… Salimmo sulla cupola per una scala a chiocciola, che però non ha colonna centrale, giacché, invece di questa, c’è un grande foro cilindrico dal basso fino in cima. Dall’alto della cupola si gode di una vista molto estesa sia sul mare che sulla città.»
Cit: Charles de Brosses (1709-1777) erudito e filisofo francese nelle sue Lettres familières sur l’Italie (1739-1740).
Emozioni impresse negli appunti anche dello scrittore scozzese Tobias Smollett (1721-1771) che in una lettera del suo “Viaggio in Italia” così annota:
“Proprio vicino al ponte esiste una elegante chiesa dalla sommità della quale si può godere un panorama molto ricco e ampio della città, del mare e della campagna adiacente, che assomiglia a un continente di boschetti e ville”.
Lettera del 15 gennaio 1765.
La Grande Bellezza…
In Copertina: Sopra la cupola della Basilica di Carignano. Foto di Stefano Eloggi.
A Genova, si sa, la tradizione del presepe è molto sentita. Non esiste chiesa, oratorio o santuario che non ne realizzi uno proprio.
Oltre a quelli storici della scuola settecentesca esistono poi delle originali e spontanee rappresentazioni di ambientazione marina come quelli, ad esempio, di Boccadasse e Vernazzola.
I due borghi di pescatori divisi da Capo di S Chiara propongono i loro scenografici allestimenti: Boccadasse all’interno di un tradizionale gozzo e Vernazzola in una lussureggiante cornice floreale tra cordami e gomene.
La Grande Bellezza…
In copertina: Il Presepe di Boccadasse. Foto di Maria Beatrice.
Ecco un classico esempio dei magici e suggestivi scorci che solo Genova sa regalare a chi ha voglia di esplorare la Superba al di fuori delle solite inflazionate direttrici.
A Lanterna de Zena l’è fæta a trei canti, Maria co-i guanti lasciæla passà. A tr’öue de nêutte e tutti l’han vista a fava a fiorista vestîa da mainâ. Cattæghe ‘na roba, cattæghe ûn frexetto cattæghe ûn ometto, pe fâla ballâ.
La Lanterna di Genova è fatta a tre angoli, Maria con i guanti lasciatela passare. Lavora di notte e tutti l’han vista faceva la fiorista vestita da marinaio. Compratele un vestito, compratele un nastro trovatele un ometto, per farla ballare.
Questa antica filastrocca popolare del ‘700 testimonia come da qualunque punto la si guardasse, la Lanterna mostrasse sempre tre lati.
In Copertina: La Lanterna di Genova. Foto di Antonio Corrado.
“La via di Camilla per piazza Stella caracollava ora spedita sotto le volte scure di Sottoripa. Non c’era da aver paura, ora, di niente, ma da fare tanto di occhi così.
Chi avrebbe potuto raccontarlo l’emporio di Sottoripa, chi ci avrebbe creduto tra l’Ogliastra e le Baronie? Il sole basso del mattino d’inverno sforacchiava con fasci di luce iridata di pulviscolo le tende di ogni colore e sbiaditura che tenevano il vento verso mare, e infarinava di giallino una lunga galleria sorretta da colonne e da pilastri di ogni arte e fantasia.
Non avevano mai voluto mettersi d’accordo tra di loro i mastri muratori che avevano innalzato un secolo via l’altro la palizzata di Sottoripa, la rincorsa di torri e castelli e palazzi pigiati l’uno a fianco all’altro per un chilometro e più che anticamente si faceva sciacquare le lastre dei porticati dalla risacca di scirocco che penetrava nella vecchia Darsena.
Né era sembrato onorevole ai patrizi e ai ricchi della Repubblica avere riguardo per l’opera del vicino e consonare con uno sforzo d’armonia le architetture. Perciò, indissolubilmente inchiavardati tra loro, sfilavano davanti agli occhi attoniti del mondo che si affacciava al porto della Superba i capricci di stile e di ripicca di gusto romanico, moresco, franco e pisanino, gotico prudente e gotico svettante, barocco, avignonese, castrense e chissà cos’altro ancora.
Le colonne dei portici naturalmente erano il vanto dei loro padroni; una doveva invidiare l’altra, e dai capitelli sgorgavano, in perpetuo malcontenti della pietra che frenava i loro furori, tutto il serraglio degli animali esotici e dubbi che dovevano montare la guardia alle magnificenze dei piani superiori”.
Cit. Da “La Regina disadorna” del 1998 di Maurizio Maggiani. Scrittore.
Vico dell’Umiltà è uno di quei caratteristici ombrosi e luveghi caruggi genovesi.
L’origine del toponimo non è accertata tuttavia il tono dimesso del vicolo non deve trarre in inganno poiché qui vi era uno degli accessi del palazzo accorpato al civ. 4 di Campetto della famiglia Imperiale
Tale ingresso, sovrastato da un portale in pietra nera con stemma abraso, fregi e fogliami, versa nel più completo abbandono.
Due cancelli posti alle estremità ne impediscono il passaggio.
In copertina: Vico dell’Umiltà incrocio Vico della Neve. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
Era questa, di qui il nome, la contrada dove si trovavamo le proprietà della famiglia Usodimare.
La stirpe prende il nome da Uso di Mare, figlio di Otto Visconti, così detto per via del suo essere avvezzo alla lunga navigazione.
Gente di mare dunque, fra i suoi esponenti marinai, esploratori e mercanti.
Antoniotto Usodimare insieme al veneziano Alvise da Mosto nel 1456 arrivò fino in Gambia dalle cui coste risalí all’interno navigando lungo l’omonimo fiume per decine di chilometri. Durante il viaggio commerciò con le popolazioni indigene incontrate.
Impresa compiuta per conto del Portogallo dal cui re Enrico il Navigatore ottenne la Capitaneria dell’isola di Sao Tiago avamposto della colonizzazione lusitana.
Con la riforma degli Alberghi del 1528 gli Usodimare costituirono il quinto dei 28 alberghi.
In Copertina: Vico Usodimare. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
L’intitolazione è dovuta all’antica omonima famiglia originaria di Sestri Levante fin dal 1400. Il casato nel 1528 con la riforma degli Alberghi si ascrisse ai Cattaneo.
Fra i numerosi personaggi della nobile schiatta oltre a notai, contabili, senatori e ufficiali spiccano Lorenzo di Alberto che nel 1426, come racconta il Giscardi con enfasi patriottica, con 72 uomini e una galea ne sconfisse sette inglesi con a bordo 1200; Paolo apprezzato poeta; Lorenzo noto navigatore, Biagio podestà di Voltri, Agostino di Oberto consigliere pontifici
Oberto il più celebre dei Foglietta nel 1581 fu prelato, annalista, giurista e scrittore.
In Copertina: Vico Foglietta. Foto di Alessandra Illiberi Anna Stella.
In Piazza delle Scuole Pie al civ. n. 3 si trova il duecentesco, con relativa loggia, Palazzo Lasagna.
Il suggestivo portico è caratterizzato da una doppia arcata a sesto spezzato in conci bicromi.
Una delle due colonne al centro che formano la doppia al centro è di origine romana.
Nella seconda metà del ‘500 la dimora venne affrescata dal pittore Andrea Semino con ritratti mitologici di Dei e Muse.
Sotto l’archivolto di Vico delle Scuole Pie tre lapidi, l’ultima delle quali illeggibile, poste sopra un’edicola marmorea a tempietto vuota, certificano le proprietà della famiglia Lasagna.
Non sono chiare le origini del casato ma la loro presenza in città è nota fin dai secoli XII e XIII. Fra i suoi membri diversi senatori della Repubblica. Nel 1528, con la riforma degli Alberghi, confluirono nei Cattaneo.
La Grande Bellezza…
In Copertina: Piazza e Vico delle Scuole Pie. Foto di Giovanni Cogorno.