Così i genovesi, per conto di Filippo Maria, combattono in mare con i propri valorosi ammiragli i temibili aragonesi.
Mentre Francesco Spinola è impegnato nella difesa di Gaeta, Biagio Assereto, partito in suo soccorso, incrocia di fronte a Ponza la flotta catalana superiore per numero, quindi baldanzosa e sprovveduta perché certa della vittoria.
Invece il genovese infligge loro una sconfitta umiliante e clamorosa utilizzando la consolidata tattica di inserire una parte delle forze nella mischia in ritardo.
Vengono fatti prigionieri il Re, due suoi fratelli e numerosi principi e baroni, il gotha della nobiltà catalana.
Il faraonico bottino viene spartito per ordine dell’ammiraglio, che nulla tiene per se, fra i suoi ufficiali e marinai.
Genova, orgogliosa, festeggia per tre giorni e tre notti l’incredibile vittoria e attende impaziente il rientro dei suoi coraggiosi marinai.
La notizia ha insolita risonanza in tutte le corti d’Europa ma, a sorpresa, il Visconti da ordine che i prigionieri non vengano sbarcati a Genova, bensì a Savona per poi condurli direttamente a Milano.
Le vie della politica sono assai contorte, poco inclini alla gloria e più sensibili agli aspetti concreti; senza alcun consulto con Genova, i nobili aragonesi, Re Alfonso compreso, vengono liberati in cambio di un congruo riscatto.
L’orgoglio genovese è ferito ma non basta perché a loro, ironia della sorte, viene ordinato di allestire una flotta per ricondurre gli aragonesi in patria.
Il vaso è colmo, Francesco Spinola, i nobili e il popolo insorgono, uccidono Opizzino d’Alzate, commissario milanese in città, costringono il suo successore Trivulzio, a rifugiarsi dentro al Castelletto e, dopo averlo assediato, radono al suolo la fortezza.
Agli occhi dei genovesi l’Assereto, ottemperando agli ordini dei milanesi, si sarebbe macchiato di tradimento (quando invece era corretto, in quanto militare, obbedire).
Vero è che in cambio ottenne l’investitura del feudo di Serravalle, il titolo di governatore di Milano e, soprattutto, l’inclusione nella famiglia stessa dei Visconti.
I Capitani della Libertà, fra cui lo stesso Spinola, dispongono l’arresto dei suoi parenti e la confisca dei beni.
Le vicende dell’Assereto seguiranno il destino dei milanesi ai quali si legherà sempre più saldamente prestando il proprio operato anche presso gli Sforza, ma non per questo va dimenticata la sua perizia militare marittima.
Di contro lo Spinola continuerà la sua attività di uomo di mare senza però mai ottenere i successi e raggiungere la fama del rivale.
La figura di Biagio Assereto compare sul prospetto di San Giorgio fra i sei grandi della Patria.
Sulla tomba presso la chiesa di Serravalle in cui è sepolto l’eroe di Ponza, è inciso un laconico: ” Biagio Assereto, generale delle galee della Serenissima Repubblica di Genova, fece prigionieri due Re, un infante e trecento cavalieri.
Morì l’anno 1456″.
Allo Spinola invece, già da quattordici anni passato a miglior vita, non bastò il suo amor patrio per ottenere cotanto onore.
Il fiero condottiero osserva sospettoso, dall’alto della sua rappresentazione equestre nell’atrio della Galleria di Pellicceria, gli ignari visitatori che varcano la sua dimora.