Quando nella seconda metà dell’ottocento non c’era ancora Via XX Settembre per la cui costruzione, a fine secolo, vennero demolite alcune cappelle della chiesa di S. Stefano.
Quando per l’allargamento ed il raddrizzamento della sede stradale fu sacrificata l’ala della chiesa prospiciente via XX Settembre che già era più piccola di quella opposta.
Quando sotto l’appassionata direzione dell’architetto Alfredo D’Andrade vennero ricostruiti sia la balconata antistante che il sottostante porticato.
Quando i lavori per lo smantellamento della Porta degli Archi avevano danneggiato le fondamenta della chiesa che di lì a poco sarebbe divenuta pericolante. Nonostante il tentativo di restauro da parte del celebre portoghese la chiesa fu di conseguenza dichiarata inagibile.
Quando si stabilì di lasciarla comunque al sul posto e di edificarle a fianco una nuova chiesa costruita anch’essa in stile romanico.
Quando inaugurata nel 1908 ebbe vita breve perché nel 1912 il crollo di una parte della vecchia chiesa danneggiò la nuova, rendendo anch’essa inagibile.
Quando, a completare l’opera, distruggendole entrambe, si adoperarono poi le bombe della seconda guerra mondiale.
Fu il Cardinale Siri nel dopoguerra a volere la ricostruzione della primitiva chiesa romanica i cui lavori, iniziati nel 1946 si conclusero con la consacrazione avvenuta l’11 dicembre 1955.
Quando sul promontorio di S. Andrea a Cornigliano, dove un tempo sorgeva la secolare badia benedettina, a fine ottocento sarebbe sorto per volontà dell’onorevole Raggio, l’omonimo castello. Fu commissionato all’architetto Rovelli, nelle cui intenzioni avrebbe dovuto essere costruito ad immagine e somiglianza del più celebre Castello Miramare di Trieste degli Asburgo.
Quando, vista la sua spettacolare ed invidiabile posizione, era comprensibile perchè avesse cotanta ambizione.
La lussuosa dimora dell’imprenditore e uomo politico genovese, tra i più ricchi ed influenti del suo tempo, fu frequentata da facoltosi e illustri personaggi fra cui il re Umberto I d’Italia con la regina Margherita di Savoia, la contessa Fiammetta Doria, il duca di Galliera, il principe di Napoli, il conte di Torino e il presidente del Consiglio di quell’epoca Giovanni Giolitti.
Quando, danneggiato in modo significativo dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, il castello venne definitivamente abbattuto il 14 aprile 1951 per lasciare posto all’insediamento siderurgico dell’Italsider e al futuro aeroporto internazionale “Cristoforo Colombo”.
Quando in Via del Piano il greto del torrente era già occupato da baracche “abusive” che ospitavano piccole attività artigianali, capannoni adibiti a magazzini e improvvisati campi da bocce…
quando lo stadio non era ancora stato intitolato a Luigi Ferraris, caduto eroicamente durante la prima guerra mondiale e insignito della medaglia d’argento al valor militare…
quando al toponimo del luogo si associava dunque il nome del terreno di gioco, appunto, di “Campo di Via del Piano”…
quando il tratto ad esso adiacente non era ancora stato dedicato al leggendario Giovanni De Prà, il portiere degli ultimi due scudetti, colui che orgogliosamente pronunciò ai sabaudi, con le accorate e oggi dimenticate parole, “il gran rifiuto”: “Grazie per la stima accordatami – rispose a Edoardo Agnelli, presidente della Juve – ma io sono genovese e genoano e non posso giocare in altre squadre che non siano il Genoa”.
Quando era facilmente intuibile perché la Cava, la ferita sulla collina della Chiappella a forma di anfiteatro, si chiamasse così.
Quando l’enorme voragine alle spalle del Matitone non era ancora stata sanata da un’oscena colata di cemento.
Quando il colle venne sventrato in contemporanea a quello di San Benigno, per tracciare le nuove vie di Francia, Lungomare Canepa e Cantore volute dal Regime fascista per rendere più agevole il collegamento fra Genova e la delegazione di Sampierdarena, la “Manchester” italiana.
Per riutilizzarne i resti venne allestita una fabbrica di cemento adibita a fornire i materiali per la costruzione dei nuovi moli del bacino di Sampierdarena.
Quando i cantieri delle innumerevoli attività messe in piedi conferivano al paesaggio un aspetto lunare e visionario come quello di un girone dantesco: rotaie, spaccapietre, ciminiere, indecifrabili strutture metalliche, polveri irrespirabili e, in nome del progresso, inquietanti trivelle e rumorosi macchinari ovunque.
Quando alla Cava c’era persino una centrale elettrica che serviva a fornire corrente alle ferrovie della linea portuale.
Quando, prima di assumere questa sua connotazione infernale, questo sito fu teatro, secondo una millenaria leggenda, di un epico scontro fra Lucifero e Gesù.
Quando nel parco di Villa Imperiale Scassi venne edificato lo stadio del Comune di Sampierdarena. Venne inaugurato nel 1920 in occasione di un derby amichevole tra i padroni di casa della Sampierdarenese e l’Andrea Doria terminato con il risultato di 4-1.
quando, oltre alla Sampierdarenese che vi disputò i suoi primi 8 campionati nella massima serie nazionale, il terreno di gioco venne utilizzato anche dalla Dominante.
L’impianto sportivo ebbe tuttavia vita breve poiché, per fare spazio all’attuale via Antonio Cantore, fu chiuso nel 1928.
Per via delle sue tribune di legno, che gli conferivano un’aria molto british, Villa Scassi poteva ospitare al massimo 5 000 spettatori stipati come in una scatola di sardine o, come amavano dire gli indigeni, di pillole. “A scàtoa de pìloe” fu infatti il soprannome con cui i sampierdarenesi presero a chiamare affettuosamente, e in maniera molto pragmatica, l’impianto.
Quando Caricamento non era stata ancora offesa dalle bombe che l’avrebbero colpita il 22 ottobre del 1940… quando nemmeno il più scellerato dei palazzinari avrebbe potuto immaginare che, nel dopoguerra, al posto del fronte mare medievale di Sottoripa, avrebbero costruito un leviatano di cemento.
Quando la piazza voluta dai reali sabaudi fungeva da capolinea ferroviario per la tratta che collegava il porto della Superba direttamente con Torino.
Quando non era difficile intuire perché la piazza, centro di smistamento merci, avrebbe assunto a partire dal 1854 quel nome ma, solo dal 1893 sarebbe stata sorvegliata dalla statua di Raffaele Rubattino, l’armatore protagonista delle imprese garibaldine, eseguita dallo scultore Augusto Rivalta.
Quando la cinquecentesca Villa Lomellini Rostan non era ancora stata trasformata nella prestigiosa sede del Genoa CFC … quando una parte dei suoi variopinti giardini non aveva di conseguenza assunto le familiari sembianze del campo d’allenamento Signorini (dal 2005), un tempo Pio XII, in memoria dello storico capitano scomparso nel 2002 a causa della sla.
Costruita da Angelo Lomellini nel ‘500 fu abbellita nel tardo ‘700 dal doge Agostino Pallavicini con uno dei più importanti giardini all’inglese d’Europa. Architetture floreali talmente suggestive da risultare fonte d’ispirazione, nel secolo successivo, per Michele Canzio nella realizzazione di quelle, se possibile, ancora più sfarzose del parco di Villa Durazzo Pallavicini a Pegli.
Quando alla fine del Settecento la villa passò per via ereditaria alla famiglia, a cui deve il nome, Rostan e, a metà del ‘800, fu dotata di una cappella gentilizia dedicata a San Filippo Neri…
Quando sul finire dello stesso secolo divenne patrimonio degli ultimi e attuali proprietari, i marchesi Reggio.
Villa Rostan, impreziosita dal cinquecentesco ciclo di affreschi di Bernardo Castello che rappresenta le imprese di Coriolano, costituisce tuttora ineguagliabile quinta, degna cornice dell’aristocratico blasone del sodalizio calcistico più antico d’Italia.
Quando a Cornigliano, al posto dell’odierna rimessa dei bus di Via S. Giovanni d’Acri, c’era il campo Littorio.
Lo stadio concepito dalla gerarchia fascista nel 1927 per ospitare le antenate della Sampdoria, Dominante e Liguria prima, Corniglianese e Sampierdarenese poi…
quando gli spalti potevano ospitare fino a 15000 spettatori e il suo terreno di gioco teatro di ben 17 campionati professionistici (11 di serie A. 5 di B, 1 di C).
La struttura, parzialmente distrutta dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu utilizzata per i primi tempi dalla neonata Sampdoria come campo di allenamento…
quando nel 1950 lo stadio era stato appena, l’anno successivo alla tragedia di Superga, intitolato Valerio Bacigalupo, portiere ligure del Grande Torino scomparso in quella tragica occasione…
quando, ormai obsoleto nel 1958, il Littorio venne definitivamente demolito per far spazio al deposito dei mezzi del Comune.
Quando la Torre Piacentini era stata appena costruita dall’omonimo architetto… innalzata tra il 1935 e il 1940 è alta 105 metri distribuiti su 31 piani ed è tuttora il secondo grattacielo cittadino dopo la Torre di San Benigno, a tutti nota come “Il Matitone”…
quando per distinguerla dalla sorella più bassa era detta Torre Sud prima di essere negli anni identificata in relazione alle attività ospitate nella sua panoramica terrazza oggi sede degli studi dell’emittente televisiva Primocanale, come torre: Capurro, Martini e Colombo…
quando aveva avuto il primato di più alta costruzione italiana ed europea in cemento armato dell’epoca, di grattacielo più alto d’Italia fino alla costruzione della Torre Breda di Milano nel 1954, e di grattacielo più alto d’Europa fino alla costruzione della Kotel’ničeskaja naberežnaja di Mosca nel 1952.
Quando ancora non c’era Via Lungobisagno Istria e lo storico Ponte Carrega, per fargli spazio, non era stato ancora mutilato…
quando c’era il mitologico velodromo che Geo Davidson mise a disposizione di Sir James Richardson Spensley per disputare i primi incontri di football di cui furono protagoniste le leggendarie maglie bianco azzurre del Genoa. Gli inossidabili colori rossoblù della United of Kingdom infatti verranno adottati dal sodalizio genovese solo nel 1901 per omaggiare, in occasione della sua dipartita, la Regina Vittoria.