A Levanto una cava di pietra raggiungibile dal mare chiamata “la gatta” simboleggia la secolare tenacia di un popolo e custodisce orgogliosamente una golosa tradizione culinaria.
Da questo sito infatti deriverebbe il curioso termine gattafin con il quale si identifica il piatto tipico della zona.
Gatta e fin ovvero le erbe fini che i mariti portavano al termine della loro faticosa giornata di lavoro alle mogli dopo averle raccolte nei pressi della cava.
Nascono così i gattafin golosi ravioli di pasta matta ottenuti con un ripieno di erbe aromatiche, formaggio, uova, noce moscata e pan grattato, fritti in olio d’oliva.
A questa che è la versione che piace più ai levantesi se ne affianca un’altra, più plausibile, che rimanda invece alla genesi del termine gattafura, la torta di verdure antenata della torta Pasqualina.
Il primo che ne fece menzione fu nel Quattrocento nel suo “Libro de arte coquinaria” il celebre Maestro Martino de Rubeis, padre della cucina rinascimentale.
Con la parola gattafure infatti, citata poi nel ‘500 sia da Bartolomeo Scappi, cuoco di Papa Pio V, che da Ortensio Lando nel suo “Catalogo delli inventori delle cose che si mangiano et si bevano”, si indicavano e raggruppavano tutte le torte di verdure di origine ligure già nel XV sec.
Gattafin coscì piccini
Me pagêi di raviéulin
Ho capîo gh’é meno pín
E se mangiàn co o bóchin
Ma pe n’ommo c’o travàggia
Ghe ne voriêiva ‘n cavagnìn
Pe piaxéi fæli normali
Cómme all’ùzo Levantin
Belli gròsci, gónfi e pìn
e presentëli ciù a o mödin. . .
Versi di Gianfilippo Noceti.
- Per il ripieno:
- Bietole erbette o selvatiche,
- erbette miste di campo,
- cipollotti o cipolle dolci,
- maggiorana fresca,
- uova,
- parmigiano grattugiato,
- pecorino sardo stagionato,
- olio extravergine d’oliva,
- sale marino
- (pepe o noce moscata)
- facoltativa ricotta fresca
- Per la pasta:
- Farina tipo “O”,
- olio extravergine d’oliva,
- sale,
- acqua
- (vino bianco oppure un uovo)
In Copertina: i gattafin. Foto di Domenica Mafrica.