Quando la Torre Piacentini era stata appena costruita dall’omonimo architetto… innalzata tra il 1935 e il 1940 è alta 105 metri distribuiti su 31 piani ed è tuttora il secondo grattacielo cittadino dopo la Torre di San Benigno, a tutti nota come “Il Matitone”…
quando per distinguerla dalla sorella più bassa era detta Torre Sud prima di essere negli anni identificata in relazione alle attività ospitate nella sua panoramica terrazza oggi sede degli studi dell’emittente televisiva Primocanale, come torre: Capurro, Martini e Colombo…
quando aveva avuto il primato di più alta costruzione italiana ed europea in cemento armato dell’epoca, di grattacielo più alto d’Italia fino alla costruzione della Torre Breda di Milano nel 1954, e di grattacielo più alto d’Europa fino alla costruzione della Kotel’ničeskaja naberežnaja di Mosca nel 1952.
Quando Bartolomeo Pagano, il gigante di S. Ilario, non era ancora diventato né il celebre Maciste cinematografico, né lo scultoreo modello per il Monumento dei Mille di Quarto…
… quando, con i suoi colleghi camalli della Compagnia dei Caravana, faticava in porto e si cimentava in formidabili gare di forza con il leggendario Cescu, o in pantagrueliche scorpacciate di fumante minestrone, di cui andava ghiotto, al pesto…
… quando presso la scomparsa trattoria della Nina ne consumava diverse xatte e non bastavano mezzo litro di rosso e un chilo e mezzo di pane per sfamarlo.
In copertina foto di gruppo del 1910: il terzo seduto, partendo da sinistra con la maglietta scura è Bartolomeo. Il terzo in piedi da sinistra con baffi è il campione di sollevamento pesi Penco.
Quando ancora non c’era Via Lungobisagno Istria e lo storico Ponte Carrega, per fargli spazio, non era stato ancora mutilato…
quando c’era il mitologico velodromo che Geo Davidson mise a disposizione di Sir James Richardson Spensley per disputare i primi incontri di football di cui furono protagoniste le leggendarie maglie bianco azzurre del Genoa. Gli inossidabili colori rossoblù della United of Kingdom infatti verranno adottati dal sodalizio genovese solo nel 1901 per omaggiare, in occasione della sua dipartita, la Regina Vittoria.
Quando il barchile progettato nel 1643 da Pietro Antonio e Ottavio Corradi venne scolpito dalla maestria di G. B. Orsolino, su incarico dei Protettori del Porto che lo avrebbero collocato sul molo del Ponte Reale…
quando la monumentale fontana di Piazza Colombo, dove era stata trasferita nel 1861, fungeva da abbeveratoio per gli animali dei tombarelli, ristorando muli, asini e cavalli.
Declassata, riconvertita – diremmo oggi- da nobile fontana di rappresentanza a popolare sorgente per le bestie.
Quando la Via e la Piazza intitolata al Sommo Dante si stavano preparando ad accogliere la torre di Piacentini, quello che sarebbe stato il più alto grattacielo d’Italia e d’Europa per quasi un ventennio…
quando per far posto alla moderna Via Ceccardi si stava per abbattere il popoloso quartiere di Morcento, un rione ricco di vita, storie e attività commerciali.
Quando la statua scolpita da Giulio Monteverde si trovava ancora in Piazza Principe. Il monumento inaugurato il 12 aprile 1896 lì rimase fino al 1932 quando venne trasferito presso gli adiacenti giardini di Via Fanti d’Italia…
quando, causa lavori inerenti alla metropolitana, non era ancora stato spodestato per poi essere colpevolmente dimenticato, muto e mutilo, in un deposito comunale di San Quirico.
Il complesso originario è costituito da un basamento di granito sul quale campeggia un medaglione bronzeo con il ritratto del Duca e lo stemma di Genova. Sopra svetta il gruppo allegorico delle tre statue che rappresentano tre attività a cui certamente De Ferrari aveva dato grande impulso e per le quali si era guadagnato grande lustro: il Commercio, la Navigazione e la Beneficenza.
Finalmente restaurato e dopo le consuete polemiche sull’idonea o meno ubicazione riservatagli troverà nuova sistemazione in Carignano dove sarà posto a regolare il traffico in fondo a Via Corsica.
Forse il Duca benefattore, declassato a diligente “Cantunè”, avrebbe meritato maggior visibilità ma per lo meno non patirà la solitudine. A poche centinaia di metri più in là infatti, nei giardini dell’ospedale, incontrerà lo sguardo severo e consolatorio della statua della moglie. La scultura che, frutto anch’essa della maestria del Monteverde, immortala la Duchessa Maria Brignole Sale regalmente assisa sul suo scranno.
… a marciare non erano più i valorosi crociati dell’Embriaco che avevano dato inizio e lustro all’epopea della gloriosa Repubblica marinara, bensì le squadre di Camicie Nere che omaggiavano il Duce… quando sul millenario selciato rimbombavano non lo sferragliare delle armature ma il bellicoso rumore dei passi dell’ignara meglio Gioventù…
quando i locali dell’Ospitale che un tempo fungevano da ricovero per i pellegrini in partenza o di ritorno dalla Terrasanta erano stati trasformati in abitazioni ed esercizi commerciali abusivi…
“Quando attraverserà l’ultimo Vecchio Ponte, ai suicidi dirà baciandoli alla fronte. Venite in Paradiso là dove vado anch’io. Perché non c’è l’inferno nel mondo del buon Dio”. (cit. da Preghiera in Gennaio di F. De André)…
… quando il Ponte che univa il colle di Sarzano con quello di Carignano sovrastava i millenari quartieri della Madre di Dio…
…. (Albergo Popolare Cesare Battisti) costruita nel 1906 (poi Caserma dei Vigili del Fuoco) e la Casa della Gente di Mare del 1909.
Quando la Caserma dei Pompieri venne demolita nel 1992 mediante esplosione controllata. Un evento che riscosse grande partecipazione popolare e attenzione mediatica.
Quando a Sturla la cinquecentesca parrocchia della SS. Annunziata osservava distratta il traffico dei tombarelli che sfidavano le rotaie dei tram… due eleganti figure femminili passeggiavano incuranti che le polveri della strada potessero sporcare le loro candide vesti… Quando via dei Mille era poco più che una creuza, spazzata dai venti di mare, che tagliava il verde a ridosso del litorale.