C’era una volta, tanto tanto tempo fa, un buon vecchio gigante. Era seduto sul cocuzzolo di una montagna lungo le coste della nostra penisola, ed i suoi piedi si bagnavano nel mare. Se ne stava così seduto, con il gomito sul ginocchio ed il mento nella mano, pensando al suo triste destino. Era l’ultimo della sua specie, aveva girato il mondo in lungo ed in largo, ma non aveva trovato più nessuno come lui.
Era rimasto solo e per di più la gente aveva paura di lui per via della sua mole. Non che fosse cattivo, anzi, era un gran bonaccione e gli sarebbe piaciuto parlare con la gente e avere amici, ma tutti fuggivano appena sentivano avvicinarsi il suo passo rimbombante.
Era ancora immerso nei suoi pensieri quando si rese conto che in mare, tra i suoi piedi, infuriava una tempesta e che una piccola goletta, sballottata dalle onde e con le vele strappate, rischiava di affondare.
Spinto dal suo buon cuore il gigante allungò istintivamente una mano e sollevò la barca per salvarla dalla furia delle onde. Ma i marinai, quando videro quel gran faccione che li guardava, si misero a correre urlando sul ponte, e qualcuno si sarebbe anche buttato di sotto se in quel momento non fosse uscita dalla cabina la figlia del capitano, che vide l’espressione benevola sul volto del loro salvatore e gridò all’equipaggio: “Ma che razza di uomini siete! Non fatevi prendere dal panico, non capite che questo, qualunque cosa sia, ci ha salvati dal naufragio? Dovremmo essergli grati”. A quel punto tutti si calmarono e cominciarono a guardare quell’enorme mole con curiosità mista a timore, ma quando il gigante aprì l’enorme bocca in quello che doveva essere un sorriso amichevole, la paura si placò, e tutto l’equipaggio rispose con altrettanto amichevoli gesti delle mani.
La goletta rimase sul palmo di quella grossa mano per il tempo necessario alla riparazione dei danni allo scafo ed alle vele. Era una grande piazza d’armi quella mano, e ogni tanto qualcuno scendeva da bordo per sgranchirsi le gambe tra un lavoro e l’altro e intanto, alzando la voce il più possibile, scambiava due parole con quella montagna umana, che raccontò a tutti la sua storia e che ora non faceva più paura a nessuno.
La tempesta si era placata ed i danni erano ormai riparati, ed era giunto quindi il momento di ripartire, ma sembrava che nessuno avesse fretta. La figlia del capitano, che era una ragazza molto intelligente, trovò il modo di fare tutti contenti. Era molto benvoluta, sia a bordo che a terra, e sapeva che la sua decisione avrebbe trovato tutti d’accordo, quindi propose al gigante di seguirli verso nord, alla terra dei Liguri, dove loro vivevano in un paese chiamato Camuli.
Il gigante, contento di avere trovato degli amici, rispose di sì con un gesto della testa ed una risata di contentezza che fece traballare la barca, mandando più d’uno a gambe all’aria sul ponte, poi scese in mare fino alla cintola, seguendo la barca e soffiando dolcemente nelle vele per rendere più facile il viaggio.
Nel piccolo villaggio di pescatori tutta la popolazione si era radunata sul molo ad attendere la goletta, che era stata data ormai per dispersa, ma quando videro da cosa era seguita, tutti si misero ad urlare per lo spavento tra un fuggi fuggi generale.
La ragazza saltò velocemente sul molo e richiamandoli indietro a gran voce, disse: “Non fuggite, questo è l’ultimo dei giganti ed è buono, ha salvato le nostre vite. Potrà restare qui con noi e sarà un amico per tutti”. Gli abitanti rimasero un po’ perplessi, poi qualcuno si fece coraggio e batté le mani, presto seguito dagli altri e tutti insieme fecero festa al nuovo e insolito amico.
Stanco per il viaggio e per le emozioni il gigante chiese di potersi riposare. La ragazza lo guidò in fondo alla grande spiaggia dove lui si coricò, la testa verso il mare e le gambe verso la collina, e quando fu sistemato stese la grossa mano e sollevò fino alla sua fronte colei che lo aveva salvato dalla solitudine. La figlia del capitano lo baciò dolcemente e lui si addormentò felice.
Allora, nella notte, una fata buona lo trasformò in una montagna, coperta di alberi bellissimi e di piante rare, perché gli abitanti di quel villaggio di pescatori potessero, nei secoli, godere della frescura e del verde di quel monte, farvi belle passeggiate nelle calde giornate estive e vedere la sua cima coperta di neve in qualche fredda giornata invernale e, soprattutto, perché il buon gigante potesse rimanere per sempre con quella brava gente che lo aveva accolto con tanto affetto.
Quel villaggio di pescatori si chiama ora Camogli e il gigante addormentato viene chiamato “MONTE DI PORTOFINO” e domina la cittadina. Ancora oggi, guardando la montagna dal mare, si può vedere chiaramente la sagoma del gigante, con la testa verso il mare, il grosso naso prominente, il pancione, ed i piedi verso la collina.
Splendida leggenda frutto della fantasia della scrittrice Annamaria Mariotti.