Quando la strada che collegava la circonvallazione a mare con il colle di Carignano ancora non era stata intitolata a Fiodor.
Un’elegante signora passeggia con la carrozzina mentre una coppia di giovani rampolli è alla guida di un calesse.
Di lì a poco persino nel signorile e borghese quartiere di Carignano si sarebbe infatti reso omaggio, intitolandogli la via, al partigiano eroe della Resistenza.
Poletaev Fiodor era un soldato russo che, aggregato alla brigata Pinàn Cichero, trovò la morte il 2 febbraio del 1945 presso Cantalupo.
Costui, al comando di 40 partigiani, affrontò circa un centinaio di tedeschi che stavano tentando di raggiungere Carrega dove si era insediato il comando della Pinàn Cichero. I nazisti decimati dalla strenua difesa della formazione partigiana, si arroccarono all’interno di un casolare.
Fu allora che Fiodor, ormai a corto di munizioni, si lanciò impavido contro il nemico intimandogli la resa.
Colpito a morte stramazzò sulla neve ma, prima di spirare, ebbe ancora la forza di spronare i suoi: “Coraggio, compagni, non pensate a me, fatevi avanti che dovranno arrendersi!”.
Così fu: i tedeschi si arresero e la battaglia fu vinta. Il gigante russo caduto per la libertà fu il primo partigiano straniero ad essere decorato con la medaglia d’oro al valore militare italiano.
Fiodor Poletaev riposa nel cimitero monumentale di Staglieno.
Quando in via Strada Grande del Guastato, voluta dalla famiglia Balbi, in mezzo alla carreggiata convivevano tram a rotaie, carrozze e carretti di merci varie. Sul marciapiede invece passaggiavano eleganti signori in tuba.
Quando in Piazza San Leonardo non esistevano ancora le antiche trattorie da Genio (fuori campo) e da Domenico (oggi scomparsa).
Davanti alle garritte di guardia della caserma D’Oria, un tempo convento di San Leonardo, a soddisfare le esigenze dei militari, bastavano una birreria ed una bottiglieria.
Nell’omonima salita che conduceva al convento, fondato nel 1317 per volere del vescovo Leonardo Fieschi, nel ‘600 ebbe bottega il celebre pittore barocco Domenico Piola. Nel ‘900 la creuza ospitò anche la principale sede cittadina del Partito Comunista Italiano.
Uno scorcio di inizio ‘900 con due batosi e una bimba che posano incuriositi, come il signore che poggia la mano sul muretto della scalinata, per lo scatto.
Rapito invece dal superbo panorama di pietra e ardesia, oggi solo uno sbiadito ricordo in bianco e nero, è il papà che tiene per mano la figlioletta.
Risulta invece beffarda la secentesca epigrafe “Posuerunt me custodem” che, posta sulla parete della chiesa, è riferita alla Madonna Regina di Genova.
La Vergine, a cui tante volte in precedenza era stata attribuita la salvezza della Superba, questa volta non è riuscita a proteggerla dai suoi stessi spietati cittadini.
L’ignobile opera demolitrice si svolse incessantemente a partire dal 1972 fino al 1980.
Sia imperitura vergogna della Commissione Astengo istituita dal Sindaco Pertusio che l’ha decisa, del Cardinale Siri che l’ha approvata e benedetta e degli architetti Dasso, Bruzzone e Aulenti che l’hanno progettata e attuata.
A parziale soddisfazione di tale imperdonabile offesa ci ha pensato il tempo rendendo il moderno quartiere della Regione, che ha sostituito quello più antico, un vuoto e triste contenitore senz’anima e vita.
Alcuni passanti osservano, all’altezza di Villa Croce in Corso Saffi, la potente quanto spettacolare mareggiata.
Al centro si riconosce il bastione della batteria della Strega e in lontananza s’intuisce il profilo della chiesa di San Pietro della Foce,
A monte, al posto della salita occupata oggi da Via Atto Vannucci, tratti delle antiche mura secentesche di Santa Chiara e sullo sfondo, ancora più in là, la collina di Albaro.
Da Via Cairoli s’imbocca vico alla Casa di Mazzini che introduce in Via Lomellini al quattrocentesco Palazzo Adorno.
L’edificio nella versione odierna è frutto della ristrutturazione di metà ‘800.
Nel 1925 è stato dichiarato monumento nazionale e dal 1934 ospita la sede del museo del Risorgimento italiano perché fu – appunto – a partire dal 1794 la dimora natale dell’apostolo della Libertà.
La Grande Bellezza…
In copertina: Vico alla Casa di Mazzini. Foto di Stefano Eloggi.
La chiesa di Santo Stefano (fuori campo a destra osservando la cartolina) è rimasta sola. Da poco tempo la Porta degli Archi, per far spazio al Ponte Monumentale, è stata traslocata altrove.
Sulla strada intitolata al barone, sindaco e promotore del progetto, convivono vecchie carrozze e moderni, per l’epoca, tram a rotaie.
Mentre un signore passeggia assorto nella lettura del proprio giornale il 123 è diretto a Manin.
Una signora di bianco vestita, nell’attraversare, sfida fiduciosa gli schizzi di fango e sterco che ricoprono il selciato.
Con la costruzione di Via Casaregis iniziata in principio 900 e completata nei due decenni successivi le case e i magazzini dei pescatori vennero espropriate.
Le case dei pescatori nel 1924. Sullo sfondo i cantieri Odero.
Fu così che nel 1935 sulla sponda destra del Bisagno per accogliere le loro attività, vennero appositamente costruite le nuove case dei pescatori.