“O Capitano! Mio Capitano!”… seconda parte…

Nell’atrio del castello sono esposte numerose lastre e lapidi scolpite recuperate nel centro storico dal capitano stesso, con l’intento di preservarle da incuria e indifferenza. Le acquistò per pochi soldi in tempi in cui, queste opere d’arte o storiche, venivano ritenute cianfrusaglia d’impiccio.

Grazie alla lungimiranza di questo straordinario uomo di mare sono state salvate importanti opere quali, ad esempio, il sovrapporta e il portale in  marmo di San Giorgio che uccide il drago, in origine ornamento e vanto del civ. n. 11 di Vico Mele. Il capitano lo acquistò nel 1890 dal Marchese Negrone. Segue un secondo sovrapporta con l’Agnus Dei e due scudi ai lati.

“Dettaglio del sovrapporta di san Giorgio che uccide il drago”.

Sullo stesso muro sono affissi:

“Interni del Castello”.

altri Agnus Dei in marmo bianco con lo stendardo del Battista, un bassorilievo con il leone di San Marco e tre stemmi nobiliari.

Un frammento della parte di destra di un altro sovrapporta allegorico, questa volta in pietra nera di Promontorio, che rappresenta un guerriero romano con nella mano destra una cornucopia e in quella sinistra uno scudo con stemma abraso. Ai suoi piedi elmo e clava. Il paesaggio descrive un uccellino sopra un albero, un pastorello che suona il flauto, alcune pecore con relativo cane da guardia. Sullo sfondo mun castelletto con quattro torri. La cornice destra è scolpita a candelabra.

Due rosoni in chiave di volta in pietra di promontorio.

“Panorama portuale”. Foto di Leti Gagge.

Un Chrismon in una raggiera, il frammento di un’Annunciazione con una ghirlanda e la lettera M. Uno stemma della famiglia Grimaldi, il frammento di un bassorilievo con il Battista.

“L’Ultima Cena”.
“Sant’Antonio Abate e, sotto, San Francesco riceve le stimmate”.

Una lastra di pietra nera con l’Ultima Cena, purtroppo danneggiata, della quale è stata fatta una copia esposta nel corridoio al secondo piano. Particolare la presenza allusiva al tradimento di numerosi coltelli apparecchiati sulla tavola.

“San Pietro Martire”.

Un tondo con Sant’Antonio Abate e uno con San Pietro Martire.

Una lastra con il rilievo di San Francesco che riceve le stimmate, San Giovanni Battista e un Cristo crocifisso che appare in cielo.

“L’Annunziata”.

Un altro tondo con l’Annunziata e una misteriosa lapide il cui testo recita:

“Alabarde e scudi appese alle pareti”. Foto di Leti Gagge.

“Hic Adservatvr Reliqvia Protomar / tiris Sancti Stephani Donata P (…) / F. Gondisalvm Mantanvm Ordinis / Predicatorvm, 8c Lazarvm Ambro / sivm Gvidvm Leonardi Benefacto / Res Societati Casse S.ti Stephani, / Vt Ex Instromento Donationis  / (…) ato a Notario Joanne Fra / (…) ario Anno 1728. Die 21. 7Bris.

Probabilmente questa epigrafe si trovava accanto all’urna contenente le ceneri di Santo Stefano.

E poi altri bassorilievi, lapidi, tavelle, rosoni, cornici marmoree.

In alto campeggia una testa di una Venere di Milo in gesso.

Nella loggia sopra il portale con San Giorgio sono posti quattro modelli in gesso di busti di donne idealizzate dai poeti: Beatrice, Ginevra, Laura ed Eleonora. I calchi sono dello scultore Santo Varni e acquistati dal capitano nel 1888.

Nella piccola loggia al secondo piano è custodita la famosa statua del “Colombo giovinetto” pregevole immagine del 1870 dello scultore Giulio Monteverde.

La statua è rivolta verso il mare e alla base riporta l’epigrafe:

“Colombo giovinetto, scultura di Giulio Monteverde”. Foto di Leti Gagge.

“Al Sol che Tramontava sull’Infinito Mondo / Chiedeva Colombo Giovinetto Ancora / Quali Altre Terre, Quali Altri Popoli / Avrebbe Baciato ai suoi Primi Albori.

“Ancora panorama sul porto”. Foto di Leti Gagge.

Copie della statua si trovano presso Bistagno (Al) patria dello scultore, alla Cristopher High School di New York, al Museo Hermitage di San Pietroburgo e alla Galleria d’Arte Moderna a Nervi.

Il Capitano D’Albertis fu fervente sostenitore della cultura scientifica e fra i fondatori dello Yacht Club Italiano nel 1879. Grande ammiratore di Colombo ne ripercorse nel 1882 la rotta a bordo del leggendario “Corsaro” utilizzando la stessa strumentazione in dotazione all’illustre concittadino 390 anni prima. In omaggio al grande esploratore inaugurò il castello proprio nel 1892 in occasione del quarto centenario della scoperta dell’America.

Alla maniera dei suoi gloriosi predecessori, dal castello come fosse la tolda di una nave, il Capitano D’Albertis scrutava il mare come Cristoforo Colombo e dominava la città come Andrea Doria.O Capitano! Mio Capitano! Il nostro viaggio tremendo è terminato,
la nave ha superato ogni ostacolo, l’ambìto premio è conquistato,
vicino è il porto, odo le campane, tutto il popolo esulta,
occhi seguono l’invitto scafo, la nave arcigna e intrepida;
ma o cuore! Cuore! Cuore!
O gocce rosse di sangue,
là sul ponte dove giace il Capitano,
caduto, gelido, morto.

O Capitano! Mio Capitano! Risorgi, odi le campane;
risorgo – per te è issata la bandiera – per te squillano le trombe,
per te fiori e ghirlande ornate di nastri – per te le coste affollate,
te invoca la massa ondeggiante, a te volgono i volti ansiosi;
ecco Capitano! O amato padre!
Questo braccio sotto il tuo capo!
E’ solo un sogno che sul ponte
sei caduto, gelido, morto.

Non risponde il mio Capitano, le sue labbra sono pallide e immobili,
non sente il padre il mio braccio, non ha più energia né volontà,
la nave è all’ancora sana e salva, il suo viaggio concluso, finito,
la nave vittoriosa è tornata dal viaggio tremendo, la meta è raggiunta;
esultate coste, suonate campane!
Mentre io con funebre passo
Percorro il ponte dove giace il mio Capitano,
caduto, gelido, morto.

“O Capitano! Mio capitano! ” i versi resi celebri dal film “Carpe Diem”, composti da Walt Whitman nel 1865 in occasione della scomparsa del Presidente Lincoln, a Genova sono dedicati al nostro Capitano.

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