Vico e Piazza della Posta Vecchia

Nel cuore del centro storico, tra la zona delle Vigne e quella della Maddalena, si trovano vico e piazza della Posta Vecchia:

ingombranti impalcature, muri imbrattati, e piazza quasi deserta. Non bastano i vivaci colori delle mercanzie del bezagnino a rendere giustizia ad una piazza con attiguo caruggio dal passato ricco di storia e di vita.

In Piazza Posta Vecchia infatti, anticamente si trovavano gli uffici postali trasferiti qui nel ‘600 dalla zona di San Lorenzo, vicino alla Cattedrale.

Nel 1826 vennero spostati in Piazza Fontane Marose, quindi in Via Roma e dal 1911 nell’attuale sede, angolo Piazza Dante, di Via Boccardo.

Nella via si trovano palazzi nobiliari cinquecenteschi quali Bernardo e Giuseppe De Franchi e Paolo Giustiniani oltre a splèendidi portali come il San Giorgio che uccide il drago del civ. 12, o al civ 16, il Trionfo degli Spinola.

Al civ. n. 3 ha sede A Compagna l’associazione genovese che da un secolo (fondata nel 1923) si occupa di mantenere vive lingua, cultura e tradizioni della nostra città.

La Grande Bellezza…

In copertina Piazza della Posta Vecchia. Foto di Vittorio Zoppi 2018

Vico della Pece

Vico della Pece trae l’origine del suo toponimo dalla presenza in zona di laboratori legati alla corporazione dei Calafati. Costoro avevano le proprie botteghe in Vico Stoppieri e con la loro preziosa attività artigiana svolgevano l’indispensabile compito di impermeabilizzazione delle navi.

Per realizzare ciò in questo caruggio si impregnavano le fibre di canapa o stoppa di pece calda che, al fine di sigillare le fessure del fasciame, venivano interposte fra le assi di legno. Un bravo artigiano prima di ottenere il titolo di maestro calafato impiegava fino a otto lunghi anni di apprendistato.

Essendo a continuo contatto con il fuoco per riscaldare la pece gli stoppieri elessero a loro patrona Santa Tecla, la santa che secondo la tradizione uscì viva dal rogo.

I calafati avevano la cappella di loro giurisdizione nel secondo altare della navata destra della chiesa di S. Marco al Molo.

Nel 1735 commissionarono a Francesco Maria Schiaffino un sontuoso gruppo marmoreo raffigurante i SS. Nazario e Celso.

La Grande Bellezza…

In copertina: Vico della Pece. Foto di Stefano Eloggi.

Vico del Pomino

Qui un tempo la contrada era tappezzata dagli orti di Banchi.

E’ lecito dunque pensare che l’origine del toponimo del Pomino, che per altro sfocia in Vico delle Mele, sia da ricondurre alla presenza in loco di qualche albero del succoso frutto.

La Grande Bellezza…

In copertina: Vico del Pomino. Foto di Giorgio Corallo.

Via Tommaso Reggio

La strategica via intitolata a Tommaso Reggio, vescovo prima di Ventimiglia e di Genova poi dal 1892 al 1901, è sede di importanti edifici legati al potere e agli intrighi della Genova medievale.

Qui infatti si trovano il cinquecentesco Palazzetto Criminale, il ponticello di collegamento tra il Palazzetto stesso e la cattedrale di San Lorenzo, la torre del Popolo, la Loggia degli Abati, una parete perimetrale di palazzo Ducale e il Museo Diocesano.

Atmosfere cupe, angoli bui, incolpevoli testimoni, come certificato dalle lapidi di infamia che vi sono affisse, di cospirazioni e congiure contro la Repubblica.

La Grande Bellezza…

In copertina: Via Tommaso Reggio. Foto di Stefano Eloggi.

Vernazzola

Capo di Santa Chiara segna il confine fra due meravigliosi borghi marinari. Da una parte la famosissima Boccadasse celebrata da scrittori e cantautori, dall’altra la meno nota, ma non per questo meno affascinante, Vernazzola.

L’origine del nome di questo suggestivo borgo di uomini di mare si deve al sottostante omonimo rio, oggi completamente ricoperto.

Le case color pastello dei pescatori, le società sportive di canottaggio e pesca, i gozzi ricoverati a secco sulla spiaggia affollata di bagnanti, rendono ancora oggi il borgo assai vivace e vissuto.

Anticamente la partenza da qui della creuza per Bavari caratterizzava Vernazzola come un luogo aperto verso il mare, di transito e di passaggio.

Inoltre per fornire assistenza ai viandanti vi era anche un monastero di frati Domenicani.

Anche Capo di Santa Chiara, il cui nome rimanda alla presenza di un piccolo convento di agostiniane scalze, un tempo era noto come Capo di Vernazzola e costituiva propaggine naturale – appunto – di Vernazzola.

Le intitolazioni delle creuze che dal capo si diramano in direzione di Vernazzola furono scelte dal sindaco di San Francesco d’Albaro quando nel 1874 Sturla venne annessa amministrativamente a Genova.

I nomi di tali caruggi: Argonauti, Tritone, Giasone, Icaro, Urania rivendicano, attingendo alla mitologia classica, l’inequivocabile vocazione del borgo.

La Grande Bellezza…

In copertina: il borgo di Vernazzola. Foto di Stefano Eloggi.

Scalinata del Laberinto

Scalinata del Laberinto, o del Labirinto che dir si voglia, costituisce singolare quanto caratteristico varco fra le millenarie, nel corso dei secoli poi più volte risistemate, mura delle Grazie.

Nomen omen visto che l’accesso nel dedalo dei caruggi ancora oggi da l’impressione, per chi non è pratico, di un vero e proprio intricato labirinto.

Secondo gli storici ottocenteschi visto che la zona era battuta dalle prostitute, un toponimo dalla genesi moraleggiante e quindi un labirinto di perdizione.

Vi si accede percorrendo Vico di Santa Croce e Salita della Seta. Lo stretto colpo d’occhio all’orizzonte di squarci di azzurro del mare, un tempo era riempito dalle navi mercantili, oggi dalle gigantesche fusoliere delle grandi navi da crociera.

Nel 1974 vi furono girate alcune scene del poliziesco “Genova si ribella” con protagonista Franco Nero.

La Grande Bellezza…

In copertina: Scalinata del Laberinto. Foto di Stefano Eloggi.

La chiesa inferiore di San Giovanni di Pre’

L’ambiente essenziale e austero proietta in un baleno il visitatore indietro di quasi nove secoli in un luogo mistico e magico al contempo.

La chiesa inferiore della Commenda di San Giovanni mantiene vivo il suo innegabile fascino e costituisce quinta assai scenografica nel racconto dei cavalieri gerosolimitani che qui avevano dimora.

Sotto gli archi delle volte a crociera s’intravvedono ancora, sbiaditi dal tempo, gli antichi affreschi di influsso bizantino.

Camminando invece sulla pavimentazione originale del XI secolo pare ancora di ascoltare il calpestio e lo sferragliare di spade e armature dei crociati di Testa di Maglio.

Qui nella suggestiva cappella di Santa Margherita pregavano i pellegrini in partenza per la Terra Santa.

Sulla parete della navata di sinistra si possono ammirare infine i resti della cappella di Sant’Ugo con il ciclo di piccoli affreschi che ne raccontano vita e miracoli.

In copertina: chiesa inferiore di San Giovanni di Pre’. Foto di Stefano Eloggi.

Via dei Giustiniani e Sà Pesta

Via dei Giustiniani era la chiavica lunga che scendeva dal colle di S. Andrea per sfociare in mare.

A fianco del fossato si alzavano le mura del X secolo demolite intorno all’anno Mille.

I conci in pietra vennero riutilizzati per la costruzione di nuove case. Nel XIV sec., coperta la chiavica, furono demolite le ultime casupole in legno.

Fu allora che i Giustiniani costruirono il loro palazzo e allargarono il caruggio fino a farlo diventare il più importante della città.

Sulla sinistra, più o meno all’altezza dell’incrocio con Vico di S. Rosa, si nota la serranda abbassata (è l’alba) di Sà Pesta uno degli ultimi locali storici che anticamente ospitava magazzini di sale distribuito per usi domestici.

Sale pestato, questo significa il nome tradotto in italiano dal genovese, mantiene il caratteristico forno a legna, i soffitti voltati, piastrelle rigorosamente bianche e pavimenti in graniglia alla genovese.

La Grande Bellezza…

In copertina: Via Giustiniani all’altezza del civ. 16r. Foto di Stefano Eloggi.

L’archivolto di Santa Maria in Passione

Da Santa Maria di Castello proseguendo in salita si giunge alla piazzetta di Santa Maria in Passione. Della chiesa appartenuta un tempo al convento delle Canonichesse Lateranensi rimane solo il sinistro sventramento perpetrato dai bombardamenti della seconda guerra mondiale.

Resta in piedi, seppur rimaneggiato, il campanile mentre dei preziosi affreschi di Valerio Castello e di Domenico Piola, purtroppo non vi è più traccia.

Ma la vera curiosità sta nell’archivolto medievale individuato dagli storici come la base di una delle due vere torri Embriaci, da non confondersi con la torre De Castro, presenti nelle più antiche raffigurazioni del primitivo castrum cittadino.

La Grande Bellezza…

In copertina: l’archivolto di Santa Maria in Passione. Foto di Stefano Eloggi.

La magia delle Vigne

Il toponimo della zona delle Vigne rimanda a prima dell’anno Mille quando la contrada era identificata con il nome di Vigne del Re. Queste vigne, dette anche di Susilia, si estendevano inoltre su tutta la collina del Castelletto.

In Vico del Campanile delle Vigne l’ormai millenario campanile in pietra svetta in tutta la sua maestosa eleganza sulla copia del sarcofago del II sec d. C. che raffigura la morte di Fedra. L’originale conservato al museo Diocesano dal 1304 venne utilizzato come tomba di Anselmo D’Incisa.

Anticamente il sito, per via della presenza di un cimitero paleocristiano, era ritenuto magico.

Gli undici archi a tutto sesto tamponati a sinistra nel muro perimetrale del chiostro, potrebbero essere i resti di tombe ad arcosolio del cimitero paleo cristiano, o più probabilmente, tracce di antichi magazzini. In origine la sede stradale era infatti ribassata rispetto a quella attuale.

Proprio per purificare la zona da queste leggende e superstizioni pagane nel 991 sarebbe stata eretta la basilica di S. Maria delle Vigne.

La Grande Bellezza…

In copertina: Scorcio di Vico del Campanile delle Vigne. Foto di Stefano Eloggi.