Vico della Prudenza

In quest’area della zona del Carmine sorgeva in epoca pagana il Tempio della Prudenza.

Da qui l’origine del nome del caruggio dove si presume avesse sede il tempio.

Secondo la tradizione il simbolo della prudenza era la giuggiola.

La giuggiola infatti (zizzoa in genovese) rappresentava la virtù del silenzio e forniva gli ornamenti per il tempio stesso.
Ancora oggi un secolare esemplare di questa pianta fa bella mostra di sé e dà il nome all’ omonima vicina piazza.

In Copertina: Vico della Prudenza. Foto di Stefano Eloggi.

L’Eden è qui… a Genova.

La trasmissione di ieri “Eden un pianeta da salvare” condotta da Licia Colò sulla Sette ha avuto come protagonista in prima serata Genova.

Nel complesso la narrazione non mi è dispiaciuta e l’ho trovata, in linea con il target ecologico del pubblico a cui si rivolge, senza infamia e senza lode.

Forse proprio per via di questo aspetto “green” si è dato ampio risalto alla pista ciclabile ed al trasporto pubblico, temi che in città non riscuotono proprio un consenso bulgaro.

Da Boccadasse con i suoi inconfondibili scorci e relativi racconti legati ai cantautori si è passati poi alle affascinanti atmosfere del centro storico con il suo inestricabile dedalo di caruggi e la magia delle sue botteghe storiche rappresentate, queste ultime, dalla confetteria più antica d’Europa, quella dei Romanengo.

Pazienza se non si è scollinato Capo Santa Chiara per mostrare un altrettanto meraviglioso e incorotto borgo marittimo come quello di Vernazzola.

Un plauso alla buona creanza di aver interpellato, per spiegare ai foresti la meraviglia dei Rolli, il Prof. Giacomo Montanari che ne è l’appassionato curatore.

Il viaggio è poi proseguito alla Spianata di Castelletto da dove, in pieno centro città, è possibile ammirare uno dei panorami più suggestivi della Superba.

Finalmente si è spiegato ai foresti che, come cantavano Fossati e De Andre’:

“Chi guarda Genova sappia che Genova
si vede solo dal mare”

E che l’altra chiave di lettura è quella della verticalità. Pazienza se una volta preso l’ascensore di Castelletto non si è ricordato che, proprio con quell’ascensore, Giorgio Caproni avrebbe voluto andarci in Paradiso.

Quel paradiso, ovvero quell’Eden, che Licia Colò rincorre nei suoi programmi, noi genovesi lo viviamo tutti giorni, privilegiati testimoni della sua incommensurabile bellezza.

La tappa all’Acquario è stata invece abbastanza scontata ma visto appunto il taglio naturalista del racconto, è comprensibile.

Così come comprensibile è stata la citazione di Colombo, la cui abitazione è stato omesso però essere un falso storico ad uso e consumo dei turisti.

Perdonata comunque per aver ribadito l’inconfutabile, documenti alla mano, genovesità dell’esploratore.

Giustificata invece, per via dell’importanza del museo stesso, la sosta al Gàlata, (non Galàta come erroneamente pronunciato) con tutto quel che riguarda la storia della navigazione e relativa testimonianza sull’emigrazione del Direttore Pierangelo Campodonico.

Dell’Antico Porto che poi in realtà è il Porto Antico si è raccontato del Bigo, dipinto solo come un ascensore panoramico senza spiegare cosa rappresenti (sistema di gru per la movimentazione delle merci sulle navi) e del sommergibile Nazario Sauro.

Pazienza se non si è parlato della Biosfera, dei Magazzini del Cotone, di quelli del Sale e dell’Abbondanza, della Città dei Bambini, del vascello pirata Neptune, della pista di ghiaccio in Piazza delle Feste.

Almeno la cinquecentesca porta alessiana del Molo Vecchio però due parole le avrebbe meritate.

Accenno che invece, per fortuna, è stato destinato alla banca più antica del mondo, quella del Banco di San Giorgio.

Interessante invece la bucolica escursione a Pegli nei giardini, di quello che è stato votato come il più bel parco d’Italia, di Villa Pallavicini.

Apprezzabile infine la scenografica chiosa sulle alture da uno dei sedici forti (Forte Begato) che fanno da corona alla città e alla secentesca cinta muraria delle Mura Nuove.

Insomma tutto sommato un gradevole spot pubblicitario che invita il turista a visitare la nostra città con l’augurio di comprendere perché noi genovesi la si ritenga la più fascinosa di tutte.

D’altra parte molti viaggiatori hanno professato la loro predilezione per Genova come ad esempio Cechov che nella sua commedia “Il Gabbiano” ci ha regalato questo inequivocabile dialogo:

Medvedenko: Posso chiedervi, dottore, quale città straniera vi è piaciuta di più?

– Dorn: Genova.

– Trepliov: Perché Genova?

– Dorn: Per le strade di Genova cammina una folla meravigliosa. Quando si esce, di sera, dall’albergo, tutta la strada è colma di gente. Poi te ne vai a zonzo, senza una meta, di qua e di là, a zig-zag, tra quella folla; vivi della sua vita, ti confondi a lei nell’anima; e cominci a credere che possa esistere una sola anima universale …

Genova è la città più bella del mondo”.

In Copertina: La conduttrice di “Eden” Licia Colò con sullo sfondo le imponenti torri di Porta Soprana.

Vico del Gallo

Vico del Gallo fa parte di quella serie di corti caruggi che uniscono via Gramsci a via Prè.

A fine ‘800 il Comune decise di chiamare alcune vie con nomi di animali (ad esempio vico chiuso del Leone, o vico della Tartaruga).

Ecco quindi vico del Gallo il cui toponimo nulla ha a che vedere, né con il Don Partigiano, né con l’omonima famiglia di origine medievale.

Di quest’ ultima va ricordato Antonio, poeta e, soprattutto cancelliere del Banco di San Giorgio, che scrisse un’apprezzata biografia di Cristoforo Colombo.

Dei Gallo già dal 1150 si ha notizia in quel di Levanto. Nel 1528 con la riforma degli Alberghi voluta da Andrea Doria furono ascritti al “Libro della Nobiltà”e confluirono in parte nei dei De Marini, in parte nei Lercaro.

In Copertina: Vico del Gallo.

Via di S. Croce

E’ uno degli scorci più suggestivi di Genova, un luogo sospeso nel tempo dove luci ed ombre ingannano lo spazio giocando a nascondino.

Si tratta di Via e Piazza di Santa Croce incastonate fra Sarzano e la collina di Santa Maria di Castello, il fulcro più antico del centro storico.

Quest’area costituiva un tempo l’originario complesso di Santa Croce, vicino all’attigua omonima porta, una delle tante strutture del litorale cittadino, atte al ricovero dei pellegrini da e verso la Terrasanta.

In Copertina: Via di Santa Croce. Foto di Anna Armenise.

Vico Stella

Tra Via Luccoli e Piazza Fontane Marose si trova Vico Stella.

L’origine del toponimo del caruggio è sconosciuta. Tuttavia gli esperti concordano sulla tesi che la genesi di vico Stella non sia da confondersi con quella dell’omonima piazza legata invece al nome della nobile famiglia degli Stella.

Gli Stella furono infatti notai e storiografi e annoverarono fra le loro fila Giorgio e Giovanni due importantissimi annalisti continuatori dell’opera del Caffaro.

Curioso poi il fatto che in Ravecca esistesse un caruggio con quasi identica intestazione. L’odierno vico delle Fate infatti fino al 1868 era registrato anch’esso come Vico della Stella.

In Copertina: Vico Stella. Foto di Stefano Eloggi.

Vico dello Zucchero

Vico dello Zucchero insieme a vico del Cioccolatte e vico della Fragola fa parte di quel gruppo di caruggi del quartiere del Carmine che ne testimoniano l’antica vocazione pasticcera.

In proposito nella sua opera sulle strade di Genova lo storico Federico Donaver con prosaico ottocentesco stile annota:

”Poco distante havvi il vico del cioccolatte e quindi fù creduto opportuno denominare questo dalla dolce sostanza che fa quello più gradevole; siamo del resto nel genere coloniale in cui i genovesi largamente commerciarono.”

In Copertina: Verticale di Vico dello Zucchero. Foto di Stefano Eloggi.

Salita Pallavicini

Salita Pallavicini che unisce via Luccoli con via XXV Aprile prende il nome dall’omonima nobile famiglia originaria del piacentino, presente in città fin dal 1200.

Il capostipite del ramo genovese fu un tal Nicolò il cui figlio Giovanni, sposando Maria Fieschi, divenne nel 1225 influente Consigliere della Repubblica.

Un altro Giovanni nel 1353 fu, per conto degli Sforza di Milano, Governatore di Genova.

Benedetto nel 1430 riscattò dai Saraceni il Re di Cipro.

Nel 1460 Babilano fece entrare la famiglia Pallavicini in quella dei Gentile: Antoniotto di Babilano nel 1489, Gio Batta di Cipriano 1517, Lazzaro di Nicola 1669, Opizzo di Paolo Geromino 1686 e Lazzaro Opicio di Geromino 1766, furono cardinali.

Nel 1528 con la riforma degli Alberghi i Pallavicino costituirono il sedicesimo Albergo.

Agostino di Stefano 1637,Gio Carlo di Paolo Geromino 1785 e Alerame di Sebastiano 1789 indossarono il mantello dogale.

Lunghissimo poi l’elenco di senatori, vescovi, ambasciatori, magistrati e uomini d’arte e numerose le ricche dimore delle quali forse la più prestigiosa è Villa delle Peschiere in via San Bartolomeo degli Armeni.

Il caruggio ospita al civ. n. 3 una pregevole edicola votiva di Madonna col Bambino a forma di medaglione.

Vicino sul lato del palazzo bombardato durante la seconda guerra mondiale resistono invece ancora tracce di fregi, archetti e laterizi medievali.

In Copertina: Salita Pallavicini con in primo piano il locale “La Cantina Clandestina”. Foto di Giovanni Cogorno.

Vico della Tartaruga

Nei pressi di Piazza di Pellicceria si incontra il vico della Tartaruga.

Il caruggio fa parte di quella seria di vicoli senza intestazione che, con la riforma toponomastica del 1868, si decise di intitolare a nomi di animali.
Fatto questo che mi ha sempre lasciato perplesso.

Con tanti personaggi infatti che hanno nobilitato nel corso dei secoli la storia, in particolare marittima, cittadina (penso ad esempio Benedetto Zaccaria e Lanzarotto di Malocello che sono ricordati solo a Pegli e i Pessagno a Sestri Ponente) non mi capacito come i funzionari preposti abbiano invece partorito, in ossequio alla moda del momento, una scelta così banale.


In Copertina: Vico della Tartaruga. Foto di Giovanni Cogorno.

Via Interiano

Via Interiano, dal nome dell’illustre omonima famiglia, collega la piazza del Portello con quella delle Fontane Marose.

Praticamente la via non è altro che quel breve tratto di strada sul retro di palazzo Agostino Pallavicino e il cortile di palazzo Interiano che corrisponde al civ. n 3 fino al civ. n. 1 di Via Garibaldi.

Capostipite del casato fu Iterio console di Genova nel 1106. Gli Interiano nel 1293 risultano essere i signori di Portovenere e nel 1350 costituiscono un loro proprio albergo confermato come il venticinquesimo nella riforma del 1528.

Nel 1435 Carlo e Luca Interiano figurano a capo di alcune galee genovesi durante la leggendaria impresa dell’assedio di Gaeta e della cattura del Re D’Aragona nello scontro di Ponza.

Giorgio nel 1496 fu governatore della Corsica e si distinse per il commercio dei platani e per i suoi numerosi viaggi nelle Indie.

Intanto sullo sfondo il Mirador di palazzo Nicolosio Lomellino domina il Portello.

In Copertina: Via Interiano. Foto di Sergio Bagna.

Vico Cuneo

Circa a metà di via Prè, superati i muri perimetrali del giardino di Palazzo Reale e di Piazza dello Statuto, sulla sinistra si incontra Vico Cuneo.

Vico Cuneo, anche per via della sua posizione non proprio strategica o di passaggio, è un caruggio sconosciuto ai più. Tuttavia muri, pietre e soprattutto il contrafforte che sorregge le due case ai lati, emanano il loro fascino senza tempo.

In Copertina: Vico Cuneo. Foto di Stefano Eloggi.