Passando da vico Ragazzi a piazza delle Scuole Pie si incontra vico Squarciafico.
L’origine del toponimo rimanda alla nobile omonima famiglia proveniente attorno al 1100 dalla Germania che qui aveva le proprie dimore.
Se “questi muri potessero parlare” -come cantavano De André e Baccini- racconterebbero storie di ambasciatori, ammiragli e poeti:
il primo Squarciafico di cui si ha notizia fu Oberto che nel 1169 combattè fra le file dei lucchesi e nel 1188 fece parte della delegazione incaricata di trattare la pace con i pisani; sempre a proposito di pisani un tal Montanaro nel 1283 fu capitano di nove galee schierate contro i toscani; nel 1361 Oberto fu signore, prima di cederle alla Repubblica di Genova, di Ceriana e Sanremo; Antonio nel 1386 fu ambasciatore presso il re di Aragona e Clemente nel 1428 fu presente nelle trattative imbastite con il re Alfonso; nel 1459 all’ammiraglio Oberto venne affidato il compito di difendere la roccaforte di Bonifacio in Corsica; nel 1580 Oberto fu investito del titolo di Marchese di Galabarca nel Regno di Napoli; Gio Batta nel 1605 fu senatore della Repubblica e nel secolo XVII Vincenzo fu un letterato di discreto successo.
Dopo la riforma del 1528, gli Squarciafico chee nel 1414 formavano già un loro Albergo, confluirono in quello dei Cicala.
In Copertina: Vico Squarciafico. Foto di Giovanni Cogorno.
Tanti sono gli suggestivi scorci che si possono ammirare percorrendo Via San Luca. Uno di questi, ad esempio, è l’archivolto che immette in vico San Raffaele.
Qui a dare il benvenuto è una spettacolare settecentesca edicola che rappresenta la Madonna col Bambino.
In Copertina: Archivolto di San Raffaele. Foto di Giovanni Cogorno.
Tra via Balbi a salita S.Brigida si incontra vico della Cittadella.
Il toponimo del caruggio, oggi assai trascurato, trae origine dalla particolare conformazione fortificata assunta dalla zona dopo l’erezione delle mura nel XV sec.
Questa nuova cinta muraria ebbe un importante ruolo difensivo fino al XVII secolo quando, con la costruzione delle mura nuove del 1632 che ampliarono significativamente il loro perimetro, perse d’importanza.
Da una relazione del 1606 del Senato della repubblica emerge infatti la preoccupazione per l’apertura di cancelli per dare una uscita alle vicine salite.
In Copertina: Vico della Cittadella. Foto di Alessandra Illiberi Anna
Vico dei Gatti è una traversa, oggi chiusa, di via Lomellini testimone dell’antico amore dei genovesi per i felini.
“Genova, città dei gatti. Angoli neri.
Si assiste alla sua ininterrotta costruzione dal tredicesimo al ventesimo secolo.
Questa città tutta visibile e presente a se stessa; in persistente familiarità con il suo mare, la sua roccia, la sua ardesia, i suoi mattoni, i suoi marmi; in lavorio perpetuo contro la sua montagna. – Americana dopo Colombo.
Noia ineffabile delle cose d’arte – assente a Genova”.
Cit. Paul Valery Paul Valery scrittore francese (1871 – 1945).
In Copertina: Vico dei Gatti. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
Nel quartiere della Maddalena da Piazzetta Cambiaso si snoda il vico del Papa.
L’origine del toponimo nulla ha a che vedere con sua Santità e infatti si fa risalire alla presenza in loco, in epoca medievale, di un’antica taverna chiamata -appunto- del Papa.
Nel caruggio è possibile ammirare una splendida settecentesca edicola che raffigura la Madonna con Bambino e San Giovannino.
In Copertina: Vico del Papa. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
A pochi passi da via degli Orefici e via Banchi si trova la graziosa piazza Senarega.
Il toponimo del sito trae origine dal nome dell’omonima nobile famiglia originaria della Valle Scrivia.
Protagonista assoluto della piazzetta è il lussuoso palazzo, edificato attorno al 1590, di Gio. Batta Senarega.
Alle vicende dell’edificio è legata la macabra leggenda secondo la quale si può scorgere, a mezzogiorno in punto, una giovane dama affacciarsi dalla finestra e vederla spiccare il volo tenendo in mano un fagotto.
Superato l’attimo di incredulità si può notare come il presunto fagotto sia in realtà il suo capo mozzato opera del suo geloso amante.
In Copertina: Piazza Senarega. Foto di Giovanni Cogorno.
Via degli Orefici è un caruggio che, seguendo l’andamento del sottostante rio che scende da Soziglia, si arrampica fino a Campetto.
Tutta la contrada, come testimoniato dai vicini toponimi (Scudai, Indoratori e Campus Fabrorum), era sede già da prima del 1200 delle attività legate alla lavorazione dei metalli.
In questo contesto spicca proprio il Caroggio dei Fraveghi, come era chiamata nel Medioevo, la strada dei fabbri e degli orafi, ovvero degli artigiani specializzati nella lavorazione di oro e argento.
In Via degli Orefici meritano menzione al civ. n.7 il Palazzo di Gio. Batta Spinola con il suo strepitoso portale attribuito a G. Della Porta decorato con le Fatiche di Ercole; al civ. n.8 la Madonna degli Orefici il famoso dipinto della Vergine, commissionato dalla Corporazione degli Orefici al maestro Pellegro Piola, fratello del più celebre Dimenico; al civ. 47r sopra una storica armeria il quattrocentesco sovrapporta con L’Adorazione dei Magi, nota ai genovesi come “Il Presepe”, eseguito da Elia e Giovanni Gagini.
In Copertina: Via degli Orefici. Foto di Giovanni Cogorno.
Dall’opulenta Via Garibaldi popolata da turisti ed eleganti uomini d’affari basta imboccare uno qualsiasi dei vicoli che la intersecano per entrare nel ventre vero dei caruggi.
Ecco allora che in direzione della Maddalena la popolazione cambia. Ai signori di cui sopra si sostituiscono venditori ambulanti e bagasce. Mutano anche i rumori, gli odori e il suono delle lingue parlate nelle botteghe che propongono merci da ogni dove.
Quello che non cambia sono i muri scrostati, le tinte pastello e le tracce dei palazzi medievali popolari di un tempo.
Ed è così che scendendo per vico Salvaghi si incrocia, dal nome dell’estinta famiglia voltrese che vi aveva dimora, vico Gattagà.
A dare il benvenuto nel caruggio è una settecentesca edicola di Madonna col Bambino testimone perenne di una Genova sincera e verace che non c’è piu, lontana dai soliti percorsi abituali dei torpedoni turistici.
In Copertina: Vico Gattagà. Foto di Giovanni Cogorno.
Da via della Maddalena a vico Boccanegra si dipana, nel più completo degrado, il vico dei Cannoni.
L’origine del toponimo nulla ha a che vedere con i pezzi d’artiglieria ma rimanda invece ad un’antica pratica genovese.
Con il termine “cannoni” infatti si identificavano in epoca medievale i tubi, diffusi un po’ dappertutto nella città vecchia, che versavano l’acqua nelle fontane o nelle vasche pubbliche.
Tra quelle rimaste la più famosa è quella che si può ammirare in Via del Molo chiamata – appunto- la fontana dei Cannoni.
A differenza dei bronzini (rubinetti) i cannoni non avevano né la chiave per la chiusura, né la valvola per regolarne il flusso, ed erano quindi sempre aperti.
Una volta cessato il loro utilizzo vennero turati con tappi di piombo.
In Copertina: Vico dei Cannoni. Foto di Giovanni Cogorno.
Nel cuore della collina di Castello si trova la Salita di San Silvestro sulle cui pendici si costituì il nucleo del primitivo insediamento abitativo di Genova nel V secolo a.C.
I ritrovamenti infatti di testimonianze dell’età pre-romana risalgono addirittura fino al VI sec. a.C.
Gli scavi condotti nel corso dell’ultimo secolo hanno portato alla luce resti romani di rilevante interesse storico e artistico; tracce della cinta muraria del VI secolo; brani delle fondazioni del “Castello” medievale e della struttura originaria (X-XI secolo) della chiesa intitolata a a San Silvestro.
In Copertina: Salita di San Silvestro. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.