A Genova, si sa, la tradizione del presepe è molto sentita. Non esiste chiesa, oratorio o santuario che non ne realizzi uno proprio.
Oltre a quelli storici della scuola settecentesca esistono poi delle originali e spontanee rappresentazioni di ambientazione marina come quelli, ad esempio, di Boccadasse e Vernazzola.
I due borghi di pescatori divisi da Capo di S Chiara propongono i loro scenografici allestimenti: Boccadasse all’interno di un tradizionale gozzo e Vernazzola in una lussureggiante cornice floreale tra cordami e gomene.
La Grande Bellezza…
In copertina: Il Presepe di Boccadasse. Foto di Maria Beatrice.
“È lì, eretta come una matrona: albero maestro tra gli alberi maestri, torre tra le torri, campanile tra i campanili; pronta ad essere tutto per ognuno di noi.”
Negli ultimi anni questo angolo di centro storico ha avuto una vera e propria rinascita.
Le botteghe artigiane che un tempo caratterizzavano la contrada non ci sono più e nemmeno le storiche osterie ma la zona non ha certo perso il suo fascino.
Oggi in Piazza Lavagna si affacciano locali, trattorie e ristorantini che portano avanti il culto della cucina ligure cercando di conciliare nei loro menù tradizione ed esigenze turistiche.
La suggestiva piazza sita nei dintorni della Maddalena deve il proprio nome alla famiglia Lavagna, originaria appunto, della località rivierasca di levante.
Qui Filippo da Lavagna nel 1469 fu uno dei primi artigiani italiani ad impiantare un tipografia.
In Copertina: Piazza Lavagna. Foto di Giovanni Cogorno.
Per i vecchi genovesi ancora fino agli anni ’70 del ‘900 questa zona era assimilabile al mercatino di piazza S. Elena, ovvero il luogo dove si vendevano merci di recupero.
Si riciclavano abiti, scarpe, piccolo mobilio, merci di contrabbando e, soprattutto, cimeli e divise militari della Seconda Guerra Mondiale.
Prima ancora negli anni ’50 sempre del secolo scorso a caratterizzare la contrada erano invece le numerose case di tolleranza che vi avevano sede.
Oggi il caruggio ha cambiato volto ed è popolato da bar, pub e locali che costituiscono ormai parte integrante della Movida notturna celebrata ogni fine settimana alle Erbe.
Salita del Prione ha una storia antichissima intorno alla quale, per spiegarne il toponimo, sono fiorite un paio di plausibili ipotesi:
la prima rimanda al termine Priön, una pietra posta in cima alla salita utilizzata dal cintraco (banditore) come piedistallo per i suoi proclami;
la seconda si rifà invece al termine latino barbaro Predoni Castri a significare, vista la vicinanza con una delle principali porte cittadine Porta Soprana, la pericolosità del luogo in relazione alla presenza dei briganti.
Di certo nelle mappe medievali la via era indicata come Montata (Montâ in genovese significa salita) Predoni.
In Copertina: scorcio floreale di Salita del Prione. Foto di Stefano Eloggi.
Tra Via Prè e Via Balbi “nei quartieri dove il sole del buon Dio non da i suoi raggi..”, si trova Vico delle Monachette, il caruggio più stretto della Superba, appena settantanove centimetri di larghezza nel suo punto, lato Prè, più stretto.
In un’anonima abitazione di questo piccolo vicolo nel 1857 trovò rifugio, ricercato dalla polizia sabauda, Giuseppe Mazzini che si trovava in città per organizzare un’insurrezione.
In Copertina: Vico delle Monachette. Foto di Giovanni Cogorno.
La zona dove sorge la Basilica delle Vigne nelle mappe medievali è indicata come Vigne del Re o di Sussilia e anticamente era stata sede di un cimitero paleocristiano.
Oltre alla millenaria basilica che si intuisce sulla destra con la sua facciata neoclassica, protagonisti della piazza sono il cinquecentesco palazzo di Domenico Grillo di cui si intravede il portone al civ. n 4 e, soprattutto, i superbi affreschi di Giovanni Battista Castello che decorano al civ. n. 6 la sfarzosa dimora di Agostino Doria.
In Copertina: Piazza delle Vigne. Foto di Giovanni Cogorno.
Probabilmente tale singolare incisione stava ad indicare che quelle costruzioni, come segnalato dallo scudo con la croce di San Giorgio, appartenevano alla Repubblica, quindi proprietà di tutti.
Particolarmente evidenti quelle site all’angolo tra via e piazza della Posta Vecchia sotto le quali si distinguono due Agnus Dei in pietra con stemmi nobiliari abrasi.
In questo contesto segnavano il confine con i possedimenti della famiglia Spinola.
In Copertina: Piazza della Posta Vecchia. Foto di Stefano Eloggi.
La sua millenaria presenza ed influenza ha dato spunto al fiorire di alcune leggende in merito alla sua origine.
La prima, ad esempio, racconta di un certo Arduino visconte di Narbona che sul finire del XI secolo sarebbe giunto a Genova per partecipare alla Crociata.
Qui ammalatosi trovò amorevole assistenza tra le braccia di Oria, figlia del nobile Corrado della Volta.
La donna, secondo alcuni storici già da tempo vedova, ebbe da questa relazione un figlio di nome Ansaldo da tutti conosciuto come il “figlio di Oria”, quindi, per contrazione, D’Oria.
La seconda leggenda si rifà invece all’originaria locazione della famiglia in città:
costoro infatti che esercitavano la professione di gabellieri, non a caso devoti a San Matteo protettore di tale attività, abitavano nella zona di Porta Aurea, venendo dunque identificati come “Illi de Auria”, quelli della Porta Aurea.
Che la loro origine sia nobile come nel caso della versione del visconte, o più mercantile come riscossori di tasse, di certo i Doria furono grandi marinai, mercanti, ammiragli e condottieri, dogi, cardinali.
Secondo il dizionario italiano il loro cognome si può scrivere sia con l’apostrofo, come sul frontespizio del prestigioso omonimo liceo cittadino, che senza, come nell’intitolazione del vicino museo di scienze naturali.
Di certo nel ‘500 Andrea e nel ‘600 il nipote Giovanni Andrea si firmavano senza apostrofo.
In Copertina: l’aquila simbolo dei Doria nello stemma inciso sul pavimento della chiesa gentilizia di San Benedetto al Porto. Foto di Franco Risso.
Nonostante i recenti restauri la zona non ha goduto di significativi miglioramenti.
Assenza di negozi e di attività commerciali contribuiscono all’impoverimento di questa parte del tessuto cittadino che potrebbe invece essere meglio valorizzata.