La Drogheria Torielli

In Via San Bernardo c’è una bottega dove regnano tutti i colori dell’iride e trionfano aromi provenienti da ogni angolo del pianeta.

É la storica Drogheria Torielli aperta, in origine dall’altro lato della via, a fine ‘800.

Nel piccolo locale si trova di tutto dalle spezie ai coloniali fino ai tradizionali “reganissi”.

Tutto minuziosamente catalogato in graziosi vasetti etichettati a mano ed esposti su mobilio ereditato da una vecchia farmacia.

All’angolo con Via Chiabrera si nota una settecentesca edicola con una piccola Madonnetta. La nicchia è avvolta in tradizionali volute e riccioli con fogliami mentre sul fastigio domina la classica raggiera con lo Spirito Santo. Ai lati due teste di cherubini alati. La statuetta originale della Vergine è andata persa ed è stata sostituita con una mediocre recente versione.

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Palazzo Castellino Pinelli

Il cinquecentesco Palazzo Castellino Pinelli in Via San Siro n. 2 si infila fra Via San Siro e Piazza Fossatello mentre la parte più visibile si affaccia su Via san Luca. L’antica loggia originale in pietra presentava quattro arcate, oggi murate, sul lato di Via Fossatello e due sullo slargo verso San Luca che oggi ospitano un negozio. Sopra la loggia partono due piani a fasce bicrome bianconere ed altri due in laterizio.

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La Loggia degli Eroi

A Villa del Principe il loggiato che si affaccia sul giardino è superbamente decorato da Perin del Vaga. Si tratta della celeberrima “loggia degli Eroi”, un cinquecentesco tributo di affreschi ad Ansaldo, Martino, Oberto, Lamba, Pagano… gli illustri avi della Casata.

La loggia degli Eroi era posta originariamente in posizione assai scenografica perché le cinque arcate erano rivolte sul giardino sottostante e direttamente sul mare. La sala costituiva lo snodo logistico che consentiva l’accesso all’appartamento del Principe a ponente e a quello della moglie Peretta Usodimare a Levante.

La scena concepita sulle pareti in tripudio di stucchi e colori raffigura  dodici guerrieri, in vesti di antichi Romani (tranne uno, in armatura contemporanea), ben riconoscibili come membri della famiglia D’Oria grazie agli scudi recanti lo stemma del casato, un’aquila nera su campo oro e argento, e sono specificamente identificati come eroi del casato dall’iscrizione che li sovrasta:

“PRAECLARAE FAMILIAE MAGNI VIRI MAXIMI DUCES OPTIMA FECERE PRO PATRIA” (“I grandi uomini dell’illustre famiglia, capi supremi, fecero cose ottime per la patria”).

All’interno delle cinque volticelle che coprono la loggia sono rappresentati, in ottagoni circondati da stucchi finissimi (ispirati alla Domus Aurea di Nerone),  esempi classici di patriottismo romano, celebri episodi di sacrificio di sè per amor di patria, di cui sono protagonisti Orazio Coclite, Tito Manlio Torquato, Marco Curzio, Furio Camillo e Muzio Scevola. Le figure dei D’Oria realizzate da Perin del Vaga, al secolo Giovanni Bonaccorsi, risentono in maniera evidente delle influenze medicee michelangiolesche.

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Il batacchio del Tritone

Sul portone principale di accesso di Palazzo Ducale si trovano i batacchi più fotografati della città. Si tratta di due battiporta i cui originali furono trafugati nel 1980 e sostituiti con fedeli copie. Il Palazzo della Signora del mare non poteva  avere rappresentati che due tritoni.

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Portale di Palazzo Cattaneo

La paternità del cinquecentesco portale di Palazzo Cattaneo in Piazza Grillo 1 è incerta. Per alcuni sarebbe opera di Antonio della Porta, per altri di Gian Pietro Gagini. Di sicuro si tratta di un capolavoro dalla struttura piuttosto complessa: le paraste sono prive di basamento e partono direttamente da terra interrotte a tre quarti da dei semi capitelli quasi a voler rappresentare la partenza di un secondo portale sovrapposto.

Nella parte di sinistra il motivo a candelabra  impreziosito da uccelli esotici è sovrastato da un cesto di frutta e fiori metafora dell’Amor Dei. In cima al semi capitello campeggiano antiche armi (romane). Nella parte di destra predominano invece i decori floreali completati da uno splendido pellicano ad ali spiegate, simbolo dell’Amor proximi. Sopra ancora armi, stavolta moderne (lombarde).

Sull’architrave a sinistra un uomo cavalca un liocorno mentre a destra una donna è in groppa ad un leone. Al centro lo stemma abraso del casato . Sempre a sinistra i decori floreali  hanno alla base due delfini (che simboleggiano la salvezza, la pace, la fortuna) cavalcati da aquilotti. A destra invece campeggiano due mostri marini con la testa a forma di fiore che vengono imboccati da pennuti ad ali spiegate.

L’imponente fastigio sovrastante con i due angioletti che reggono il trigramma di Cristo e il coronato monogramma di maria è stato aggiunto nel ‘600.

Sullo sfondo s’intravvede lo spazio, oggi murato e adattato a ripostiglio, dove nel 1622 Bartolomeo Bianco, così riportano gli inventari, aveva inserito un ninfeo con volta a conchiglia e mascherone sul fastigio.

 

Tra Vico Vegetti e Salita Mascherona

All’angolo fra Vico Vegetti e Salita Mascherona gli evidenti resti, inglobati nel palazzo, di una possente torre, un tempo postazione degli alabardieri, sulla quale campeggia la Madonna Immacolata. Si tratta di un’ottocentesca edicola piuttosto trascurata con un’anonima statuetta della Vergine ricoverata in un malconcio tabernacolo di stucco. Il palazzo ospitava il Convento di Santa Maria la Nuova con relativo ricovero per nobili fanciulle e nel ‘800 venne trasformato in caserma.

Il toponimo della Mascherona trae origine da un’arcaica forma dialettale che indicava la zona sottostante il Castello degradante verso la chiavica, il rivo che scorreva a valle in corrispondenza dell’attuale Via dei Giustiniani.

Vico Vegetti deve invece il nome dell’omonima famiglia che diede i natali al Vescovo Andrea.

A pochi passi Piazza e Via San Bernardo fulcro della movida notturna genovese questo luogo costituisce uno degli snodi più caratteristici dei caruggi genovesi.

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La Dogana e San Giovanni

In Piazza Soziglia al civ. n. 116r si staglia l’edificio che per lungo tempo ha svolto la funzione di Palazzo della Dogana in sostituzione del poco distante Palazzo San Giorgio.

A sua protezione è stata posta la settecentesca edicola di San Giovanni Battista: sul timpano spezzato il Padre Eterno con la mano destra benedice i passanti, con la sinistra regge un mappamondo. Nella nicchia la statua rappresenta il santo in preghiera con ai piedi il classico agnello.

Questa edicola è ritenuta miracolosa  perché commissionata come voto in ringraziamento di uno scampato incendio che si era sviluppato all’interno del palazzo. Non riuscendo a domarlo i genovesi disperati portarono dalla vicina Cattedrale le ceneri del santo protettore e subito le fiamme si placarono.

Alla sua base l’epigrafe laconicamente recita:

“Nostra Tutela Salve”.

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Piazza Stella

Piazza Stella prende il nome dall’omonima colta famiglia di parte ghibellina che diede alla Repubblica notai e storiografi. Tra questi Giorgio, il più celebre, fu illustre annalista continuatore dell’opera del Caffaro. I suoi resoconti coprirono il periodo dal 1290 al 1420 mentre il figlio Giovanni ne riscrisse una parte completandoli fino al 1435.

Nella piazzetta si notano subito le due grandi arcate ogivali in pietra del XIII sec. e il portale in pietra nera del XV – XVI sec  del civ. n. 5. Si tratta della loggia e del portone del palazzo del casato. Scolpito quest’ultimo nel 1506 dal Maestro Giacomo da Campione fu concepito a lesene con medaglioni imperiali e conchiglie alle estremità.

Il fregio dell’architrave presenta al centro l’agnello di Dio e ai lati stemmi abrasi su sfondo floreale.

A fianco il medaglione marmoreo della Madonna della Misericordia con inginocchiato il Beato Botta. L’intelaiatura di contorno è completamente abrasa e rimane solo, sul timpano sicuro dell’edicola, una solitaria testa di angioletto alato.

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In zona della Maddalena

Via della Maddalena un tempo passava tra i campi sotto l’antico Monte Albano (odierno Castelletto) esternamente alla cinta muraria.

Nel Medioevo tutta la zona limitrofa era nota come contrada Sartoria perché sede dei laboratori dei sarti.

Le sedie poste fuori dalla bottega ci ricordano inoltre che durante il ‘700 qui operavano gli apprezzati mobilieri (bancalari, intagliatori, laccatori) maestri del Barocchetto genovese, i primi a riprodurre lo stile francese dei vari Luigi in voga a quei tempi.

Talmente rinomati che i reali di Parigi gli commissionavano la laccatura dei loro preziosi arredi.

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In Copertina: Vico della chiesa della Maddalena. Foto di Leti Gagge.