In Via Fontane sotto il porticato che conduce all’Aula Magna dell’Università fa bella mostra di sé una spettacolare Annunciazione di incerta datazione.
Prima delle ristrutturazioni di fine ‘900 al posto di questo edificio completamente rifatto si trovava la millenaria, con annesso ospitale, chiesa di S. Fede sede nel 1142 dei cavalieri Templari del Santo Sepolcro. Oggi gli ambienti superstiti dopo la secentesca risistemazione ospitano aule e locali universitari.
A testimonianza del secolare passato rimangono ancora tre navate e sul retro il piccolo chiostro.
Le opere d’arte, i marmi e gli arredi furono trasferiti nell’omonima moderna chiesa di Corso Sardegna.
Nel 1937 in onore di Eugenia Ravasco fondatrice della congregazione delle Madri Cristiane e promotrice delle scuole femminili gratuite, la Via al Ponte di Carignano muta il suo toponimo assumendone il nome.
L’antica via era nata fra il 1718 e il 1724 contestualmente alla costruzione del ponte voluta e finanziata, come la vicina Basilica di Carignano, da Bandinello Sauli.
Qui, in Via Ravasco 13 sul palazzo Drago proprietà del benefattore che, come ricordato da apposita lapide, donò la cancellata di protezione al ponte per evitare i suicidi, si trova la Madonna dell’Immacolata Concezione.
Si tratta di un grande medaglione barocco in stucco del sec.
XVII – XVIII chiuso in cima da una conchiglia dalla quale si dipanano motivi a
ricciolo.
Al centro dell’ovale la statua della Madonna, con braccia al seno e espressione estatica, è impreziosita da una piccola corona di stelle. Alla base la sorreggono dei cherubini che spuntano dalle nubi. Il cartiglio è muto.
L’edicola così elegante nella sua semplicità, nonostante i ripetuti restauri, versa in precarie condizioni, con crepe negli stucchi e trave di sostegno danneggiato.
In Via San Vincenzo all’altezza del civ. n. 58 si trova un’imponente edicola con dipinto di Madonna.
Il quadro di recente fattura con cornice in stucco ritrae la
Vergine all’interno di un tempietto classico con colonne e timpano curvo.
Sulla trabeazione la canonica raggiera con lo Spirito santo.
Due angeli di ragguardevoli dimensioni sono posti ai lati inginocchiati in preghiera.
In Via Prè all’angolo all’altezza del civ. 30r si notano i resti di un’imponente edicola barocca. Del dipinto originale di cui rimangono sbiadite tracce non si conoscono i protagonisti.
In Via Prè all’altezza del civ. n. 24 si fanno tristemente ammirare i resti di un’edicola di cui non è dato sapere a chi fosse dedicata.
Il piccolo tempio, scrostato e in più parti irrimediabilmente danneggiato, versa nel più completo abbandono e degrado.
L’anonima edicola è stata riempita con una moderna e dozzinale statuetta della Madonna.
All’interno del cortile di Vico Vegetti 1, sbirciando, è possibile ammirare la settecentesca Madonna col Bambino.
L’edicola venne realizzata con una semplice cornice in stucco e senza tanti fronzoli.
Il modesto, a detta degli esperti, ma spontaneo dipinto su ardesia custodito all’interno ritrae la Vergine che tiene ritto in piedi il Bambinello mentre mostra un rosario.
Al civ. n. 50 di Via Ravecca si trova un tabernacolo con Madonna con Bambino del sec. XVI- XVII.
La nicchia poco profonda la fa pensare più adatta ad un dipinto che ad una statuetta. L’originale è andato perso ed è stato sostituito con una moderna e anonima ceramica in rilievo.
Alla base è inciso il monogramma di Maria con la corona.
Sotto il transetto destro in fondo alla chiesa di S. Maria di Castello, proprio accanto alla tomba dell’emerito medico Demetrio Canevari, si accede alla sacrestia e al suo magico mondo di arredi settecenteschi, passaggi segreti e opere d’arte.
Di queste la prima è già di per sé l’elaborato portale marmoreo di scuola toscana che ne nobilita l’ingresso realizzato nel 1452 dal maestro Leonardo Riccomanno su progetto di Giovanni Gagini.
In alto sulla cornice due angeli sorreggono il cartiglio in cui sono elencate le donazioni elargite dai Grimaldi al convento e come, di conseguenza, quella in origine fosse la loro cappella gentilizia.
Il “portale maggiore” così viene identificato dagli storici dell’arte è tutto finemente intarsiato in tripudio di decori di raffinata maestria: putti e motivi floreali si susseguono in un trionfo di rara bellezza.
Foto di Bruno Evrinetti.
Al civ. n. 1 di Via San Giorgio sotto il campanile della chiesa è impossibile non notare l’imponente rilievo che domina la strada.
Si tratta di un un grande cuore in stucco sorretto da un angioletto in volo e una cornice che conteneva un tempo una lapide il cui testo recitava:
DOM / In Divum Caietanum / Alexandri Io. Baptae et Io. Francisci Filorum / Io, Ambrosii de Dece Jam ante / Profusa Pietas et Munificentia Clericis / Regularibus a Fundamentis Domum / Erexit anno 1688.
Dai registri della chiesa si evince che al centro del cuore vi era l’arma della famiglia di Padre Alessandro da Pece che finanziò, a favore dell’ordine dei Teatini, l’acquisto dell’edificio.
Pochi sanno che il campanile in origine era in realtà la torre della famiglia degli Alberici che abitava il palazzo fin dal 1141.
Nel 1687 il palazzo venne convertito in convento e la torre opportunamente modificata, inglobata nell’edificio.
Percorrendo Via Ravecca, giunti quasi all’altezza di Piazza Sarzano, si trova il Vico del Dragone, un caruggio come tanti, il cui toponimo fornisce però curiosi spunti narrativi.
I membri della famiglia Dragoni o Dragone, di origine umbra, si distinsero come valorosi cavalieri gerosolimitani durante le crociate e per questo, sul loro scudo, potevano esibire con legittimo orgoglio le insegne con tre teste di drago. Numero di teste che venne ridotto a una sola adagiata sul corpo di una colomba da Confidato Dragoni sostenitore, prima dell’Imperatore, e poi di Papa Innocenzo II.
Secondo un’altra versione l’origine dell’etimo del caruggio deriverebbe invece dalla presenza in loco dei Draconari. Costoro erano portatori di labari con sopra dipinti dei dragoni simbolo dell’eresia. I membri di questa misteriosa confraternita non solo partecipavano a processioni e a riti esoterici ma accompagnavano anche le spedizioni militari.
In Vico Dragone 43r. si può notare una cornice lineare in stucco con tettuccio in rilievo completamente vuota.
Del dipinto una volta esposto all’interno non sono riuscito a trovare notizie.