Vico delle Cavigliere fa parte di quel gruppo di caruggi costituenti il ghetto ebraico secentesco.
Il nome del caruggio rimanda alla lavorazione in loco delle “cavigge”, grossi chiodi di legno o ferro utilizzate per fissare le corbe nelle stive delle navi.
In fondo al caruggio si scorge l’edicola votiva collocata alla confluenza Vico Untoria e vico della Croce Bianca.
Il pezzo forte del caruggio però è un sovrapporta in pietra nera del XV secolo al civ. n.21 che ritrae il Dio Padre che mostra il Bambino avvolto in una raggiera all’Imperatore Ottaviano Augusto raffigurato in ginocchio ed in adorazione. Alle sue spalle la Sibilla che consiglia al Sovrano di rivolgersi il preghiera direttamente a Gesù. Fanno da sfondo i sette colli di Roma.
La rappresentazione trae origine dal racconto secondo cui la Sibilla Tiburtina nel tempio di Giunone Moneta avrebbe predetto all’Imperatore l’avvento del Cristo, l’unico vero re degno di adorazione. Secondo la tradizione nel cielo apparve una raggiera di fuoco con al centro la Vergine e il suo Bambino.
“Haec est ara primogeniti” proclamò una voce divina. Fu così che Ottaviano rifiutò di farsi chiamare Signore e abbracciò la vera fede. Nel luogo dove in Campidoglio avvennero i fatti i francescani eressero la basilica di Santa Maria in Aracoeli.
Da qui l’ipotesi che la lapide del caruggio sia stata lì collocata dai francescani del vicino convento sito in piazza dell’Annunziata.
Sulla lastra è inciso “Nemo felicior Augustus”.
In Copertina: Vico delle Cavigliere. Foto di Stefano Eloggi.