“Mi trovai a Genova insieme con certi americani che avevano attraversato l’Oceano da pochissimo tempo. Genova li colpì.
Vedevano coi loro occhi tutto quel che avevano letto sul vecchio mondo e non potevano saziarsi di contemplare le vie medievali, ripide, strette, buie, l’insolita altezza delle case, le fortificazioni e i viadotti semi diroccati, ecc.
Entrammo nell’atrio di un palazzo. Un grido di ammirazione si sprigionò dal petto di uno di essi: «Come visse questa gente! – ripeteva, – che dimensioni, che bellezza! No, da noi non c’è nulla di simile!» Ed era pronto ad arrossire per la sua America. Gettammo un’occhiata nell’interno d’un vasto salone: ritratti degli antichi padroni, quadri, pareti scolorite, vecchi mobili, vecchi stemmi, aria morta, vuoto… e il vecchio custode con la cuffia di maglia nera, in logora giacchetta nera, col mazzo delle chiavi… tutto diceva che quella non era più una casa, ma una rarità, un sarcofago, il vestigio opulento d’una vita passata.
– Sì, – dissi nell’uscire agli americani, – avete completamente ragione, questa gente visse bene”.
Cit. Aleksandr Ivanovič Herzen (1812 – 1870) scrittore e filosofo russo.
In copertina: affreschi dei fratelli Calvi nell’atrio di Palazzo Angelo Giovanni Spinola.
Foto di Francesco Auteri.