Un piccolo passo indietro…
l’anno prima Andrea Doria sposa a sessantuno anni Peretta Usodimare, donna nobilissima, vedova del Marchese del Carretto e parente di Papa Innocenzo VIII.
Passato, come già detto al servizio degli Spagnoli, interra definitivamente il porto di Savona con le cui mura fa erigere la fortezza del Priamar.
Elabora la riforma degli Alberghi (28 principali famiglie delle quali adottano volontariamente il cognome tutti quelli che hanno con esse rapporti di varia natura), istituisce il dogato biennale, la Signoria composta da otto membri, il Maggior Consiglio (400 sorteggiati) e il Minor Consiglio (100 sorteggiati).
Tutte queste cariche sono sottoposte a giudizio dei Supremi Censori.
Andrea viene proclamato Censore Perpetuo e Padre della Patria.
Il Comune, in segno di ringraziamento, gli dona una casa (tuttora esistente) in S. Matteo dove, per altro, mai abiterà.
Infatti da tempo ha ingaggiato Il miglior architetto su piazza, Perin del Vaga, per la costruzione della sua reggia il Palazzo di Fassolo, meglio noto come la Villa del Principe.
Dalle terrazze del giardino tiene sott’occhio la Lanterna, davanti controlla (odierna Stazione Marittima) la Porta di S. Tommaso come privilegiato accesso alla sua flotta ricoverata nell’Arsenale.
Alle spalle (attuale Miramare) coltiva boschi e giardini ricchi di selvaggina per essere autosufficiente in caso di assedio.
Per lo stesso motivo fa costruire un lago artificiale il Lagaccio che, ancor oggi, da il nome all’intero quartiere.
Al suo interno sfarzo e opulenza senza eguali (40 letti, quadrerie, ori, arazzi, argenterie e arredi regali) in stile moresco, lo stesso utilizzato per arredare la sua Quadrireme, la galea più grande mai costruita.
Qualunque personalità capiti a Genova prima si reca dal Principe, poi dal Doge.
Nel frattempo Carlo V nomina ambasciatore a Genova De Soria con il quale, in passato, non sono mancati gli screzi. Doria, ne ottiene, a nome della Repubblica, la revoca.
Nel 1532, per meriti militari, l’Imperatore gli conferisce il titolo di Principe di Melfi (il più antico possedimento normanno in Italia).
Al comando delle flotte pontificia, spagnola e dei Cavalieri di Malta sbaraglia i legni turchi rincorrendoli persino nei loro lidi.
L’anno successivo Khair Ad Din, il celebre Barbarossa, con 60 galee non riesce a conquistare Messina difesa, con coraggio da Andrea.
Nel 1535, a capo di novanta Galee, assedia Tunisi, libera i Cristiani prigionieri ma Barbarossa, lì rintanato, gli sfugge e ripara in Algeri.
Nel 1537 cattura dieci navi turche della flotta imperiale del Sultano Solimano.
L’anno seguente è protagonista di un particolare aneddoto al limite della leggenda;
incrociando, nel Mar Egeo, la flotta veneziana (in quel tempo alleata sia della Spagna che del Vaticano) impegnata in uno scontro con i Turchi, se ne mantiene ben alla larga e prosegue la sua rotta, evitando accuratamente di prestarle soccorso.
Viene perciò accusato di condotta scorretta da parte degli alleati ma nessuno oserà mai contraddirlo “de visu”.
Pare avesse confidato ai suoi ufficiali: “Giammai potrei cagionar vittoria a S. Marco a danno di S. Giorgio” (la rivalità delle due città era sempre ben viva).
Nel 1541 Carlo V si imbarca sulla flotta armata del Doria per assediare Algeri ma una devastante tempesta li costringe al rientro in Spagna e a rinunciare all’ambizioso progetto.
Nel 1544 Doria cattura Dragut, braccio destro del Barbarossa e lo fa rinchiudere nella Torre Grimaldina trattandolo, comunque, con tutti gli onori.
Accoglie a Palazzo il Barbarossa che, per liberare il corsaro, paga millecinquecento scudi d’oro e se ne riparte senza problema alcuno.
Il Principe, in smacco al pirata, chiama il suo gatto Dragut…
In Copertina: le aquile dei Doria che adornano la fontana del Palazzo del Principe.