“Vedrai una città regale,

addossata ad una collina alpestre, superba per genti e per mura, il cui solo aspetto la indica signora del mare”… scriveva Petrarca nel 1358.

breve storia delle Mura di Genova…

Le prime tracce, anche se si ha notizia di una cinta all’epoca romana, circa la presenza delle Mura risalgono al X sec. quando furono erette per far fronte alle continue scorrerie musulmane.
La superficie protetta era di circa venti ettari e i principali varchi erano Porta Soprana, Porta di  S. Pietro (visibile ancora oggi sotto forma di archivolto in Piazza cinque Lampadi), quella di Serravalle, addossata a San Lorenzo, quella di San Torpete in zona San Giorgio e quella Castri (nell’odierno Sarzano).
Nel 1155, causa la minaccia del Barbarossa, le Mura sono ampliate fino a

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“Porta degli Archi oggi in Via Banderali”

difendere cinquantacinque ettari.

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“Porta Siberia dell’Alessi”

Si aggiungono Porta dei Vacca o di S. Fede davanti alla Darsena , Porta di S. Egidio e Porta Aurea in Piccapietra e Porta Murtedi all’Acquasola.
A queste si sommano tre accessi turriti: S. Agnese, Portello e Pastorezza.
Sono mura imponenti la cui altezza media era di circa dieci metri.
Papa Alessandro III, invitato all’inaugurazione, proclama : “Siano le vostre Mura inespugnabili come lo sono i vostri cuori”. Tra il 1276 e il 1287, in piena guerra con Pisa e Venezia le Mura vengono rinnovate e modificate.
Nel XIV sec. la cinta viene ulteriormente allargata a centocinquantacinque ettari con i nuovi accessi di Porta degli Archi (a metà di Via XX, presso il Ponte Monumentale) oggi sita in Via Banderali, Porta dell’Olivella zona Pammatone e la Porta dell’Acquasola.

Tra il 1517 e il 1522 l’Olgiati e il Sangallo, ingegneri di rinomata fama, aggiunsero bastioni, ristrutturarono, potenziarono e inserirono, su progetto dell’Alessi, la Porta Siberia.
Nuove mura, tra il 1629 e il 1633, Galliani, scienziato amico di Galileo Galilei, diresse i lavori di ampliamento, progettati dal Maculani, dal Bianco e dal Fiorenzuola.
Due le Porte della secentesca grandiosa cerchia: Porta della Lanterna e Porta Pila (all’inizio di Via XX), oggi collocata in Via Montesano sopra la stazione di Brignole.
Su di esse le statue della Madonna Regina con sotto scritto il monito “Posuerunt me custodem”.

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“Porta Pila, oggi in Via Montesano”.

Nel ‘700 vennero edificati, a corona della Superba, i forti (ma questa è un’altra storia…) che, inseriti nell’800 dai Savoia nel nuovo sistema difensivo piemontese, costituirono l’ottava ed ultima cinta.

“Porta della Lanterna”.

Storia… di un Abate… di maiali…

Nella zona di Prè, imboccando Vico Inferiore del Roso ci si imbatte in un curioso bassorilievo che rappresenta, fra due scudi abrasi, un monaco inginocchiato con al fianco un pugnale, di fronte a Sant’Antonio, raffigurato vicino ad un grufulante suino.

Il monaco armato simboleggia le lotte sostenute dall’Ordine per erigere e mantenere il loro monastero.

Da tempo immemore infatti, in loco esisteva una chiesa con annesso ospitale per i pellegrini in partenza o di ritorno dalla Terrasanta che aveva ottenuto un singolare privilegio, quello di possedere un branco di maiali.

I suini pascolavano liberamente per le strade del quartiere, cibandosi degli avanzi della popolazione e fu stabilito per decreto del Senato che fosse preservata la loro incolumità e, per distinguerli dagli altri, furono dotati di un rumoroso campanellino.

Il loro numero crebbe a dismisura così si decise che, a godere di tale immunità, fossero al massimo un verro, tre scrofe e venti porcellini; quelli in esubero avrebbero potuto essere catturati ed uccisi da chiunque. I monaci protestarono e ottennero che il Papa intercedesse in loro favore per far revocare tale provvedimento.

Un giorno però, i suini ormai padroni del Borgo, attaccarono un corteo di Senatori ferendone alcuni, decretando di fatto,con questa aggressione, la loro stessa fine.

Intervennero allora i Doria che lasciarono una consistente donazione ai frati in modo che potessero provvedere ai loro bisogni alimentari ed avviare gli ormai indispensabili lavori di ristrutturazione del complesso conventuale.

Inoltre, ogni 13 dicembre, le dame della famiglia patrizia provvedevano ad elargire ai monaci, a titolo personale, cinque scudi d’oro.

L’abate di Sant’Antonio, per sdebitarsi, iniziò la tradizione per cui, ad ogni Natale, un corteo in processione si recava a San Matteo, portando in dono un maiale dell’Abbazia alla nobile casata.

Da qui, forse, l’origine della “Porchetta arrosto” come una delle portate, ormai dimenticate, della tradizione gastronomica natalizia genovese.

"Incisione ottocentesca che rappresenta la processione a San Matteo".
“Incisione ottocentesca che rappresenta la processione a San Matteo”.

Le acciughe…

“Le acciughe fanno il pallone che sotto c’è l’alalonga, se non getti la rete, non te ne lascia una, non te ne resta una”. F. De André.

L’acciuga da sempre risorsa peculiare della nostra regione, molto apprezzata quella di Monterosso e della riviera di Levante, è alimento imprescindibile delle nostre tavole sulle quali viene preparata in numerose varianti: sotto sale, alla marinara, all’ammiraglia, alla sanremese, o sulla “Piscialandrea” (nel ponente), all’agro, alla sarda, al finocchio, al forno, in involtino, ripiene, con il riso, con radicchio, cavolfiore o coste di bietole (entroterra), con nocciole o tartufo (basso Piemonte), in tortino di patate e verdure (alla vernazzese), con patate e funghi, infarinate (se di piccola taglia), impanate (se di pezzatura più grande) e fritte, in Bagnùn (Riva Trigoso), in tegame al verde, cotte a crudo nel limone, come condimento della pasta (insieme alle olive taggiasche e al pan grattato), al pomodoro, alla piastra o alla griglia (se le dimensioni lo permettono), in zuppa, come base di numerose salse (per la Bagnacauda) e sughi, comunque le si cucinino sono favolose e inimitabili.
In passato, ancora fino a metà del secolo scorso, “l’anciùa” nostrana era fonte di scambi con il Piemonte dove i nostri acciugai  si recavano con i loro carretti colmi di olio della riviera e pesce azzurro.
Più sovente i “Pesciai”, a onor del vero, erano valligiani della Valle Maira, nel cuneense che, per sopravvivere nei lunghi mesi invernali, acquistavano i prodotti liguri per rivenderli nelle loro valli, in  Lombardia e in Emilia.
Le acciughe venivano vendute  sotto sale mentre l’olio veniva barattato; per ogni litro di nettare ligure, cinque litri di vino Barbera.

“Napule è” e “Creuza de Ma”… sorelle diverse…

in ricordo di due artisti inimitabili…
Se fossi stato un cantautore la mia più grande soddisfazione sarebbe stata quella di comporre un pezzo per la mia città, un omaggio che mi proiettasse nell’eternità proprio come “Grazie Roma”, “Creuza de Ma” e, appunto, “Napule è”.
Poesie che in pochi versi dipingono con le note e scolpiscono con le parole emozioni inesprimibili.
Pino Daniele, co

"Scorcio di mare, una creuza di Sori, olio su tela di Mario Poggi, il decano dei pittori genovesi".
“Scorcio di Sori una creuza di mare, olio su tela di Mario Poggi, il decano dei pittori genovesi”.

n questa canzone ci è riuscito alla grande raccontando l’essenza di una città meravigliosa, per me, fra le più affascinanti e dimostrando la sua cifra d’artista.
Sarà perché Napoli e Genova sono simili come due sorelle dal carattere diverso ma dallo stesso dna… ogni volta che l’ascolto non posso fare altro che commuovermi… il porto, il mare, i vicoli, l’opulenza delle chiese, il gusto per la buona e semplice cucina, la passione viscerale per la propria squadra e l’orgoglio per la propria storia, storia che le unisce, uniche a essersi liberate dai Tedeschi, prima dell’arrivo degli Alleati… Genova e Napoli, Medaglie d’oro al Valore, Balilla e Masaniello.
Fabrizio e Pino due modi di cantare in genovese o napoletano un unico grande Amore…

S. Bartolomeo dell’Olivella…

Complesso conventuale eretto nel 1305 dai monaci Cistercensi come ci ricorda una lapide, posta all’ingresso del chiostro dedicata al suo fondatore, Bongiunta Valente.

La piazza, protetta dai frastuoni e dal traffico quotidiano è un luogo dell’anima dove anche il tempo entra in punta di piedi perché ha paura di disturbare, di interrompere l’incanto.
Sulla lunetta un affresco con Madonna e bambino e S. Bartolomeo con in una mano un libro e nell’altra un coltello, a simboleggiare la supremazia della cultura sulla violenza.
Al suo interno, in pieno degrado, opere di artisti minori della scuola genovese.
In epoca napoleonica la chiesa venne requisita dalle truppe francesi e adibita a stalla, il chiostro a caserma.

 

"Scorcio d'altri tempi".
“Scorcio d’altri tempi”.

Cessata l’indipendenza della Repubblica il complesso è stato sconsacrato, in parte inglobato dalle abitazioni circostanti, in parte utilizzato come teatro e luogo ricreativo.

"Particolare dell'arco di accesso alla piazza".
“Particolare dell’arco di accesso alla piazza”.

Un omaggio speciale…

Dal 1992 il grattacielo, noto come il “Matitone” è entrato a far parte del panorama portuale cittadino. Alto 109 metri e suddiviso in ventisei piani, un vero e proprio  girone dantesco per gli utenti degli uffici del Comune e dei Servizi di Edilizia, Privata e Urbanistica, che rimbalzano da uno sportello all’altro come in un moderno cerchio infernale.

Deve il suo nome alla singolare forma ottagonale che lo caratterizza, un omaggio, una citazione dell’antico campanile medioevale della parrocchia di S. Donato, ricavato da una torre nolare a triplo ordine di bifore (il terzo ordine aggiunto in seguito ai restauri di fine ‘800).

Nulla si inventa tutto si ricicla…

“Torre nolare di S. Donato”.

Storia di un Generale…

figlio della Superba… condottiero di Spagna… terrore del Continente…
Ciò che rappresentò nel ‘500 l’Ammiraglio Andrea Doria per mare fu, per terra, nel ‘600 il Generale Ambrogio Spinola.

Il nobile genovese, entrato a servizio degli spagnoli, contribuì ad aumentarne la potenza e la gloria combattendo in tutta Europa, in particolare nei Paesi Bassi, dove le sue qualità di sublime stratega gli valsero unanimi riconoscimenti.
Molte furono le sue imprese, quella della presa di Breda, la più celebre.

“Quadro di Velasquez, museo del Prado, Madrid, che rappresenta la Resa di Breda.

Lo scrittore Don Pedro Calderon dedicò, infatti, a questo accadimento una commedia intitolata, appunto, “l’assedio di Breda” in cui il condottiero, al culmine del successo, rivolgeva il suo pensiero alla Superba in difficoltà… (lontana e assediata dai piemontesi)…
“Genova (timoroso leggo) è oppressa dal Duca di Savoia…
Mi perdoni il valore, l’invidia
mi perdoni, se m’intenerisce questa notizia, che a volte è valore la tenerezza;
e la mia patria, mi perdoni
se io vesto acciaio brunito
e non è per sua difesa.”

“Ritratto del condottiero opera di Pietro Paolo Rubens.”

Ancor più eloquente fu “il Dialogo Militar” rivolto ad Ambrogio e composto da Lope de Vega…”
… Quella città famosa,
la cui Repubblica eccelsa
simili eroi produce
nelle armi e nelle lettere;
quella che da tanti secoli
regia maestà conserva,
a nessuna corona
sua antica testa è serva;
Genova la bella, dico,
cui il mar i piedi bacia.
… lo trovaron sempre
l’aurora e le stelle
vestito d’acciaio il corpo
e la sua anima verso gloriose imprese;
esempio per i suoi soldati
rispettato in tutte le frontiere,
invidia delle età passate,
gloria del secol nostro
… (le imprese) di questo grande Capitano,
Ambrogio il Magno, saranno di Italia e Spagna la gloria.”

 

Storia del culto di S. Giorgio… seconda parte…

Alla tradizione più antica, precedentemente raccontata, si aggiunge la variante fantastica dove gli aspetti religiosi assumono una valenza marginale. Come nelle migliori fiabe un giorno il santo, di passaggio per la città di Salem in Libia, incontra una principessa, figlia del re di quel regno, pronta a sacrificare la propria vita per placare le ire di un drago che dimorava in uno stagno poco lontano. Il popolo infatti, stanco di aver sacrificato i propri fanciulli, obbliga il re a rinunciare alla figlia, minacciando la rivolta.

Giorgio interviene prontamente placando la collera della plebe dopodiché affronta il mostro, lo ferisce e lo sottomette come un cagnolino obbediente. Ordina di far legare al collo dell’animale la cintura della principessa che, incredula, ritorna in città con il drago al guinzaglio.

I sudditi sono in festa e, riconoscenti, si convertono in massa assieme a re e principessa al Cristianesimo. Il cavaliere uccide il mostro, lo taglia a pezzi e lo fa trascinare fuori dal paese trainato da quattro paia di buoi. Un’altra variante suggella il gran finale con il matrimonio fra il nostro eroe e la principessa Sabra.

san giorgio chiesa
“La chiesa di S. Giorgio oggi, nelle forme settecentesche successive a l bombardamento di re Sole del 1684”.

Da qui in poi, in particolare dalle Crociate, San Giorgio diverrà l’alfiere dell’Occidente, simbolo della lotta del bene contro il male. Il suo mito si diffonde in tutta Europa; in suo nome vengono erette molte chiese dall’Egitto a Costantinopoli, in Italia, Spagna, Portogallo, fino alla Germania, l’Inghilterra e il Caucaso.

A Genova, già dal 700, una guarnigione di soldati greco bizantini portava in processione, accompagnata dalla popolazione, il vessillo nella chiesa a questi intitolata.

Ma è al ritorno dalla presa di Antiochia (1098) e dalla conquista di Gerusalemme (1099) che i genovesi dell’Embriaco lo elevano ufficialmente a simbolo della città e della Repubblica. Da allora, per oltre cinquecento anni, le grida di battaglia saranno: “Viva San Zorzo” e “Pe Zena e pe San Zorzo”.

I portali delle dimore delle grandi famiglie si adorneranno delle sue gloriose effigie e saranno testimonianza perenne del prestigio da queste acquisito.

"Portale di palazzo Giorgio Doria".
“Portale di palazzo Giorgio Doria”.

Solo agli ammiragli e ai capitani che lo avevano difeso e onorato in battaglia con orgoglio era concesso infatti esporre i simboli del santo guerriero.

San Giorgio protegge dalla sifilide e dal morso delle vipere, sconfigge lebbra, streghe e peste bubbonica, è il protettore degli armaioli e dei sellai e dell’agricoltura in tempi di siccità.

Oggi è patrono dello scoutismo, dell’Inghilterra, del Portogallo, della Lituania, della Serbia, di Barcellona e della Catalunya, di Mosca e di oltre cento comuni italiani di cui ventuno ne portano il nome.

In Germania fa scaturire acque miracolose, in America dà il nome ad uno stato e, nel Caucaso, ad una repubblica.

La festa a lui dedicata è, a seconda dei paesi in cui si celebra, il 23 o il 24 aprile. La religione islamica lo venera tra i profeti.

"S. Giorgio su azulejos, Cappella Botto
“S. Giorgio su azulejos, Cappella Botto”.

Le sue reliquie sono sparse un po’ ovunque: il cranio nella basilica di S. Giorgio in Velabro a Roma, un braccio a Ferrara, l’altro a Venezia. Altre parti si trovano a Le Mans e a Limoges in Francia e in svariate località della Spagna e, naturalmente, custodite nella chiesa a lui dedicata sul promontorio, a Portofino.

Nel 1637 con l’elezione della Madonna a Regina, il pagano “Viva San Zorzo” cede il passo al più ecumenico “Viva Maria” ma già da tempo i fasti dei crociati genovesi sono un lontano ricordo.

Nel 1969 la Santa Congregazione dei Riti lo declassa da “santo ausiliatore” a “memoria facoltativa”.

Ecco perché mi arrogo la “facoltà” di ricordarlo.

In Copertina: Il Vessillo di San Giorgio fino al 1242, anno dell’assunzione ufficiale dello scudo bianco rosso crociato, identificato come la bandiera di San Giorgio.

Storia di leggende…. quinta parte…

misteri… e fantasmi… continua… quinta parte
I membri della Confraternita di S. Germano si divertivano, sbucando nel buio della sinistra Crosa del Diavolo (odierno Largo S. Giuseppe) a spaventare i passanti.
Indossavano un lenzuolo sotto il quale nascondevano una lanterna illuminata e calzavano lunghi trampoli.
In realtà, più che di un’associazione religiosa, si trattava di un gruppo di cospiratori e affaristi politici che, durante i loro incontri, non tolleravano intrusi e avevano ideato questo stratagemma per spaventare i curiosi.
Nei rigogliosi giardini dietro a palazzo Tursi, si aggira invece un elegante e fascinoso spettro di dama bianca.
Chi lo ha visto svanire nel loggiato sostiene essere una signora molto simile a quelle che Rubens e Van Dyck, a loro tempo, amavano ritrarre nei loro dipinti.
Poco distante, nel caruggio sottostante Palazzo Rosso, in Vico Brignole, al tramonto si possono udire i singhiozzi e i lamenti di una enigmatica figura di donna con il volto velato.
Un altro sito molto gettonato per le apparizioni sovrannaturali è la zona dell‘Acquasola che, oltre ad essere stata luogo di culto pagano, nel 1657 in seguito alla peste, è divenuta cimitero di circa ottantamila nostri concittadini.
Nel centro storico bighellona anche lo spettro di un lussurioso tedesco in cerca di piacere che, nonostante le raccomandazioni dei suoi commilitoni di non inoltrarsi nel pericoloso labirinto dei caruggi, non ha obbedito al consiglio ed è stato trucidato dai partigiani.
Dal 1943 dunque, le “Graziose” confermano l’apparizione del fantasma di un uomo in uniforme militare.
L’ho lasciato per ultimo perché ne hanno parlato anche le televisioni nazionali e le emittenti private ed è sicuramente il fantasma più famoso di Genova: la vecchina di Vico Librai.
L’anziana signora gironzola nei pressi di Porta Soprana chiedendo informazioni sulla strada da percorrere per raggiungere la propria abitazione in Vico Librai.

"La vecchina consolata in un'immagine di fantasia".
“La vecchina consolata in un’immagine di fantasia”.

Il vico, a cavallo degli anni ’60 e ’70 è andato distrutto insieme a tutto il quartiere della Madre di Dio in seguito alla vergognosa e spregiudicata politica di rinnovamento urbanistico decisa a quel tempo.
A rendere ancora più affascinante la vicenda di questa nonnina è il ritrovamento, all’interno di un locale dove era entrata per chiedere informazioni, di un borsellino contenente monete del regno, immaginette sacre e un antico rosario.
Tutti oggetti risalenti all’800.

In Copertina:Ritratto di nobildonna genovese, realizzato da Antoon van Dyck all’incirca tra il 1625 e il 1627 a Genova.

Piazza del Carmine…

Pregevole ed imponente edicola barocco secentesca raffigurante il fondatore dei Padri Carmelitani, S. Simone Stock, ordine religioso che, in fuga dalle Crociate, trovò parecchi proseliti nella nostra città, in particolare proprio nel quartiere del Carmine, dove eresse nel 1262 la strepitosa parrocchia di Nostra Signora del Carmine e di S. Agnese.
Al suo interno sono stati rinvenuti, durante attività di restauro, affreschi di Manfredino da Pistoia, collega del più celebre Giotto e allievo del Cimabue.

Ospitava inoltre l’altare e la Confraternita dei Camalli.

"San Giovanni apostolo, particolare degli affreschi duecenteschi".“San Giovanni apostolo, particolare degli affreschi duecenteschi”.

Numerose sculture e quadri del Barocco secentesco genovese sono qui racchiuse come dentro a un prezioso scrigno… Nicolò Traverso, G.B. Paggi, G. De Ferrari, G. Assereto, Domenico Piola, G.B. Carlone e Giovanni David hanno lasciato traccia della loro preziosa arte.
Curiosità finale, questa Parrocchia oltre ad ospitare i funerali di Don Gallo, ha battezzato Palmiro Togliatti, padre del Comunismo nostrano.

"Gloria di Sant'Agnese, gruppo marmoreo di Nicolò Traverso".
“Gloria di Sant’Agnese, gruppo marmoreo di Nicolò Traverso”.