Certo le più celebri congiure, “mobbe” in genovese, sono quelle dei Fieschi del 1547 e di Vacchero del 1628 ma la storia parte da lontano, molto più lontano: la prima di una certa rilevanza di cui si ha notizia risale al 1164, al tempo delle divisioni fra Guelfi e Ghibellini, quando a farne le spese fu il Console Melchiorre della Volta, assassinato dagli esponenti della fazione opposta.
Altro episodio che merita di essere ricordato è legato a Simone Boccanegra, eletto nel 1339 primo doge della Repubblica.
Costui, invitato al sontuoso banchetto organizzato nella villa di Pietro Maloccello in onore del suo prestigioso ospite il re di Cipro, morì “vox populi”, avvelenato.
Fra l’Arcivescovado e palazzo Ducale c’è una strada intitolata ad un vescovo di Genova di fine’800, Tommaso Reggio, che è in realtà una galleria a cielo aperto di misfatti contro la Repubblica.
All’incrocio con Salita alll’Arcivescovato, ad angolo con palazzo Ducale, sono infatti affisse, ad eterno ricordo, due lapidi che raccontano:
la prima del tentativo nel 1648 ad opera di Gian Paolo Balbi di sovvertire l’ordine costituito e d’impadronirsi, con l’appoggio del Cardinale francese Mazarino, del governo della città.
Il nobile riuscì a scappare dalla sua condanna e terminò i suoi giorni ad Amsterdam, commerciando cioccolato.
“Ioanni Pavlo Balbi / Hominum Pessimo, Flagitys Omnibus Imbuto, / Impvro, Sicario/ Monetae Probatae, Adveriterinae, Tonsori, Conflatori / Insigni Fvri, et Vectigalivm Famoso Expilatori: / Ob Nefariam in Remp. Conspirationem / Perdvelli Maiestatis Publicato, / Fisco Bonis Vindicatis, Filys Proscriptis, / Infami Poena Laqvei Damnato, / Ad Aeternam Ignominiam Nefandae Svi Memoriae / Lapis Hic Erectus. / ANNO MDCL.
La seconda invece riferisce del tentativo ordito da Raffaele Della Torre nel 1672, in accordo con il Duca di Savoia, di assalire Savona e Genova calando dalla Val Bisagno. Fallita la “rassa” fu raggiunto e assassinato da un sicario della Repubblica a Venezia.
“Raphael De Turrio-v-y / Aliene Svbstantie Cvnctis Artibvs Exoilator/ Improbvs, / Homicida Predonvm Consors, et in Patrio Mari Pirata, / Proditor, et i Maiestatem Perdvellis, / Machinato Reip.ce Excidio, / Svpplicys Enormitate Scelervm Svperatis/ Fvrcarvm Svspendio Iterato Damnatvs, / Adscriptis Fisco Bonis, Proscriptis Filys, / Dirvtis Immobilibvs, / Hoc Perenni Ignominie Monimento / Ex S.C. Detestabilis Esto. / Anno MDCLXXII.
Il copione è sempre lo stesso puniti con la condanna a morte i cospiratori, distrutte le proprietà, confiscati beni e ricchezze, esiliati i figli. Immortalata la loro vergogna da lapidi a eterno memento.
Oltre a queste pietre dell’infamia, in via Tommaso Reggio, ve ne sono altre tre più recenti che raccontano il sacrificio, la prima nel 1833, di Jacopo Ruffini incarcerato nelle prigioni del Palazzetto Criminale, dentro la Torre Grimaldina, il ripristino, la seconda, del Campanone della Torre, i lavori di restauro la terza, del 1936 sotto la direzione dell’architetto Orlando Grosso.
Il Palazzetto Criminale, un tempo sede dell’Archivio di Stato, venne costruito a metà del XVI sec. su una delle quattro torri che costituivano, in origine, il palazzo del Comune. Al suo esterno degno di nota è il bel portale di pietra sormontato dallo stemma marmoreo di Genova: due eleganti e fieri Grifoni che reggono lo scudo della città.
Il Palazzetto è collegato sia all’Arcivescovado che al palazzo Ducale da due ponticelli coperti che permettevano al Doge e all’Arcivescovo rapide vie di fuga e, soprattutto, garantivano la possibilità di muoversi indisturbati, all’interno delle stanze del potere, lontano da occhi indiscreti.
Nella Via ha sede il Museo Diocesano il cui edificio venne costruito fra il 1176 e il 1184 come residenza dei canonici di San Lorenzo. Di particolare interesse il chiostro, frutto di diverse ristrutturazioni e stili nei secoli; due ali sono infatti medievali, due secentesche come, del resto, le relative sopraelevazioni. Trecentesca è invece la Loggia degli Abati ( in realtà ricostruita nel 1935 da O. Grosso), edificata su una preesistente proprietà dei Fieschi, per dare alloggio, appunto, agli Abati del Popolo.
Palazzo dell’Arcivescovado, Palazzetto Criminale, Torre Grimaldina, Loggia degli Abati, Museo Diocesano e Chiostro dei Canonici, osservate pure con il naso all’insù, ma guardatevi alle spalle, i traditori vi osservano dietro ad ogni anfratto!
In Copertina: la lapide che racconta le vicende di Gian Paolo Balbi.
Marchese arcivescovo Tomaso Reggio (Tommaso)