Nel cuore dei caruggi tra Campetto e Banchi si trova il caratteristico vico della Neve.
Tre imponenti arcate ogivali in pietra con colonne ottagonali di un’antica loggia medievale dominano il vicolo.
Il caruggio è così intitolato perché qui, ancora fino a fine ‘800, avevano sede le botteghe che smerciavano neve e ghiaccio provenienti dalle neviere realizzate nei pressi del forte Diamante.
All’altezza del civ. n. 8 su trova, purtroppo in pessimo stato di conservazione, resiste la settecentesca edicola della Madonna della Neve commissionata dai bottegai a loro protezione.
In Copertina: Vico della Neve. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
Vico dell’Umiltà è uno di quei caratteristici ombrosi e luveghi caruggi genovesi.
L’origine del toponimo non è accertata tuttavia il tono dimesso del vicolo non deve trarre in inganno poiché qui vi era uno degli accessi del palazzo accorpato al civ. 4 di Campetto della famiglia Imperiale
Tale ingresso, sovrastato da un portale in pietra nera con stemma abraso, fregi e fogliami, versa nel più completo abbandono.
Due cancelli posti alle estremità ne impediscono il passaggio.
In copertina: Vico dell’Umiltà incrocio Vico della Neve. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
Da via e piazza Giustiniani in direzione piazza Pollaiuoli si dipana, con la classica pavimentazione in pietra, il vico dei Lavezzi. Nel caruggio si alternano muri imbrattati dai soliti incivili e tracce di peduncoli di pietra di palazzi medievali.
Qui aveva le proprie dimore una delle famiglie genovesi più antiche, presenti in città fin dall’anno 1000, quella dei Lavezzi, casato che si estinse nel XV secolo.
In Copertina: Vico Lavezzi. Foto di Stefano Eloggi.
Nel quartiere del Molo tra vico di San Cosimo e Vico delle Pietre Preziose si trova vico dei Cavoli.
L’etimolo dell’ombroso caruggio rimanda alla presenza in zona nei tempi che furono di qualche negozio di besagnino.
Cavoli nati dal sudore di Zeus e che secondo Pitagora e Platone per la loro forma raccolta ricordavano le parti anatomiche femminili, simboli della germinazione e della nascita. Da qui la credenza popolare che i bambini nascesssero sotto i cavoli e che il decotto di tale ortaggio fosse consigliato alle partorienti.
Cavoli presenti inoltre in tutte le minestre invernali compreso il minestrone alla genovese, ottimi anche preparati ripieni in zuppa alla maniera delle lattughe ripiene.
Cavolfiori cucinati poi in salsa di pomodoro, nella zuppa, nelle frittelle, in salsa di acciughe o strascinati.
Particolari infine quelli neri a foglia larga arricchiti con la prescinseua.
Gli stessi si possono consumare, ideali come le radici per depurare l’intestino, bolliti con patate e conditi solo con olio e aceto e un pizzico di sale.
In Copertina: Foto di Anna Armenise.
Nel quartiere della Maddalena tra via dei Macelli di Soziglia e vico Sottile si imbocca vico Usodimare.
Era questa, di qui il nome, la contrada dove si trovavamo le proprietà della famiglia Usodimare.
La stirpe prende il nome da Uso di Mare, figlio di Otto Visconti, così detto per via del suo essere avvezzo alla lunga navigazione.
Gente di mare dunque, fra i suoi esponenti marinai, esploratori e mercanti.
Antoniotto Usodimare insieme al veneziano Alvise da Mosto nel 1456 arrivò fino in Gambia dalle cui coste risalí all’interno navigando lungo l’omonimo fiume per decine di chilometri. Durante il viaggio commerciò con le popolazioni indigene incontrate.
Impresa compiuta per conto del Portogallo dal cui re Enrico il Navigatore ottenne la Capitaneria dell’isola di Sao Tiago avamposto della colonizzazione lusitana.
Con la riforma degli Alberghi del 1528 gli Usodimare costituirono il quinto dei 28 alberghi.
In Copertina: Vico Usodimare. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
“In genere le strade sono larghe all’incirca da quattro-cinque piedi a otto, e contorte come cavatappi. Percorri una di queste tetre fenditure, guardi su e vedi il cielo ridotto a somiglianza di un nastro di luce, molto in alto, dove le cime dei palazzi sui due lati della strada quasi si uniscono. Ti sembra di essere sul fondo di qualche terribile abisso, col mondo intero molto al di sopra di te. Ti aggiri a caso attraverso di esse nella maniera più misteriosa e non sai orientarti meglio che se fossi cieco. Non riesci a persuaderti che queste sono vere strade e che i torvi, foschi, mostruosi palazzi siano case, finché non vedi una donna elegante e bella emergere da qualcuna di queste buie e desolate tane che per metà sembrano prigioni. E ti chiedi come possa una così incantevole crisalide venir fuori da un bozzolo tanto poco attraente”.
Cit Mark Twain (1835-1910) scrittore statunitense.
In Copertina: I Quattro Canti. Foto di Anna Armenise.
“Genova, forse il vecchio quartiere preportuale, un labirinto medioevale dove le facciate si toccano quasi e talvolta celano palazzi che si direbbero clandestini, rovinati dal capitalismo e dall’umidità”.
Cit Manuel Vázquez Montalbán (1939-2003). Scrittore spagnolo.
In Copertina: Il centro storico di Genova.
Foto di Anna Armenise.
“Genova è senza dubbio una delle più belle città del mondo, il suo Centro Storico uno dei più affascinanti oltre che dei più integri, Prè uno dei suoi quartieri più significativi e memorabili, quello che i viaggiatori e i naviganti e i turisti attenti raccontano con più vivezza quando tornano a casa”.
Cit. Giancarlo De Carlo. Architetto e Accademico (1919-2005).
In Copertina: Via Prè. Foto di Andrea Robbiano.
Nei pressi di Piazza Matteotti vicino a via Tommaso Reggio si interseca Salita all’Arcivescovato.
Sono questi luoghi, come testimoniato dalle numerose lapidi affisse sulla parete del palazzo Ducale, ricchi di storia.
In Via Tommaso Reggio incontriamo infatti la torre del Popolo o Grimaldina, la Loggia degli Abati, il Museo Diocesano e il Palazzetto, ex Archivio di Stato, Criminale.
Proprio qui in corrispondenza della Salita all’Arcivescovato basta alzare lo sguardo per scoprire i due ponticelli coperti che collegano fra di loro il Palazzetto, l’Arcivescovato e il Palazzo Ducale.
Questi passaggi erano utilizzati in passato dal Doge e dal Vescovo sia per muoversi indisturbati e lontani da occhi indiscreti all’interno dei palazzi del potere, sia per assicurarsi, in caso di necessità, una rapida via di fuga.
Un racconto a me molto caro che si perde nella notte dei tempi narra di una singolare coppia di frequentatori dei caruggi: il Diavolo e il Vento.
Una sera il Diavolo, passando sotto l’Arcivescovato, disse all’amico che sarebbe salito a parlare con il Vescovo e di attenderlo lì sotto.
Nel palazzo della Curia il Diavolo, evidentemente, si trovò proprio a suo agio visto che più non scese.
Ecco perché in Salita all’Arcivescovato soffia sempre forte il Vento; perché questi è ancora lì sotto ad aspettare il Diavolo.
In Copertina: Salita dell’Arcivescovato. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
Nel quartiere del Molo tra via delle Grazie e piazza Leccavela si trova l’angusto vico Foglietta.
L’intitolazione è dovuta all’antica omonima famiglia originaria di Sestri Levante fin dal 1400. Il casato nel 1528 con la riforma degli Alberghi si ascrisse ai Cattaneo.
Fra i numerosi personaggi della nobile schiatta oltre a notai, contabili, senatori e ufficiali spiccano Lorenzo di Alberto che nel 1426, come racconta il Giscardi con enfasi patriottica, con 72 uomini e una galea ne sconfisse sette inglesi con a bordo 1200; Paolo apprezzato poeta; Lorenzo noto navigatore, Biagio podestà di Voltri, Agostino di Oberto consigliere pontifici
Oberto il più celebre dei Foglietta nel 1581 fu prelato, annalista, giurista e scrittore.
In Copertina: Vico Foglietta. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.