Camogli è senza alcun dubbio uno dei borghi marinari più incantevoli della riviera di Levante e non solo, patria secolare dei migliori marinai italiani, da sempre compagna inseparabile delle primaverili passeggiate domenicali dei genovesi.
Di Camogli se ne ha per la prima volta menzione in un inno liturgico del 1018 e la sua storia si dipana parallela a quella della Repubblica di Genova per la quale divenne inestimabile e proficua fucina di uomini di mare. Nei secoli successivi, a conferma della sua indiscutibile vocazione marittima, venne identificata come la “Città dei Mille Velieri Bianchi”.
In relazione all’origine dell’etimo di questa località numerose sono le interpretazioni, alcune fantasiose e leggendarie, altre basate su studi ed ipotesi glottologiche.
Una delle prime teorie si rifà a Camulo, il corrispondente etrusco del dio Marte o a Camolio omologo nell’ambito gallo celtico. Secondo altri storici invece il nome deriverebbe dalla popolazione che abitava quei luoghi, prima della conquista romana, i Casmonati, argomentazione quest’ultima, recentemente smentita dagli studiosi moderni.
I glottologi, inoltre, dissentono sostenendo la teoria secondo la quale “Cam” significherebbe nell’antico greco ligure, “in basso” e “gi” terra, ovvero “terra in basso” (che procede lungo alla costa rispetto al valico della strada “Rua”, la Ruta).
Queste le spiegazioni storiche e linguistiche più accettate, ma esistono anche un paio di favole, miti, leggende che meritano di essere raccontate:
La prima, forse quella più credibile, racconta di “Ca” case a “moggi” a mucchi a sottolineare la particolare e suggestiva conformazione delle abitazioni camogline ammucchiate ed addossate le une alle altre, sia sul mare che verso il monte, lungo l’Aurelia.
La seconda, quella che preferisco, anche se di pura fantasia, si riallaccia ad un ambito più strettamente marinaro. “Ca” casa “mugge” delle mogli poiché il borgo, con i suoi marinai spesso impelagati in qualche mare foresto, era abitato in prevalenza da donne. Una volta doppiato il promontorio di Portofino il marinaio camoglino era un uomo libero e, affrancato da vincoli terrestri, il mare diventava la sua sposa. Quando tornava, magari dopo mesi di lunga navigazione, veniva accolto in maniera coreografica. Avvistando all’orizzonte i legni rientrare, le donne esponevano infatti alle finestre dei drappi o lenzuola colorate in modo che gli uomini potessero, associando il colore prestabilito alla propria dimora, riconoscere la propria abitazione -dicono le male lingue- senza incorrere in spiacevoli equivoci.
Che il suo etimo tragga origine da divinità etrusche o galliche, dalla particolare conformazione del suo fronte mare, o dalla suggestiva accoglienza muliebre, ciascuno scelga la versione che più lo soddisfi, Camogli, esercita sempre il suo immutato fascino pronta ad arruolare, sui suoi velieri, persino il marinaio più indisciplinato, la mia fantasia.
Camogli per me è il paese più bello del mondo,ci sono praticamente cresciuta perché mia mamma era di Ruta e quando ero bambina andavo e tornavo da Camogli attraverso le creuze con i miei cugini. Adesso ci torno spesso e sempre provo una grande felicità.