“Il primo dettaglio che colpisce l’occhio da lontano è un faro o lanterna molto elegante, costruito sulla sporgenza di una scogliera sul lato occidentale del porto, così alto che in una giornata senza foschia lo si può vedere da una distanza di trenta miglia”.
“Finalmente avvistammo le coste dell’Italia e, mentre scrutavamo dal ponte nel primo splendido mattino d’estate, la maestosa città di Genova si levò dal mare, riflettendo, dai suoi cento palazzi, la luce del sole”.
Cit. di Mark Twain (1835 – 1910). Scrittore americano.
È importante sottolineare il luogo natio, la propria terra, il proprio mare. E allora questa aspirazione ha lo stesso nome della città. Addirittura Janua, dicono gli studiosi, significa porta, e la città di Dio significa una porta aperta. Il porto stesso è fatto di due grandi braccia che si allargano. Il porto accoglie tutte le navi, tutte le culture, tutte le merci, scambio di merci e di persone. […] Io vedevo arrivare in porto, ancora prima della guerra mondiale, marittimi da tutto il mondo, e mi si apriva il cuore. I primi vu cumprà di Genova erano cinesi, e nessuno li osteggiava. Passavano sulla spiaggia con delle valigione e ripetevano solo «cravatte, cravatte». Erano famosi: «Una lila, due lile».
Cit. Don Andrea Gallo. Prete di strada (1928-2013).
In copertina: il Porto Antico e la Lanterna. Foto di Leti Gagge.
“Il Peschiere è tenuto in gran considerazione per la sua salubrità: è situato nel mezzo del più splendido panorama, entro le mura di Genova, nel cuore di tutte le passeggiate della Collina, circondato dai più deliziosi giardini (pieni di fontane, alberi di arancio, e ogni sorta di piacevolezza) che tu possa immaginare […]. All’interno, è tutto dipinto, muri e soffitti, in ogni centimetro, nel più sfarzoso dei modi. Vi sono dieci stanze per piano: solo poche sono più piccole delle più grandi stanze d’abitazione del palazzo di Hampton Court, e una è sicuramente altrettanto larga e lunga del Saloon del Teatro di Drury Lane, con una gran copertura a volta più alta di quella della Galleria Waterloo nel Castello di Windsor, anzi, a pensarci bene, molto più alta”.
“La casa in cui abitiamo non ha nulla da invidiare a un Palazzo delle fiabe”.
“Mi sono guardato attorno e credo d’aver concluso un accordo per una sistemazione alle Peschiere: spero di prendere possesso di quel Palazzo il primo d’ottobre. Ho a disposizione l’intero edificio, tranne il Piano Terra. Non so se abbiate mai visto le stanze. Sono davvero splendide, e ogni millimetro delle pareti è affrescato. I Giardini sono anch’essi bellissimi”.
“Non c’è in Italia, dicono (e io ci credo), un’abitazione più piacevole di Palazzo Peschiere […] Si trova su un’altura all’interno delle mura di Genova ma appartato dalla città: è circondato da bei giardini interni, abbelliti con statue, vasi, fontane, bacini marmorei, terrazze, viali di aranci e di limoni, boschetti di rose e di camelie. Tutti gli appartamenti sono belli per proporzioni e decorazioni; ma il grande vestibolo, alto una cinquantina di piedi, con tre grandi finestre sul fondo, che guardano sull’intera città di Genova, il porto e il mare che la circonda, offre uno dei più deliziosi ed affascinanti panorami del mondo. Sarebbe difficile immaginare una dimora più gradevole e comoda di quella che offrono le grandi stanze, all’interno; e certamente niente di più delizioso potrebbe essere immaginato dello scenario fuori, alla luce del sole o al chiaro di luna. Somiglia più ad un palazzo incantato in una novella orientale che ad una sobria e grave dimora”.
“Quanto ai palazzi, nessuno uguaglia le Peschiere per architetture, collocazione, giardini o stanze”.
“Che si possa vagare di stanza in stanza senza mai stancarsi di osservare le decorazioni fantastiche sui muri e sui soffitti, così vivaci nella loro freschezza di colori come se fossero stati dipinti ieri; o come un piano, o anche il grande ingresso su cui si aprono altre otto stanze, sia una spaziosa passeggiata; o come ci siano corridoi e camere da letto che non usiamo e che raramente visitiamo e delle quali a malapena ritroviamo la strada; o che ci sia una veduta diversa per ognuna delle quattro facciate dell’edificio, poco importa. Ma quel panorama del vestibolo è come una visione per me”.
Ecco alcuni, a dir poco entusiastici, appunti genovesi di Charles Dickens in merito alla sua nuova dimora nel Palazzo delle Peschiere in via san Bartolomeo degli Armeni n. 5 in cui si era trasferito il 23 settembre del 1844.
In precedenza aveva invece abitato per circa due mesi nella Villa Bagnarello di via San Nazaro nel quartiere di Albaro.
La villa di Tobia Pallavicino, munifico commerciante in allume e ambasciatore genovese, fu edificata nel 1560 su progetto iniziale di Galeazzo Alessi con successive aggiunte di Giovanni Battista Castello, detto il Bergamasco. Chiamata delle Peschiere per via delle numerose vasche adibite ai pesci che, insieme a quattro grandi barchili, adornavano il giardino. Oggi di queste fontane ne rimane una sola attribuita allo scultore Gian Giacomo Paracca, noto come, per le sue origini ticinesi, il Vansoldo.
Prima di Dickens nella villa furono ospiti, fra gli altri, Richard Cromwell (1626-1712), uomo politico inglese figlio del celebre rivoluzionario Oliver e Vittorio Amedeo II di Savoia (1666-1732), re di Sicilia e Sardegna, duca di Savoia e Monferrato, conte di Aosta e principe di Piemonte.
All’interno gli stucchi sono di Marcello Sparzo; il piano nobile è affrescato da Ottavio Semino; le sale laterali decorate ancora dal Bergamasco e da Luca Cambiaso.
In Copertina: Villa delle Peschiere di Tobia Pallavicino.
“Da parecchio tempo eravamo intesi con l’amico Doro che sarei stato ospite suo. A Doro volevo un gran bene, e quando lui per sposarsi andò a stare a Genova ci feci una mezza malattia. Quando gli scrissi per rifiutare di assistere alle nozze, ricevetti una risposta asciutta e baldanzosa dove mi spiegava che, se i soldi non devono neanche servire a stabilirsi nella città che piace alla moglie, allora non si capisce più a che cosa devano servire. Poi, un bel giorno, di passaggio a Genova, mi presentai a casa sua e facemmo la pace. Mi riuscì molto simpatica la moglie, una monella che mi disse graziosamente di chiamarla Clelia e ci lasciò soli quel tanto ch’era giusto, e quando alla sera ci ricomparve innanzi per uscire con noi, era diventata un’incantevole signora cui, se non fossi stato io, avrei baciato la mano”.
Cit. Incipit da “La Spiaggia” di Cesare Pavese romanziere (1908 – 1950).
In copertina: il porto dal battello. Foto di Stefano Eloggi.
“Genova dovrebbe fungere d’intermediaria tra la Germania e l’Italia; è un passaggio dall’ideale al reale, da una vita d’immaginazione al benessere fisico. Non è più lo sfacelo e la negligenza di cui si è stati testimoni in molte parti d’Italia: tutto è pulito e ben costruito. Ma nulla è pittoresco, e gli occhi, ancora pieni dell’armonia di un colorito indefinibile e del tutto particolare al Sud, sono sgradevolmente colpiti alla vista dei colori sgargianti di cui ci si serve per dipingere le case, molto spesso variopinte di rosa, di verde, di giallo e di un certo bruno cannella dagli effetti orribili. Alla periferia, le case di campagna sono talmente fitte da formare una specie di sobborgo verdeggiante: tutto annuncia l’opulenza e la ricchezza di una città commerciale.
Genova la Superba è comparabile a una bella donna sprovvista di fisionomia: la si ammira ma più la si guarda, meno piace. Sarebbe difficile dare la spiegazione di questa impressione; la città è bella, i palazzi magnifici, il sito, senza essere pittoresco, è per lo meno rimarchevole, vi è molto movimento: ma è una vivacità puramente commerciale, non è più il regno dell’immaginazione e delle arti, tutto è calcolato e rivolto all’aspetto pratico della vita”.
Cit. Da Voyage d’Italie, 1899. Anna Tyszkiewicz, nota anche come Anna Potocka (1776 – 1867), contessa e scrittrice polacca.
In copertina: palazzata del porticciolo di Nervi. Foto di Stefano Eloggi.
“È un posto che “cresce dentro di voi” giorno per giorno. Sembra sempre che vi sia qualcosa da scoprirvi. Potete smarrire il vostro cammino (che cosa gradevole è, quando siete senza meta!) venti volte al giorno, se vi aggrada; e ritrovarlo tra le più sorprendenti ed inaspettate difficoltà. Abbonda dei più strani contrasti: cose pittoresche, brutte, meschine, magnifiche, deliziose e disgustose vi si parano davanti allo sguardo ad ogni angolo”.
Cit. Charles Dickens (1812 – 1870) giornalista e scrittore britannico.
In copertina: Panorama genovese. Foto di Leti Gagge.
“Trent’anni fa era considerato un pittoresco ghetto con molti monumenti che ne costituivano la sola parte valida da salvare ed evidenziare demolendo il resto. Oggi proprio l’assieme è considerato monumento, da conservare nella sua quasi integrità, perché solo mediante l’assieme vengono trasmessi al contemporaneo i significati storici, artistici, ambientali, mentre alla mutilazione dell’assieme corrisponderebbe la perdita di molti dei significati. E questo si capisce proprio per la correlazione tra forma e contenuto, tra significante e significato”.
Cit Cesare Fera (1922-1995) architetto e ingegnere.
In copertina: tetti del centro storico. Foto di Stefano Eloggi.
“Scoprire Genova come ti venne raccontata sui libri (e come i suoi abitanti amano narrarla) procura una sensazione incantevole. In primo luogo perché ti restituisce quel minimo di fiducia necessaria nella parola scritta e nel racconto orale, senza di cui vagheresti senza bussola nelle tue elucubrazioni sull’universo mondo. In secondo luogo perché Genova è bellissima davvero. La guardi e brilla nei suoi palazzi meravigliosi, a qualunque altezza sul livello del mare. Di più: è letteralmente sfolgorante nelle successioni di bianco impero, di ocra, di verde muschio, di rosso bruno. Dal Porto Antico al Matitone nelle ore della tarda mattinata che dovrebbero essere infuocate e non lo sono. Le strade non starnazzano, perché il traffico d’agosto rende tutti più civili e spensierati. Intorno e sopra di te c’è solo un’architettura mozzafiato di forme e di colori che ti puoi fermare a contemplare estasiato, senza temere che ogni minuto di sosta ti renda più appiccicosa la camicia. Insomma quando non piove e non c’è la macaia (non ho mai capito come si scriva) Genova è davvero la più bella città di mare d’Italia”.
Cit. Fernando dalla Chiesa. Scrittore.
In copertina i tetti di Genova visti dalla Spianata di Castelletto. Foto di Leti Gagge.
“Quando avrai diligentemente osservato questa città, il litorale che l’avvolge a destra e a sinistra, i monti che sovrastano i flutti, inoltre le persone, gli animi forti ed il comportamento della gente, sappi di aver visto quel secondo coltello che per molti anni, con un esercizio continuo, affilò la spada del valore romano”.