“Oh covata con gli occhi dalla spianata di Castelletto, la città che lì sotto s’accavalla! un mare in burrasca pietrificato, verso cui d’ogni parte si sporge questa terrazza spazzata dal vento. Fessure vi si aprono le strade e vi si stacca qua e là il verde d’un parco, la nebbia rugginosa dell’Acquasola. Ecco il palazzo a imbuto del Municipio, la colombaia delle monache di clausura, l’occhio giallo del Carlo Felice. A momenti si specchierà nel mare che impaluda tra i docks il mazzo di lumi di San Benigno. Quassù il caffè Spertino, gabbia di vetro che il tramonto fondeva, pare adesso di madreperla. Dentro vi affiora e risprofonda l’ascensore in un silenzio irreale. Uscendone, una donna mi sfiora. A questo balcone spalancato su Genova si potrebbe, un’ora come questa, aspettare l’Amore.
“Ci sono giorni in cui la bellezza gelosa di questa città sembra svelarsi: nelle giornate terse, per esempio, di vento, quando una brezza che precede il libeccio spazza le strade schioccando come una vela tesa. Allora le case e i campanili acquistano un nitore troppo reale, dai contorni troppo netti, come una fotografia contrastata, la luce e l’ombra si scontrano con prepotenza, senza coniugarsi, disegnando scacchiere nere e bianche di chiazze d’ombra e di barbagli, di vicoli e di piazzette”.
“Considerando poi le singole parti diremo, che le radici delle Alpi corrono per una linea curva e sinuosa colla concavità rivolta all’Italia. Il centro poi di questa sinuosità è nel paese dei Salassi; e le estremità danno volta da un lato fino all’Ocra ed al fondo del golfo Adriatico, dall’altro verso la spiaggia ligustica fino a Genova, emporio dei Liguri dove i monti Appennini si congiungono colle Alpi “.
Cit. da la “Geografia” di Strabone.
Genova, con il suo inimitabile contrasto di mare azzurro e cime innevate, regala un colpo d’occhio che innamora.
“Un cupo rossore infuocava le facciate marmoree dei palazzi ammassati lungo le pendici di un’arida collina il cui spoglio crinale tracciava, alto sul cielo che imbruniva, un rigo luminoso e spettrale. Il sole invernale tramontava sul golfo di Genova. Oltre la costa a oriente il cielo era come vetro scuro. Anche il mare aperto aveva un aspetto vitreo, e sulla sua superficie rossastra la luce della sera indugiava come incapace di staccarsene. Le vele di alcune feluche alla fonda apparivano rosee e allegre, immobili nell’oscurità crescente. Tutte puntavano la prua verso la Superba. All’interno del molo, che era lungo e terminava con una tozza torre rotonda, l’acqua del porto si era fatta nera”.
“Questa chiesa di Carignano sarebbe un vero capolavoro di grazia e di nobiltà accanto a Nostra Signora di Loreto (in via Lafitten a Parigi): se non sbaglio è una croce greca, con un’altissima cupola in mezzo. Per L’Italia non ha nulla di eccezionale, ma la posizione è stupenda: l’hanno costruita sopra un monticello che interrompe il general digradare di tutto l’anfiteatro di Genova verso il mare, così che la si vede dappertutto, condizione essenziale da queste parti perché una chiesa abbia successo. Bisogna che i marinai a cui la tempesta fa paura la vedano di lontano; allora fanno dei voti a quella Madonna che vedono”.
«I genovesi non sono egoisti come qualcuno – sbagliando – sostiene. Abbiamo voluto metterti Genova attorno, Gesù bambino, perché queste pietre, queste torri, queste mura sono tenute insieme da un cemento fatto di fede …»
Cit. da Versi in dialetto del poeta Sandro Patrone.
Non si tratta di un’edicola come tante bensì di una dolcissima Madonna con Bambino realizzata nientepopodimeno che da Domenico Piola
Imboccando Via Romana della Castagna a Quarto lungo il suggestivo tragitto percorso dal Vescovo di Guadalajara Alfonso Pecha e da Santa Brigida diretti verso Roma capita di imbattersi in un portone adornato da un bellissimo murale.
Non si tratta di un’edicola come tante bensì di una dolcissima Madonna con Bambino realizzata nientepopodimeno che da Domenico Piola. In cima al tondo che racchiude il dipinto, protetto da una teca in vetro, un cartiglio con il monogramma di Maria.
Le statuine, in origine delle marionette, sono state adattate e arricchite con vestiti realizzati intorno al 1980 dal famoso scenografo genovese Lele Luzzati.
Non c’è chiesa nei caruggi – e non solo – che non fornisca preziosa testimonianza di questa tradizione nostrana. Fra i tanti mi preme segnalare e far conoscere in particolare quello orgogliosamente custodito in Santa Maria di Castello, la chiesa cuore storico, artistico e culturale della città vecchia.
Le statuine, in origine delle marionette, costruite a cavall0 fra ‘700 e ‘800, furono trovate in una cassa dai domenicani quando ancora abitavano il convento. Non se ne conosce con certezza la paternità. Probabilmente alcune sono riconducibili alla scuola del Maragliano e dei suoi allievi Pietro Galleano e Agostino Storace, altre la maggioranza, dei suoi continuatori Pasquale Navone e Giovanni Battista Garaventa. Di sicuro sono state adattate e arricchite con vestiti realizzati intorno al 1980 dal famoso scenografo genovese Lele Luzzati.
Non conosco l’esistenza di questo Ilario [Sant’Ilario] dove risiedete. Mi chiedo se si tratta d’uno di quei deliziosi piccoli paesi de la riviera di Levante
“Non conosco l’esistenza di questo Ilario [Sant’Ilario] dove risiedete. Mi chiedo se si tratta d’uno di quei deliziosi piccoli paesi de la riviera di Levante. Che ricordi mi hanno lasciato i soggiorni da quelle parti e, in particolare, un certo mese d’agosto, a Nervi – nel 1887! […] Si andava da Genova a Nervi! Una leggera colazione e, subito dopo il caffè – all’acqua! Tre o quattro ore d’acqua calda, profonda, tra gli scogli giovani uomini e fanciulle. Si saliva sulle rocce e ci si rituffava nel mare, indefinitamente. Poi ci si rivestiva in una specie di grotta marina, quasi tenebrosa, ingombra di remi. Queste immagini di sole familiare, d’acqua pungente, di vita passata in seminudità, di tempi cocentemente perduti… sono rimasti dentro di me, a lungo, quali risorsa e ideale. Ahimé, ora sento di non riattraversare più queste visioni, così potenti, che tanto significavano la giovinezza. Fino a qualche anno fa non avrei mai pensato di rifiutare, che so, quel calore e quei preservati vigori”.
“La cosa importante non erano i fuochi d’artificio, ma il fatto di essere lì, quella sera in quel posto, a guardare il cielo noi due insieme
Domenica 2 dicembre 2018 Genova ha celebrato la sua simbolica rinascita, dopo le recenti disgrazie, al ritmo delle note dell’Aida di Verdi. I fuochi d’artificio incendiano con i loro potenti bagliori il Palazzo Ducale, la Sede della Regione, il Palazzo De Ferrari (residenza genovese di Napoleone, il Carlo Felice e l’Accademia Ligustica. Al centro la fontana brilla, a seconda dei colori, come un diafano diamante o un prezioso diadema colorato.
“La cosa importante non erano i fuochi d’artificio, ma il fatto di essere lì, quella sera in quel posto, a guardare il cielo noi due insieme nello stesso momento, ascoltare sottobraccio il boato dei fuochi, con lo sguardo rivolto nella stessa direzione di tutti coloro che si trovavano lì”.
(Banana Yoshimoto).
“Lei sfogliava i suoi ricordi
le sue istantanee
i suoi tabù
le sue madonne i suoi rosari
e mille mari”.