“Non si deve muovere la Bastia di Promontorio per far Tenaglia fino che non sia finito il cinto in detta parte”. Così, in fase di progettazione delle Nuove Mura, annotava Padre Fiorenzuola l’architetto incaricato dello studio per la costruzione del nuovo forte. La vecchia bastia cinquecentesca (eretta in realtà intorno al 1478) di promontorio che “tenerebbe netto Cornigliano e il principio della Polcevera, essendo che fino a Coronata può tirare, difenderebbe la Lanterna, L’Oliva e San Pier d’Arena, perché tutti questi lochi lo domina benissimo”, nel 1633 con il completamento delle Mura, venne atterrata. Sul relativo piano si edificò, come struttura complementare alla cinta, la fortificazione avanzata a “Tenaglia”; costruita su due mezzi bastioni laterali, con un piccolo cortile intermedio a due lunghi lati paralleli delimitanti, nell’insieme, un recinto fortificato a 217 metri s.l.m.
Circa un secolo dopo, nel 1747 dopo la cacciata austriaca del Balilla, vennero rinforzati i parapetti del forte perché fossero in grado di opporre maggiore resistenza alle artiglierie nemiche.
Nel 1797 durante la rivolta antifrancese vi si asserragliarono i ribelli genovesi che, dopo dura lotta e numerosi caduti, furono sconfitti dagli invasori.
La storia del forte mutò dopo l’annessione ai Savoia del 1816 che provvidero ad elevare la cortina settentrionale e della fronte a ponente con il contemporaneo innalzamento di cortine in parallelo a chiusura del perimetro. Si ottenne così un corpo continuo a “L” con al suo interno una caserma ma indipendente e in posizione più avanzata rispetto alle mura secentesche. Per questo venne collegato alla cinta mediante un ponte levatoio.
In occasione dei moti insurrezionali del 1849 contro i Savoia Il Tenaglia venne occupato dagli insorti e fu riconquistato dai piemontesi solo grazie al tradimento di un personaggio ambiguo proveniente da Torino.
Costui a conferma del detto “piemontesi falsi e cortesi” seppe ingraziarsi i ribelli a tal punto da strappare loro il comando del Forte e riconsegnarlo alle truppe regie che, sotto la guida del Capitano Govone dei Bersaglieri, avevano già ripreso possesso anche del Crocetta e del Belvedere.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la fortezza, utilizzata come postazione per una batteria antiaerea, causa i bombardamenti patiti, subì gravi danni alla cortina meridionale e il crollo totale della caserma nella zona centrale.
Curiosa è poi la storia legata al nome, visto che nella toponomastica ufficiale, il forte è sempre stato identificato con il nome “Tenaglia” al singolare mentre recentemente i volontari dell’associazione che ne hanno ottenuto dal Demanio la concessione, hanno rinvenuto una targa coperta dai rovi e nel più completo abbandono. La lapide posta all’ingresso, vicino a dove un tempo c’era il ponte levatoio, reca scolpito il titolo al plurale, “Tenaglie”. Incuriositi da questo particolare costoro hanno effettuato delle ricerche secondo le quali tale variante risalirebbe a documenti sia cinque che settecenteschi. Probabilmente si è passati dal plurale al singolare poiché tenaglia in francese si traduce “Tenaille” e, quindi di conseguenza, così è rimasto per tradizione e storpiatura popolare.
Come in ogni forte o castello che si rispetti non poteva infine mancare la caccia al tesoro: due interessanti vicende sono infatti legate a presunti gruzzoli lasciati dai militari nei secoli; il primo risalirebbe al tempo di Napoleone, il secondo all’epoca della Seconda Guerra Mondiale. A proposito di quest’ultimo leggenda narra che, molti anni dopo il termine del conflitto, un soldato tedesco armato di pala si sia presentato al picchetto di guardia con la bizzarra e, per altro non esaudita, richiesta di accedere al forte per recuperare il suo ingente patrimonio che aveva sepolto lì al tempo in cui l’artiglieria tedesca sparava contro l’aviazione alleata.
Posto in posizione strategica dalla sua sommità si gode di un panorama invidiabile che domina sulle Valli Polcevera e Bisagno e che spazia dalla Madonna della Guardia, al Gazzo, a Capo Mele fino al Promontorio di Portofino.
Da alcuni anni Il Tenaglie o Tenaglia che dir si voglia è stato recuperato e restituito alla cittadinanza grazie all’operato di un gruppo di volontari della “Piuma Onlus” che, in occasione di determinati eventi apre, con meraviglia dei visitatori, la storica struttura.
beh, complimenti al giornalista che ha trovato il risvolto paesaggistico poetico a quello che a tutti gli effetti è stato un gran tempo del “belin”. in effetti il forte tenaglie conserva anche con la pioggia e la nebbia il suo fascino maestoso. gli ospiti, invece, quei coraggiosi ottanta ospiti, a passeggiare nel fango grufolando caldarroste parevano più una mandria di cinghiali. grazie a tutti per l’amicizia e il sostegno.
a onor del vero, però, anche se tanti sono i bossoli trovati davanti a quel muro, ad oggi non risultano esecuzioni al Forte durante la seconda guerra
Grazie per l’apprezzamento e per la precisazione.
TenagliA ……. TenagliE …. Difficile uscirne. Nella letteratura e nella prassi più recenti é invalsa l’abitudine ad appellarlo TenagliA. Questo nome é, probabilmente, strettamente connesso alla definizione militare della forma del Forte : opera “a corno o A TENAGLIA”, Ma questa forma, il Forte la assume solo con la ricostruzione e le radicali modifiche apportate, fra il 1820 e il 1832 dal genio militare savoiardo. TenagliE, invece, si accredita, oltre che per l’importantissima targa marmorea murata su uno dei pilastri del ponte levatoio, per prove documentali degli archivi della Parrocchia di S. Maria in Granarolo, che nel 1500 e 1600 qualificano la zona dove sorge ora il Forte, e dove sorgeva allora la Bastia di Promontorio, con il toponimo “Le Tenaglie di Granarolo”. Mappe settecentesche del Forte riportano, inoltre, il nome “Forte Tenaglie”. Cipollina, infine, scrittore di cose della Valpolcevera, nel parlare dei due forti che vi si affacciano dal tracciato delle Mura Nuove, definisce il nostro “Forte Tenaglie”.
Ma le ricerche, e le schermaglie, continuano ….