpetve Erga Domos / Vicinas / Et ad Beneplacitvm Dominorvm Earvndem / Platea hec Obnoxia Esto / vt ex Instrvmento Penes. Not. Ioem Stephanvm / Ansaldvm Diei 9 Aprilis 1699.
In copertina: la loggia di Piazza della Stampa. Foto di Roberto Crisci.