Quando in Ravecca negli anni ’50 le macerie erano lì (e rimasero ancora fino agli anni ’80) a ricordare i recenti bombardamenti.
Quando – di necessità virtù – quelle pietrose ferite venivano trasformate in improvvisati campi da bocce.
Nell’area oggi occupata dai Giardini Luzzati il maestoso campanile di San Donato fungeva da spettatore interessato o da arbitro imparziale?
Quando non era difficile immaginare l’origine medievale del toponimo del vicolo…
… quando esistevano ancora gli antichi mestieri legati alle attività di bordo: arredatori navali, fabbri, costruttori di cannoni e proiettili per la Repubblica e – appunto – bottai.
Quando negli anni ’50 nel porto di Genova attraccavano i grandi transatlantici diretti verso l’America.
Quando capitava che su uno di questi, sorpreso ad ammirare il panorama cittadino, venisse immortalato il genio dei cartoni animati e fumetti.
Chissà se la nostra proverbiale parsimonia avrà in qualche modo influenzato le caratteristiche del da poco ideato zio Paperone?
Quando a Genova c’era Walt Disney…
quando, agli albori del ‘900, davanti alla stazione Brignole a quel tempo in costruzione, gli appassionati assistevano all’ardimentoso spettacolo dei palloni aerostatici…
… quando si costruivano addirittura tribune per permettere al numeroso pubblico di ammirare curioso con il naso all’insù le ardite manovre degli impavidi piloti delle mongolfiere.
Quando nel 1903 in scio pròu sul campo chiamato”Velodromo” che occupava la zona dell’odierna Piazza Verdi vi fu l’ascensione del Pallone “Centauro”.
La struttura venne smantellata poco dopo appena terminata la costruzione della Stazione nel 1905.
In quello stesso spiazzo ma con il terreno di gioco disposto in maniera diversa nel 1913 verrà costruito, per ospitare l’Expo internazionale dell’Igiene, della Marina e delle Colonie dell’anno successivo, lo Stadium.
Tale impianto fu per un paio di partite, causa squalifica del campo di Via del Piano (il futuro Ferraris), lo spelacchiato terreno di gioco del Genoa per la 7^ volta campione d’Italia.
…da un lato bambine che, sorvegliate dalle mamme, giocavano forse al pampano, forse al salto della corda, dall’altro ragazzini che si dilettavano con le biglie o le grette.
In mezzo seduti sulla porta di casa altri preferivano chiacchierare mentre in primo piano un carretto parcheggiato con sopra una damigiana aspettava di essere consegnato o scaricato.
Nella zona adiacente le mura di Santa Chiara, lungo l’ultimo tratto di via Banderali si trova piazza del Cavalletto: fino a metà ‘800 la contrada era tutta uliveti e vigneti ed era attraversata dalle mura, che qui prendevano la forma detta in gergo militare “cavalletto”, da cui il toponimo.
Quando in fondo ad una elegante via Rivoli ottocentesca non c’era solo il mare ma anche gli stabilimenti balneari dei bagni della Cava.
Le grosse pietre del selciato costituivano testimonianza di come dalla sottostante cava si estraesse il materiale pietroso destinato alle costruzioni in porto.
La bimba di spalle sulla sinistra, probabilmente rapita da quello scivolo proiettato verso l’azzurro, interrompe i suoi giochi nella pozzanghera in primo piano.
… Quando in Piazza Cavour c’era la rampa che permetteva l’accesso alla sopraelevata. Fu demolita nel 1990 nell’ambito dei lavori di riorganizzazione degli spazi della zona per le Colombiadi del 1992.
Quando il ponte di Via Caprera attraversava il sottostante rio Vernazza già a quel tempo sepolto sotto il cemento.
Quando la Via si arrampicava su di un pendio comunque ancora a carattere agreste e parzialmente disabitato.
Quando il traffico era rappresentato da tram, tombarelli e sporadiche automobili.
“Cartolina di Via Caprera a inizio ‘900”.
Quando nell’atrio della stazione ferroviaria di Brignole c’era la riproduzione della caravella (in realtà una caracca) di Colombo a ricordarci il significato del viaggio e della scoperta…
quando la “Santa Maria” costituiva per noi nati negli anni ’60 e ’70 un sicuro approdo ed un inconfondibile punto di ritrovo…
Dopo i lavori del nuovo millennio di riqualificazione della stazione la Caravella è stata trasferita.
Da qualche anno fa bella mostra di sè presso il Galata Museo del Mare.
Quando nel 1885 i Savoia costruirono il ponte che collegava direttamente la loro dimora genovese con la ferrovia e l’imbarcadero lontano da occhi indiscreti.
Quando, per far ciò, non si fecero scrupolo di abbattere la secolare chiesa di San Vittore.
Una parte della chiesa chiusa al culto venne inglobata nelle strutture del Palazzo Reale e una parte sacrificata per l’artificiosa creazione di Piazza dello Statuto.
La navata destra fu invece immolata per l’allargamento di Via Carlo Alberto (1831-39), odierna Via Gramsci.
Quando c’erano ancora i binari solcati dagli inconfondibili tram verdi della Uite.
Il ponte sabaudo fu abbattuto nel 1964 in occasione della costruzione della sopraelevata.
L’origine del toponimo genera ancora oggi confusione poiché tale posticcia appendice è sempre stata impropriamente chiamata Ponte Reale.
Il Ponte Reale, quello vero, invece era il passaggio che nei pressi di palazzo San Giorgio, attraversava il torrente “riale” di Soziglia che fungeva da raccoglitore delle acque del rio Bachernia e delle Fontane Marose.
Così rio, “ria” in lingua genovese, per storpiatura nel tempo si è trasformato in “reale” fomentando l’equivoco con il ponte chiamato alla stesso modo che collegava, il Palazzo Reale con l’imbarcadero direttamente in porto.
“Il Ponte Reale dei Savoia nei primi anni ’60 poco prima dell’abbattimento”.