Varcato l’incantevole atrio del palazzo Nicolosio Lomellino di Via Garibaldi n. 7 si accede al cortile dominato da un imponente ninfeo frutto dell’ingegno di Domenico Parodi.
La fonte nel monumentale prospetto è alimentata dalla caduta delle acque provenienti dalla cisterna della retrostante collina del Castelletto.
L’imponente ninfeo si sviluppa appositamente in altezza per conferire continuità tra il palazzo e i giardini alla spettacolare scena.
Ed ecco che, fra l’edificio e la collina retrostante, si ammirano due ninfei connessi in soluzione di continuità l’uno con l’altro, il primo al piano del cortile e il secondo nel terrazzo sovrastante.
Più in alto si sviluppa un ampio giardino realizzato su due livelli, costruiti, secondo tradizione, ‘in costa’, che funge da scenografica quinta.
La volta del grande ninfeo è retta da due giganteschi tritoni, realizzati dall’allievo Francesco Biggi, mentre un putto versa l’acqua, che incorniciavano una purtroppo perduta scena ispirata al mito di Fetonte.
Già Alizeri nella sua Guida del 1875 scriveva che il gruppo di “Fetonte giù capovolto dal cielo e un genietto dall’alto a versar acque da un’urna”, eseguito in stucco e collocato immediatamente sopra il grande arco, risultava a quell’epoca già disperso probabilmente eroso e sgretolato nei secoli dall’acqua.
Il giovane Fetonte, figlio del Sole, aveva ottenuto faticosamente la possibilità di guidare per un giorno il carro del padre ma, non sapendo reggerne i focosi cavalli, aveva incautamente bruciato il Cielo e la Terra, ed era stato per questo rovesciato da Zeus con un fulmine e precipitato nel fiume Eridano.
La Grande Bellezza…
In copertina: il Ninfeo di Palazzo Nicolosio Lomellino.