Di notte l’incanto di Santa Croce
ti rallenta il respiro,
ti toglie la voce.
Alla luce dei lampioni le ombre tetre
ammantano il crepuscolo del fascino
di quelle millenarie pietre.
Dall’edicola della chiesa scomparsa
per volere del “piccolo caporale” corso
e della sua farsa,
protegge e osserva San Giovanni
la piazza da quasi trecento anni.
L’anima intanto cerca pace
e mentre intorno tutto tace
dal volto sgorga inspieganile il pianto
se Santa Croce intona il suo canto.
Ma ora lascio la parola ai poeti… quelli veri!
“Aprimmo la finestra al cielo notturno. Gli uomini come spettri vaganti : vagavano come gli spettri: e la città (le vie le chiese le piazze) si componeva in un sogno cadenzato, come per una melodia invisibile scaturita da quel vagare. Non era dunque il mondo abitato da dolci spettri e nella notte non era il sogno ridesto nelle potenze sue trionfale? Qual ponte, muti chiedemmo, qual ponte abbiamo noi gettato sull’infinito, che tutto ci appare ombra di eternità? A quale sogno levammo la nostalgia della nostra bellezza? La luna sorgeva nella sua vecchia vestaglia dietro la chiesa bizantina”.
Cit. Dino Campana.
La Grande Bellezza…
Foto di Leti Gagge.