Questi infatti, per circa due anni non mise piede in città delegando la carica ad un suo fidato Vicario.
Il Cardinale, una volta decisosi ad impossessarsi della sua cattedra, pretese di entrare in San Lorenzo in baldacchino e di essere chiamato con il titolo di “Eminenza”.
Il Senato rigettò tale richiesta e questi, per tutta risposta, si rifiutò di incoronare quello che avrebbe dovuto essere il primo Doge con tutte le attribuzioni regali, Agostino Pallavicino. Il novello Doge venne così incoronato, fatto inaudito, dall’Abate di Santa Caterina, nell’omonima chiesa e non in Cattedrale, dall’Arcivescovo.
Non contento l’alto prelato respinse anche la richiesta del Senato di erigere, in posizione rialzata rispetto a quella vescovile, un baldacchino da collocarsi, all’interno di San Lorenzo, al posto della cattedra episcopale.
Genova, infatti, da circa un anno aveva eletto a pro
pria Regina, la Madonna e riteneva queste iniziative necessarie per ottenere riconoscimenti formali, in merito al nuovo titolo regale, da parte delle altre potenze europee.
La misura era colma… ormai lo scontro fra l’autorità ecclesiastica e quella civile rischiava di portare ad un incidente diplomatico con il Vaticano.
Fu così che, nel 1640, Papa Urbano VIII richiamò a Roma il Cardinale per destinarlo come legato pontificio a Bologna.
Otto anni più tardi nel 1648, Durazzo rientrato a Genova fu, a causa di un’altra diatriba, di nuovo oggetto di domanda di espulsione da parte del Senato.
Questa volta però il Papa Innocenzo X non accolse la richiesta e il Cardinale regnò per altri sedici anni, governando con pugno energico e fermo, la Curia genovese.
Alla sua morte, avvenuta nel 1667, la Repubblica, soprannominandolo “il Borromeo genovese”, nonostante i frequenti attriti, intese riconoscerne le indiscusse doti e qualità… doti e capacità che, oltre ad Agostino Pallavicino, almeno una dozzina di Dogi ebbe modo di testare sulla propria pelle durante i suoi, seppur framezzati, ventinove anni di potere (dal 1635 al 1664).